La recente risoluzione sull’Ucraina del Parlamento europeo ha confermato la direzione di marcia, intrapresa a partire dalla Risoluzione del 6 ottobre 2022, che ha spezzato una lancia per l’escalation del conflitto, invitando gli Stati membri a incrementare l’assistenza militare all’Ucraina e a fornire “sistemi di armamento avanzati come i carri armati Leopard”. Tutto ciò “al fine di consentire all’Ucraina di riacquistare il pieno controllo su tutto il suo territorio riconosciuto a livello internazionale” (compresa la Crimea, che dal 2014 costituisce una Repubblica autonoma inserita nella Federazione russa).
Una successiva Risoluzione del 16 febbraio 2023 ha messo bene in chiaro che “l’obiettivo principale dell’Ucraina è vincere la guerra contro la Russia, intesa come la capacità dell’Ucraina di spingere al di fuori del proprio territorio riconosciuto a livello internazionale tutte le forze russe e i loro associati e alleati; ritiene che tale obiettivo possa essere conseguito solo attraverso la fornitura continua sostenuta in costante aumento di tutti i tipi di armi all’ucraina, senza alcuna eccezione”.
Non esiste negoziato per porre fine alla guerra, la parola d’ordine è una sola: vincere! Questa parola d’ordine è stata ripetuta con la Risoluzione del 29 febbraio 2024. Il fallimento in un mare di sangue della controffensiva Ucraina dell’estate del 2023 non ha comportato alcun ripensamento, l’obiettivo resta sempre quello di vincere la guerra, costi quel che costi. Per ottenere questo risultato il Parlamento europeo alza il prezzo e chiede la fornitura di sistemi d’arma più performanti e a lungo raggio: “come i missili Taurus, Storm Shadow/Scalp”, assieme a moderni aerei da combattimento, vari tipi di artiglieria e munizioni. Un poco alla volta sono cadute tutte le restrizioni poste all’uso di sistemi d’armi occidentali. Dopo la controinvasione ucraina nella regione russa di Kursk, si è posto il problema se autorizzare l’uso di missili a lungo raggio (300-500 km) per colpire in profondità nel territorio della Russia.
Al riguardo Putin ha osservato: “Qui non si sta parlando di permettere o proibire al regime di Kiev di colpire il territorio russo. Lo sta già colpendo con l’aiuto di veicoli aerei senza pilota e altri mezzi. Ma quando si tratta di utilizzare armi occidentali ad alta precisione e a lungo raggio, la questione è completamente diversa. Il fatto è che – come ho già detto, e qualsiasi esperto lo confermerà (sia qui che in Occidente) – l’esercito ucraino non è in grado di colpire con sistemi moderni ad alta precisione e a lungo raggio di produzione occidentale. Non può farlo. Questo è possibile solo con l’uso di dati satellitari, che l’Ucraina non possiede: si tratta di dati provenienti esclusivamente dai satelliti dell’Unione europea o degli Stati Uniti, in generale, dai satelliti della NATO. Questo è il primo punto. Il secondo punto è molto importante, forse il più importante, è che le missioni di volo per questi sistemi missilistici possono, in realtà, essere eseguite solo da personale militare dei paesi della NATO. I militari ucraini non possono farlo. E quindi, non si tratta di permettere o meno al regime ucraino di colpire la Russia con queste armi. Si tratta di decidere se i paesi della NATO siano direttamente coinvolti in un conflitto militare o no. Se questa decisione verrà presa, non significherà altro che la partecipazione diretta dei paesi della NATO, degli Stati Uniti e dei paesi europei alla guerra in Ucraina. Questa è la loro partecipazione diretta. E questo, ovviamente, cambia significativamente l’essenza stessa, la natura stessa del conflitto. Significherà che i paesi della NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei sono in guerra con la Russia”.
Da un punto di vista tecnico, i rilievi di Putin sono difficilmente contestabili. L’uso di questi sistemi d’arma differisce dagli altri armamenti forniti a Kiev perché l’Ucraina è solo la rampa di lancio, la navigazione dei missili verso l’obiettivo può avvenire soltanto con l’intervento diretto degli specialisti militari dei Paesi NATO che li possiedono.
