Articolo tradotto da Pasquale e Lorenzo Serra.
La trasfigurazione cromatica
Quando il ministro dell’Interno argentino ratificò davanti alla televisione i risultati delle elezioni primarie dell’agosto del 2023, le piattaforme digitali, allo stesso modo dei media tradizionali, si convertirono subito in arene di discussione, per cercare di capire l’incomprensibile, quello che si fa difficoltà a capire, e a credere.
Infatti, come si può osservare nella cartina elettorale che descrive la distribuzione del voto in Argentina, un’onda viola si era estesa per tutto il territorio nazionale, anche se non si trattava questa volta dell’onda viola che in Argentina si identifica con i femminismi, o con il grido popolare di “ni una menos”, che dal 2015 guida le mobilitazioni di massa del femminismo argentino.
Quello che si ricava da questa mappa è che questa volta il colore viola non si identifica più con il femminismo, ma viene adottato come elemento di identificazione di “La Libertad Avanza”, formazione politica guidata da Javier Milei e Victoria Villaruel. L’espansione di quest’onda non ha più nulla a che fare con le domande del collettivo femminista, ma rappresenta un appoggio sociale esplicito a un radicalismo di destra, il cui tratto saliente è rappresentato dalla crudeltà contro tutta la dissidenza (ideologica, sessuale, culturale, etnica) e dalla promessa di abolire la legge che legalizza il diritto all’aborto. E tuttavia, questa operazione di trasfigurazione cromatica non rappresenta solo qualcosa che sta alla superficie, ma rappresenta la logica profonda di questo nuovo radicalismo di destra. Infatti, si tratta di un rovesciamento di tutti i valori, e della messa al centro di quei valori che mobilitano e riattivano il risentimento e una morale del rancore. Da qui la critica di tutto il passato.
Una danza rifondazionale
Infatti, l’arte con la quale il libertarismo autoritario si muove mira a distruggere tutto il passato, ridotto in blocco a volontà di potere. E con questo approccio classifica le lotte popolari contro i femminicidi e la violenza patriarcale come semplice ideologia di genere; affronta il problema del mutamento climatico, che in America Latina si associa al carattere predatorio del capitalismo, come una menzogna di sinistra; considera, infine, la condanna dei genocidi perpetrati dall’ultima dittatura argentina come un atto di memoria incompleta, che disconosce chi furono realmente le vere vittime del terrorismo guerrigliero. Milei si muove liberamente di qua e di là, e in questi suoi continui spostamenti guadagna consensi, burlandosi della tragedia di quelli che soffrono. Un esempio eloquente di questa trasfigurazione libertaria si può ricavare dal discorso che fece Milei nella notte della vittoria elettorale, e soprattutto dal pubblico festante che lo accompagnava e lo seguiva, il quale riprendeva, stravolgendola, la parola d’ordine delle lotte popolari della fine del secolo passato (quando enormi masse argentine si mobilitarono nel dicembre del 2001, ponendo fine al modello neoliberista), cambiandola di segno e di significato: “¡Oh, que se vayan todos, que no quede uno solo, oh!”. Ecco la trasfigurazione dei valori: un canto popolare contro il debito esterno, contro le privatizzazioni e la distruzione delle istituzioni statali di protezione sociale, viene ora cantato dai nuovi giovani conservatori del liberalismo autoritario, per celebrare il trionfo elettorale del suo candidato, e per rafforzare le ambizioni rifondazionali del neoliberismo argentino. In questione è, ora, infatti, direttamente la “giustizia sociale”, considerata una vera e propria “aberrazione”, da cui discende l’idea di abolire la moneta nazionale, e di dollarizzare l’economia del paese. Perché solo così l’Argentina potrà risorgere dalle sue ceneri, e rifondarsi sulle basi più solide della civiltà del mercato.
I giochi linguistici della crudeltà
E tuttavia, i sogni deliranti di questa nuova forma di negazionismo, e di radicalismo di destra non vanno intesi semplicemente come un dato sovrastrutturale, perché hanno a che fare con la realtà argentina nel suo complesso, e con la trasfigurazione ideologica che essa produce. Come dimostrano alcuni studi recenti di sociologia empirica, da qualche anno in Argentina è avvenuto, negli usi popolari, un enorme slittamento linguistico intorno alla parola “giustizia sociale” (associata comunemente al principio di eguaglianza), la quale viene sempre più declinata come “giustizia del popolo”. Tramite questo gioco linguistico, il concetto democratico di “giustizia sociale” perde tutto il suo significato, finendo per essere impiegato piuttosto nelle forme di un contenuto aggressivo, punitivo, securitario, e desideroso di castigo, rispetto a tutti quelli che vengono identificati (con la loro esistenza o con la loro pratica) come un pericolo per l’ordine sociale. Da qui l’inversione: tutti i problemi tradizionalmente associati al principio egualitario vengono ora declinati come problemi riguardanti l’insicurezza, soprattutto riguardo alla proprietà privata e ai delitti minori. Si tratta di una completa metamorfosi, ma per comprendere in pieno questo rovesciamento di valori occorre interpretare in profondità la forma che assume nella società attuale l’esperienza del tempo nelle soggettività in crisi, il cui tratto saliente ci sembra l’evasione della realtà, anche se non si tratta solo di questo. Gli argentini che appoggiano Milei sono coscienti dei danni che la sua politica potrebbe fare al benessere della popolazione, ma è come se questo dato non contasse a sufficienza. Quello che conta è piuttosto una percezione enigmatica e incerta del futuro, e un desiderio di catastrofe come l’unica forma, e via, in grado di affrontare simbolicamente l’angosciosa percezione della crisi. Si tratta, come è evidente, di una logica circolare senza uscita, anche perché nella realtà si hanno di fronte drammatiche difficoltà, che impediscono di immaginare un futuro diverso da questo.
Contro-pedagogie emancipatorie
Di fronte a questo scenario di follia e di desiderio di morte, occorre posizionarsi con una pratica di ascolto, e con una disposizione amorosa verso tutti quelli che vivono drammaticamente questa crisi. Non si parte da zero. Le reti di solidarietà con le quali si è articolata la potenza democratica della recente storia argentina si sono nutrite di esperienze di lotta di lunga data, di una pazienza democratica in grado di costruire una vita libera dalla violenza e incline all’interdipendenza, sulle cui basi si contano non pochi esempi di conquiste popolari concrete. E tutto questo è testimoniato dalle lezioni storiche che hanno impartito nelle strade le battaglie che hanno visto come protagonisti il movimento studentesco, il movimento femminista, i lavoratori dell’economia popolare, il sindacalismo, e gli organismi dei diritti umani. Ed è esattamente a partire da queste energie emancipatrici che abbiamo alle nostre spalle che possiamo posizionarci di fronte, e senza paura, alla minaccia del fascismo. E tuttavia, questa resistenza sarà capace di ritrovare la sua vera forza materiale non solo se sarà in grado di esorcizzare il pericolo che oggi abbiamo di fronte, ma anche se saremo capaci di rilanciare nella società il desiderio di trasformare ogni molecola di tutto ciò che c’è.
*Augustin Lucas Prestifilippo è ricercatore del Conicet e docente nella Università di Buenos Aires. Si occupa di Teoria critica contemporanea, scrivendo vari libri e saggi sul marxismo, sulla teoria critica, sulle culture della destra radicale, sulla teoria sociale di Adorno.
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