Iniziative

Qui la locandina

Carla Benocci, Antonio Casu, Maria Rosa Cutrufelli, Marcelo Sanchez Sorondo e Mario Tronti introdurranno ad una esposizione di disegni di Alberto Olivetti che prendono ispirazione dalle parole incise in una stele funeraria protocristiana ritrovata nel 1839 ad Autun, città francese della Borgogna Franca-Contea sorta sulle rovine dell’antica Augustodunum. La frammentaria scritta greca, riportata nel 1890 dal filologo ed epigrafista Georg Kaibel in Inscriptiones Graecae [p. 663, n. 2525], recita:

ιχθύος ο[υρανίου θε]ϊον γένος, ήτορι σεμνω

χρησε, λαβώ[ν πηγή]ν άμβροτον εν βροτέοις

θεσπεσίων υδάτ[ω]ν

[del pesce celeste divina stirpe, serba il nobile

cuore, tu hai, tra i mortali, accolto la perenne corrente

delle acque divine]

Si racconta che una donna raccolta con il suo bambino in mare nell’estate del 2019, una volta issata in salvo su una scialuppa, abbia mormorato ai suoi soccorritori: “Non siamo pesci e come pesci non dobbiamo essere abbandonati nel mare”. L’antica epigrafe esalta nella figura del pesce la figura dell’umanità di Cristo. Tertulliano nel De baptismo parla dei pisciculi che nascono in acqua a nuova vita come coloro che seguono l’ἰχθύς, il pesce che è Cristo medesimo.

I disegni di pesci di Alberto Olivetti rimandano a ciascuno dei morti – ebreo, musulmano, cristiano – perduti a migliaia nelle onde del Mediterraneo tra Medio Oriente, Africa ed Europa.

Il corpo delle iscrizioni lapidarie antiche ha esercitato una cospicua influenza sulle poetiche del Novecento. È così che alle parole della stele di Autun bene si accostano i versi di Death by Water da The Waste Land di T.S. Eliot, composti «nello stile degli epigrammi funerari del libro VII dell’Antologia Palatina». La celebre Morte per acqua è la poesia che forse Eliot (e la saggezza della mano invisibile di Ezra Pound) lascia come un cospicuo esempio di epigrafia mortuaria che tiene di tutti i crismi, anche retorici, dell’antica epigrafia non solo cristiana, ma anche classica greca e romana.

Death by Water

Phlebas the Phoenician, a fortnight dead,

Forgot the cry of gulls, and the deep sea swell

And the profit and loss.

A current under sea

Picked his bones in whispers. As he rose and fell

He passed the stages of his age and youth

Entering the whirlpool.

Gentile or Jew

O you who turn the wheel and look to windward,

Consider Phlebas, who was once handsome and tall as

you.

[La morte per acqua

Fleba il Fenicio, morto da quindici giorni,

Dimenticò il grido dei gabbiani, e il flutto profondo del

mare

E il guadagno e la perdita.

Una corrente sottomarina

Gli spolpò le ossa in sussurri. Mentre affiorava e

affondava

Traversò gli stadi della maturità e della gioventù

Entrando nei gorghi.

Gentile o Giudeo

O tu che volgi la ruota e guardi nella direzione del vento

Pensa a Fleba, che un tempo è stato bello e ben fatto al

pari di te.]

Traduzione di Mario Praz

Antifona o, latinamente, Antiphona, termine aulico, antico, che è greco e latino e designa una congiunzione, per dire così, musicale o, meglio, ritmata, d’una voce che invita o attende una seconda voce che le corrisponde. La anticipa, la seconda frase, e al contempo la suscita sia nel ritmo come nel merito, ossia nel costrutto di senso che l’antifona imposta e, in egual misura, a propria volta riceve.

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