La legge sul ripristino della natura è stata approvata dal Parlamento europeo, sebbene per soli 36 voti. Finalmente un segnale positivo, in controtendenza rispetto ai tanti negativi che nell’ultimo anno hanno di fatto bloccato la progettata riconversione ecologica dell’Europa. Diciamoci la verità, la deprimente discussione sui vari PNRR, non solo quello italiano, ci dicono che questa transizione verso una Unione Europea in pace con la natura non ha neppure preso forma, anzi spesso ha fatto passi indietro, perché la contraddizione fra la corsa del cambio climatico e la lentezza dei provvedimenti presi per contrastarla è aumentata.
Nessun eccessivo entusiasmo, quindi, perché molte delle regole di questo auspicato ripristino della natura sono diventate più lasche proprio per creare qualche crepa nel fronte negazionista che le destre – sconfitte nel braccio di ferro e ridimensionate, come dice Massimiliano Smeriglio, nella loro aggressività – hanno creato nel Parlamento europeo, fronte che si propongono nelle elezioni del prossimo anno di portare alla guida della UE. Il prezzo pagato non è poca cosa, ma 21 deputati del Partito popolare europeo hanno alla fine votato la legge, permettendone l’approvazione.
Nessun facile ottimismo, anche, perché ora c’è da stendere il testo definitivo affidato ai negoziatori del Parlamento e del Consiglio europeo, quindi sono possibili ulteriori modifiche negative. Un giudizio prudente, dunque, ma neppure nessuna sottovalutazione del risultato raggiunto, che in un momento così negativo per le forze democratiche e ambientaliste era indispensabile strappare. Veniamo infatti da una scoraggiante serie di segnali negativi, lo sdoganamento di gas e nucleare come fonti energetiche utili alla transizione energetica rinnovabile, la ferma opposizione alla messa al bando nei prossimi 12 anni di auto a benzina diesel, quella altrettanto dura sulla riqualificazione energetica del patrimonio abitativo dei vari Stati membri, tanto per citare quelli più noti, su ognuno del quali il Governo di destra della Meloni e prima di lei Draghi sono stati fra i maggiori protagonisti nel determinarli. Questo camminare all’indietro è diventato una vera e propria corsa con la guerra, il generale riarmo che ha provocato, la sua lenta ma continua escalation che subisce ogni giorno. Di fatto il NextGenerationEU si è trasformato di fatto in NextGenerationWar.
Prudenza dunque, ma utilizzare il varco aperto per uscire dalla rassegnazione in cui il movimento ambientalista è precipitato. È ancora possibile fare uscire l’Europa dalle chiacchiere infinite sul suo piano di riconversione ecologica cominciando ad attuarlo, rompendo la disperante inazione del resto del mondo e in particolare dei paesi più climalteranti come USA, India e Cina. La legge approvata ieri non riguardava questioni marginali, ma – come dimostra la estenuante discussione che l’ha accompagnata e l’impegno con cui l’hanno contrastata i settori agroindustriali e della pesca – vuole intervenire su un dato incontrovertibile e cioè il progressivo degrado dell’80% per cento degli ecosistemi terrestri e marini, oltre la devastante perdita di biodiversità del vecchio continente provocati dal cambiamento climatico.
È paradossale vedere in queste giornate di calore estremo, seguite alla devastante alluvione della Romagna, consolidarsi un vasto fronte che nega il cambiamento climatico e non riconosce il salto di qualità che esso ha compiuto negli ultimi due anni. Si è arrivati a sostenere nel dibattito sulla legge sul ripristino della natura che l’Europa rimarrà senza cibo. Come è possibile smarrire e non avere coscienza che i primi a guadagnare da una progressiva riduzione del degrado degli ecosistemi terrestri e marini e dall’aumento della biodiversità sono proprio gli agricoltori e i pescatori? I buoni raccolti e una buona alimentazione, una pesca sostenibile non sono minacciate da regole per giunta di graduale applicazione, che riducono il degrado, ma dal continuare a non far nulla per fermare la corsa del cambio climatico. Eppure questa è la visione di corto respiro di questi settori e del vasto fronte politico negazionista che punta a vincere le prossime elezioni europee per spegnere anche in Europa ogni velleità di trasformazione del suo modello di sviluppo. È solo un segnale, ma utile a lavorare con un rinnovato vigore a sconfiggere questo tentativo delle destre.
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