Le armi d’attacco occidentali a lungo raggio come ATACMS e Storm Shadow sono dotate di capacità GPS M-code. Questa tecnologia fornisce una combinazione di precisione e resilienza contro le tecniche di guerra elettronica moderne. La tecnologia M-code è considerata una risorsa critica per la superiorità tecnologica statunitense, quindi, non viene condivisa, nemmeno con alleati in situazioni di emergenza. Di conseguenza per l’impiego di questi sistemi d’arma è necessaria la partecipazione diretta di specialisti dei paesi fornitori.
Proviamo a immaginare cosa sarebbe successo se nel 2003, per aiutare gli iracheni a resistere all’invasione del loro paese da parte degli USA, la Russia, esercitando la facoltà di legittima difesa collettiva di cui all’art. 51 dello Statuto dell’ONU, avesse fornito i suoi missili a lungo raggio a Saddam Hussein per colpire le basi da cui provenivano gli attacchi statunitensi: ovviamente gli Stati Uniti avrebbero considerato l’uso di missili russi contro le loro installazioni militari come un atto di guerra nei loro confronti.
Il Parlamento europeo non poteva ignorare il monito di Putin, né il fatto che l’uso di queste armi avviene con la partecipazione diretta di personale militare NATO. Per questo, quando ha invitato “gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo”, di fatto ha optato per l’entrata in guerra con la Russia. La Risoluzione del 19 settembre 2024 è sostanzialmente una dichiarazione di guerra, di fronte alla quale appaiono grottesche le contorsioni di PD, FI e FdI che hanno fatto finta di opporsi per poi approvare il testo finale. Per fortuna le deliberazioni del Parlamento europeo non sono vincolanti e quindi la dichiarazione di guerra per ora è solo sulla carta. Rimane il paradosso: come fa un Parlamento che dovrebbe esprimere la voce dei popoli a volere la guerra che non piace a nessun popolo? “Ovviamente la gente non vuole la guerra – riconosceva Hermann Göring – perché un qualche poveraccio d’una fattoria dovrebbe voler rischiare la propria vita in una guerra quando quel che può ottenerne nel migliore dei casi è di tornare vivo alla sua fattoria? Naturalmente la gente comune non vuole la guerra, né in Russia né in Inghilterra né in America, né, per quel che conta, in Germania”. Se il popolo per sua natura non vuole la guerra, come si fa a fargli cambiare idea al punto che la guerra sia auspicata dai Parlamenti che dovrebbero esprimere la voce del popolo? La risposta ce la fornisce sempre Göring: “Dopotutto sono i leader di un Paese che ne determinano la politica ed ogni volta è solo questione di portare il popolo dove lo si vuole, ciò è sempre vero, in una democrazia come in una dittatura fascista, in presenza d’un Parlamento o in una dittatura comunista […] il popolo può sempre essere sottomesso al volere dei leader. È facile. Tutto ciò che devi fare è dir loro che sono sotto attacco e denunciare i pacifisti per la loro mancanza di patriottismo che non può che mettere a rischio il Paese. Funziona allo stesso modo in qualunque nazione”.
Funzione così anche nell’Unione europea, qui le classi dirigenti hanno adottato lo stesso metodo suggerito da Göring. Per portare il popolo all’accettazione della guerra, ci hanno bombardato di messaggi per convincerci che, se non si batteva Putin in Ucraina, le armate russe avrebbero travolto tutta l’Europa e sarebbero arrivate a Lisbona. L’Ucraina doveva essere sostenuta e spinta alla controffensiva, perché col suo sacrificio difendeva la nostra libertà. Coloro che si opponevano a questa narrazione tanto assurda quanto strumentale, volta a pervertire il senso comune della gente, venivano messi all’indice e banditi come agenti del nemico. Tuttavia, almeno per quanto riguarda l’Italia, questa perversione del senso comune non è avvenuta: la gente continua a non volere la guerra. Per rispettare la volontà del suo popolo e la sua Costituzione, l’Italia deve tirarsi fuori da questo scenario di guerra.
È giunto il momento di alzare la voce: se non ora quando?
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