Da quando il premier Renzi il giorno del suo insediamento ha annunciato l’intenzione di trasformare il Senato in una “Camera delle Regioni”, le forze politiche hanno avanzato una decina di disegni di legge costituzionali. Ma le divergenze sono molte e il traguardo difficile da raggiungere. A scontrarsi sono diverse visioni della Costituzione, del Parlamento e, soprattutto, della rappresentanza. Negli Anni Ottanta Pietro Ingrao avanzò un progetto riformatore, le cui proposte, rilette oggi, appaiono di grande lungimiranza. E’ uscito in libreria il terzo volume della collana Carte Pietro Ingrao, a cura di Ediesse e Crs, intitolato Crisi e riforma del Parlamento e contenente un dialogo epistolare sulle istituzioni con Norberto Bobbio e un saggio di Luigi Ferrajoli. L’Italia del 1985, quando venivano pubblicati i saggi qui raccolti, era molto diversa dall’Italia di oggi. Ingrao aveva da pochi anni cessato le funzioni di presidente della Camera e le sue riflessioni vertevano sulla crisi del Parlamento. Prima degli anni ottanta il Parlamento fu davvero la sede di un confronto alto tra le forze politiche e, come spiega Ferrajoli nel suo saggio introduttivo, “lo fu perché le battaglie parlamentari erano tutte sorrette da grandi mobilitazioni popolari, quali espressioni politiche di altrettante lotte sociali”. Successivamente inizia invece un processo di trasformazione che abbiamo ancora sotto gli occhi e che Ingrao lucidamente avverte e denuncia: crisi della rappresentanza, crisi dei partiti, crisi della funzione legislativa del Parlamento, sempre più all’ombra dell’esecutivo. Cosa propone Ingrao? Una seria riforma della macchina dello Stato e delle sue strutture ottocentesche attraverso monocameralismo, riduzione drastica del numero dei parlamentari, rafforzamento qualitativo dei poteri del Parlamento mediante l’espansione delle sue funzioni ispettive e di controllo, maggior collegamento delle istituzioni parlamentari con le istituzioni europee e con quelle regionali. Come allora gli obiettò Norberto Bobbio, le sue proposte si muovevano in direzione esattamente opposta alla logica della governabilità che già cominciava a informare il dibattito politico. Ma rileggere Ingrao ora è importante non solo perché i problemi che individuava trent’anni fa sono ancora sul tavolo, ma perché ci ricorda che prima ancora di affrontare riforme elettorali o istituzionali, per difendere la democrazia bisogna riabilitare in primo luogo la politica come azione collettiva e rifondare la rappresentanza sulla base di rinnovati tessuti sociali.
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