Visioni estreme, di tipo apocalittico, non rendono un buon servizio alla percezione delle catastrofi che già sono in corso sotto i nostri occhi e degli effettivi aggravamenti destinati a intervenire a meno di scelte che facciano impallidire tutte quelle compiute del passato. Tanto meno sono accettabili visioni di tipo ‘naturalistico’, e/o ‘universalistico’, che non diano conto di che lacrime grondi il disastro ambientale, e di che sangue, quando sia commisurato alle esperienze vitali delle popolazioni colpite dai suoi effetti, e di quanto diseguali, selettivi, siano questi ultimi. In effetti, secondo il nostro programma di ricerca, è questo il primo compito da assolvere:mettere a tema le condizioni esistenziali – sperimentate dalle donne e dagli uomini, in diverse parti del modo, e in diversi modi all’interno di ogni Paese – che rendono tanto obbligante l’impegno contro il Global Warming e i molti altri aspetti della crisi. Nel farlo, ci proponiamo di affinare e riempire la seguente griglia di riferimento, qui usata soltanto in chiave di cenni esemplificativi.
La salute
Inevitabilmente, dopo il Covid,il primo argomento che viene in mente è il nesso crisi ecologica – malattie epidemiche, per altro noto già da tempo. Ma altre questioni, in verità, non sono di minor peso: gli effetti dell’inquinamento atmosferico, responsabile dal 24 al 43% dei decessi causati dalle principali malattie non trasmissibili; il nesso Climate Change – diffusione della malaria, della febbre dengue e di molteplici malattie water borne; le conseguenze dell’inquinamento di mari, acque dolci e suoli lungo l’intera catena alimentare, con danni genetici a carico dello stesso sviluppo neurologico.
La sicurezza alimentare
Il cambiamento climatico è già stato il principale responsabile della recente inversione fatta registrare dalla tendenza alla riduzione della fame, con il ritorno al livello di un decennio fa: più di 820 milioni di persone, quasi l’11% della popolazione mondiale, che diventa il 14,8% nell’Asia del Sud e il 23,3% nell’Africa Subsahariana. Per il futuro, oltre che dal cambiamento climatico in quanto tale, la minaccia alla sicurezza alimentare dipende in modo cruciale del trend di riduzione dei livelli di biodiversità.
La sicurezza tout court
Vale a dire la moltiplicazione di fenomeni estremi come inondazioni, tornadi, incendi, ondate di calore, ecc., e le minori capacità di assorbimento dei loro effetti da parte delle realtà territoriali che ne restano investite. In termini di attività, beni, strutture, un riscaldamento di 2,5 – 3° C, allo stato degli atti più che probabile, comporta danni dell’1-2% a scala globale, che diventano 3-5% nei paesi poveri.
La disponibilità di acqua
Già implicate nei primi due punti, le risorse idriche meritano tuttavia una citazione e un esame ad hoc. Innanzi tutto vista l’entità del problema: in ragione di un aumento della temperatura globale come quello già citato, unito alle dinamiche di Use Change dei suoli e delle stesse risorse idriche, le persone destinate a sperimentare condizioni di scarsità raggiungono il numero di 3,1-3,5 miliardi. E poi perché gli effetti della mancanza di acqua sulle condizioni di riproduzione della vita e sulle facoltà di agency sono contrassegnati da una gravità, sembra di poter dire, che non conosce eguali.
La stabilità insediativa
Luoghi già abitati che diventano inospitali o proprio invivibili: cambiamenti del genere discendono necessariamente dai punti che precedono e sono il principale motivo della costrizione a migrare sperimentata in tante parti del pianeta. in prospettiva, vanno anche messi in conto gli allagamenti delle zone costiere a causa dello scioglimento dei ghiacci terrestri nell’Artico e nell’Antartico (solo per quest’ultimo aspetto, le popolazioni a rischio comprendono quasi 200 milioni di persone). Simile, ma non identico, il caso della distruzione di habitat dai quali dipende la sopravvivenza di popolazioni indigene, in larga parte legato ai processi di deforestazione.
La pace
Va da sé, ma non per questo si tratta di cosa meno funesta, che crisi migratorie e risorse vitali oggetto di pressioni destinate a crescere formano un quadro altamente favorevole all’insorgere di conflitti armati e, in generale, a fenomeni di instabilità sociale.
Le identità culturali e la vita psichica
In contesti di tipo tradizionale, le immagini della vita collettiva sono legate alla stabilità dei sistemi ecologici di riferimento da fili tenacissimi, sicché le crisi dei secondi non mancano di determinare perdite ‘morali’, d’identità e di senso, che in effetti devono essere considerate tanto dolorose quanto quelle che intervengono sul piano della vita materiale. D’altra parte, anche in contesti massimamente sviluppati, la degradazione degli scenari offerti dalla terra e dal mare agisce in profondità nella vita psichica delle persone, a testimonianza, si può dire, di un ‘errore fondamentale’ nei nostri rapporti le altre specie viventi, e con i loro e i nostri habitat.
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