Intervento di Pasqualina Napoletano al convegno il “Coraggio della pace – Disarma”, tenutosi a Roma tra il 9 e l’11 maggio 2025.
Sono passati 50 anni dalla firma dell’atto finale di Helsinki. In quell’agosto del 1975, si era in piena guerra fredda, eppure esisteva una politica che permetteva, ad esempio all’Italia, di tenere insieme la relazione transatlantica, il dialogo con l’Unione Sovietica ed una particolare attenzione al Mediterraneo, al Medio Oriente, al mondo arabo.
A chi sostiene che quelle condizioni, oggi, sarebbero impensabili, vorrei rispondere con le parole che il Presidente della Repubblica Mattarella pronunciò in occasione della sua rielezione nel febbraio 2022: “Da molti decenni i Paesi europei possono godere di un dividendo di pace, concretizzato dall’integrazione europea e accresciuto dal venir meno della Guerra fredda. Non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici, si alzi nuovamente il vento dello scontro in un continente che ha conosciuto le tragedie della prima e della Seconda guerra mondiale”.
Oggi, chi è mosso dallo stesso spirito di dialogo e di cooperazione, oltre ad essere accusato di intelligenza con il nemico, trova un clima culturale, prima ancora che politico, ostile, secondo il quale non esisterebbero altre vie se non quelle della forza, del riarmo, della guerra.
Ciò è anche testimoniato dalle ripetute prese di posizione del Parlamento europeo e dai recenti e gravi orientamenti sul riarmo al vaglio del Consiglio europeo su proposta della Commissione. Nel frattempo la Commissione europea tenta, con il consenso del Parlamento, di piegare a questo fine i fondi già previsti in bilancio, a cominciare dal Fondo di coesione e, seppure incontri l’ incredibile disponibilità del Commissario competente, l’italiano Fitto, trova i primi ostacoli nelle obiezioni della Corte dei Conti Europea; così come il Parlamento europeo, in un moto di resipiscenza, su parere della sua Commissione giuridica, decide di rivendicare il potere parlamentare (approvando l’emendamento del Gruppo The Left, prima firma il 5 stelle Pasquale Tridico) che si oppone al ricorso all’articolo 122 del Trattato come base giuridica per lo strumento SAVE (pilastro dell’intera costruzione con la dotazione di 150 miliardi per prestiti garantiti dal bilancio UE), articolo che comporta l’esclusione del Parlamento nel processo decisionale.
Si tratta di obiezioni procedurali, ma non di dettaglio, che si aggiungono a quelle di merito su un piano che, oltre a non avere nulla di europeo, mostra improvvisazione, caos e insofferenza verso trasparenza e corretta collaborazione istituzionale; ciò è particolarmente grave per una Istituzione, la Commissione Europea, cui è attribuito il ruolo di “custode dei Trattati”.
Dal 24 al 26 giugno prossimo si terrà il vertice NATO all’Aja e, a seguire, il 26/27, il Consiglio europeo, il quale, dovrebbe assumere decisioni sul riarmo. La concatenazione di questi eventi è di per sé significativa.
Alla contrapposizione tra sistemi politici ed economici, cui faceva riferimento il Presidente della Repubblica, si è sostituito il binomio amico-nemico tout-court o democrazie contro autocrazie, come se nel 1975 il confronto e l’incontro fosse avvenuto tra Paesi che potevano definirsi tutti democratici.
Per questo motivo, all’interno di un movimento più ampio che si sta costruendo contro il riarmo europeo e la guerra, quattro fondazioni (CRS, Fondazione Basso, Fondazione Di Vittorio e Salviamo la Costituzione) hanno promosso un appello rivolto a tutte le associazioni, ai partiti, ai singoli cittadini affinché la politica assuma le proprie responsabilità rispetto alle derive ancor più distruttive che possono prendere gli eventi già drammatici per tornare al negoziato, alla diplomazia, al diritto, strumenti mortificati e perfino derisi da una politica che tenta di nascondere così la propria inadeguatezza.
Patetiche ma rivelatrici, a questo proposito, le dichiarazioni di Ursula von der Leyen che si è permessa di liquidare il dissenso nei confronti della sua politica come interferenza putiniana.
Per me è importante parlare qui di questa proposta perché “Il coraggio della pace – Disarma” ha mantenuto fermo in questi anni l’impegno contro le guerre, e oggi può contribuire non poco a rendere più forte e capillare quel movimento di cui c’è gran bisogno.
Tenendo conto degli impegni comuni, ipotizziamo a fine giugno un incontro dei sottoscrittori dell’appello per preparare a settembre una ulteriore iniziativa rivolta soprattutto alla politica, anche quella che si oppone al riarmo, che ha la responsabilità di costruire una proposta nella direzione che l’appello suggerisce. E ciò, nel quadro di mobilitazioni che si preannunciano in Italia, ma anche in Europa, in coincidenza con il vertice NATO dell’Aja, e che proseguiranno fino alla marcia Perugia – Assisi ed oltre.
Cinquanta anni fa 36 paesi, più la Cina come osservatore, si impegnarono in due anni di lavoro, a costruire un quadro giuridico capace di assicurare all’Europa tutta pace, sicurezza, diritti. Oggi non è pensabile fare a meno di altri importanti paesi e continenti, all’epoca marginalizzati e che oggi assumono un peso politico, economico, demografico essenziale per costruire un nuovo e più giusto equilibrio.
L’Unione europea dovrebbe essere il motore di questo processo se non vuole consegnarsi al declino come ultimo baluardo fortificato di un Occidente che ha sempre meno da dire al mondo.
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