Chi ha vinto e chi ha perso nel passaggio parlamentare sulla fiducia? Le immagini trasmesse in diretta Tv dicono più dei numeri finali raccolti con la verifica. Mentre il Presidente del Consiglio parlava, era tutto un susseguirsi di volti dei deputati intenti a leggere altre cose, a manovrare con i cellulari, a inviare sms. Pochi dei rappresentanti del popolo ascoltavano il lungo viaggiare di Giuseppe Conte sulle vie che conducono al soporifero nulla. La dispositio del suo discorso era al solito approssimativa nell’organizzazione delle parti specifiche. Passava da un elenco all’altro, in un infinito susseguirsi di cose da fare, di buoni propositi e di minuziosi dettagli da realizzare. Si interrompeva un attimo nella descrizione delle epocali trasformazioni verdi, digitali o delle altre bellezze scritte in agenda per poi proseguire nella stanca ripetizione di impegni, progetti, descrizioni minuziose.
In queste situazioni, per saggiare l’effettiva presa del leader, bisogna affidarsi a un metodo che anche Marx “politologo”, studioso del linguaggio parlamentare inglese, reputava infallibile, la demonstratio ad oculos. E per l’avvocato del popolo il responso visivo del gradimento effettivo del suo ethos tra i seguaci è forse più problematico dei numeri raccolti alla spicciolata. Un chiacchiericcio continuo dei deputati accompagnava le sue parole, una continua esibizione visiva di noncurante stanchezza lo seguiva nei passaggi cruciali della sua incerta oratoria. Hobbes diceva che “sonnecchiare o chiacchierare mentre uno parla, equivale a disonorarlo”. E se questo è vero, il distacco sensibile con cui i deputati e senatori ascoltavano la prova oratoria del loro capo dandosi da fare con chat e curiosità digitali la dice lunga sul carisma riconosciuto all’avvocato del popolo anche da un ceto politico di qualità non eccelsa come quello attuale.
Rimanere al governo non significa governare davvero la crisi del paese. Proseguiranno i bonus, l’elenco della spesa in deficit si allungherà ancora. E però il governo, inteso come grande scelta, selezione degli interessi, è altra cosa dal reclutamento in aula di chi ci sta. Certo, una coalizione che da Nicola Fratoianni si estende sino a Renata Polverini, non può essere qualcosa di altro da una addizione più o meno sostenibile di impegni di spesa. Se questa elargizione di bonus, assegni familiari, incentivi, lotterie, che si accompagna al crollo del Pil, servirà davvero a rilanciare l’economia in lunga stagnazione e a mettere sotto scacco il capitano (non sarà invece Giorgia Meloni l’avversaria su cui cominciare a prendere le misure?) è arduo asserirlo.
Quello che si può al momento pronunciare circa la fase è che, se esprimere il nuovo inquilino del Colle era una delle ragioni del governo di “svolta”, i piani per eleggerlo si complicano non di poco. Un presidente di maggioranza è già una impresa incoronarlo in tempi normali, adesso, con la defezione renziana, è una opera quasi impossibile. Crescono, vista la necessità impellente di pescare nel mondo centrista, nel bassofondo cattolico-berlusconiano, che va dalle “badanti” alla famiglia Mastella, le quotazioni di Pierferdinando Casini. Le altre figure che aspirano al Quirinale sembrano arrancare nella assai spinta deriva centrifuga in corso.
Al momento, il rischio delle elezioni anticipate sembra scongiurato. L’azzardo di Matteo Renzi esigeva una situazione di rischio, le urne, per incrementare il potenziale di ricatto. E però la rottura aveva proprio nel voto anticipato il suo tallone d’Achille. Si sa che la paura delle urne ossessiona comprensibilmente più di 150 grillini alla Camera e 70 al Senato, certi di non vedere più il parlamento, come tanti altri con il seggio a rischio. Conte ha piegato gli artigli renziani con l’arma contundente della possibile dissoluzione anticipata. Senza il timore di scioglimento diventa però ancora più difficile per lui ricondurre a un qualche ordine politico il funzionamento delle Camere.
Con il semestre bianco aumenta a dismisura l’ingovernabilità, le truppe andranno sempre più in ordine sparso. Le campagne acquisti di oggi, o si tramutano in posti di governo qui e ora per Lello Ciampolillo e soci, o sono le classiche promesse del marinaio, perché nessuna delle forze della maggioranza è davvero in grado di condurre scambi politici con la certezza di garantire la conferma nella carica. Già la rielezione dei graduati del proprio esercito è una difficile scommessa, figuriamoci ampliare le candidature blindate ai beati “costruttori” in una camera di 400 deputati. Solo la Lega e Fratelli d’Italia, in crescita nei sondaggi rispetto al 2018, sono sulla carta in grado di promettere il bene scarso della rielezione. Per questo la tenuta della maggioranza diventa più complessa nella palude estiva.
Che questo clima di scambio politico permanente alla ricerca di “costruttori” diventi l’ideale terreno per trasformare l’alleanza di governo in una solida coalizione politico-programmatica è la credenza rispettabile di chi coltiva un infinito ottimismo della ragione. La scelta di fuggire dalla battaglia in campo aperto contro Matteo Salvini, al momento della rottura del governo giallo-verde, ha garantito due anni di navigazione a vista ma non ha certo risolto i nodi più profondi della crisi politica italiana che prima o poi si ripresentano a chiedere il conto. Il Pd non ha credibili competitori alla sua sinistra ma rischia di perdere il sostegno di un’area liberaldemocratica sull’altare della governabilità a tutti i costi.
Il trasformismo molecolare, con la chiamata di singoli deputati a spendersi per il voto favorevole al governo in pericolo, può consentire di prolungare per un po’ l’arte di arrangiarsi di Conte, ma per spegnere il risentimento, il rancore, la sfiducia, il disincanto passivo che cresce nelle credenze della società servirebbe una politica ritrovata. Per ora il non-partito, un tempo ribelle contro “rigor Montis”, ha attratto proprio il nemico originario Mario Monti, così come Casini, l’Azzurro Caltagirone dei monologhi grillini. La velocità delle soluzioni trasformistiche è invidiabile. La competizione che si annuncia è quella tra sovranismo e trasformismo molecolare, che ha per campioni Ciampolillo e Riccardo Nencini che si fanno riammettere al voto a tempo scaduto per essere percepiti come decisivi da chi tira le fila. Se con questi “costruttori” utili per campicchiare si curano anche le ferite della democrazia costituzionale sotto assedio sovranista è tutto da appurare.
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