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Intervento al convegno a cura del Forum Regionale Pace e Disarmo Sinistra Italiana Lazio, tenutosi a Roma il 13 settembre 2025.

Lo stato attuale dell’Unione sembra essere alquanto confusionale. In essa, infatti convivono simulazioni, rimozioni, impotenza e qualche segnale incoraggiante su cui far leva.

Inserirei nella prima categoria il piglio con cui la Presidente von der Leyen ha introdotto il dibattito sullo Stato dell’Unione fingendo di essere quel capo di Governo che non è e che neanche il suo drammatico incipit : “L’Europa è in guerra” è riuscito a simulare.

Nella categoria “rimozione” inserirei il fatto che la Presidente abbia molto insistito sul concetto di “autonomia” come prerogativa essenziale dell’Unione, dimenticando di essere reduce dal pessimo accordo sui dazi, corredato da impegni futuri di acquisto di armi, di energia, di tecnologia dagli USA.

Lo stesso riarmo, così come è stato concepito, e che condizionerà le politiche future dell’Unione e degli Stati, non fa che aumentare il potere della NATO, la cui “gamba” europea si è già dimostrata una pia illusione nell’esperienza già vissuta con la crisi dei Balcani.

Parole quanto meno tardive sulla situazione di Gaza e Cisgiordania rispetto alla quale la Commissione ha abdicato al suo ruolo di pressione nei confronti del Consiglio e lo stesso Parlamento, soltanto dopo due anni di massacri e con un genocidio in corso, è riuscito a pronunciarsi con un accordo tra i gruppi che è costato la rinuncia alla definizione di “genocidio”; accordo rassicurante per alcuni, ma che non ha il potere di cambiare la realtà.

Accadono, però, cose curiose capaci di accendere la speranza, infatti, nella risoluzione sull’Ucraina approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre scorso, al secondo articolo si legge:

  • Deplora la strategia militaresca dell’UE che non è riuscita a garantire la pace e ha indebolito la rilevanza dell’UE a livello mondiale, chiede un cambiamento nella politica dell’UE a favore della diplomazia e della protezione civile che anteponga la pace e la risoluzione dei conflitti all’escalation militare, invita l’UE ad aprire finalmente canali negoziali per giungere ad una soluzione politica del conflitto in Ucraina, in risposta alla necessità di sicurezza collettiva e di disarmo in Europa e nel rispetto dei principi della Carta dell’ONU e dell’atto finale della Conferenza di Helsinki.

Questo paragrafo, in dissonanza con il resto della risoluzione, è frutto di un emendamento presentato dal gruppo The Left e votato da ben 365 deputati contro 182 contrari e 56 astenuti, il che vuol dire che le pressioni dei movimenti e delle opinioni pubbliche hanno un effetto sui rappresentanti.

Quello che manca in questo momento è un discorso sull’Europa all’altezza dei grandi cambiamenti mondiali in cui siamo immersi con tutti i rischi che essi comportano.

Al contrario, assistiamo, in assenza di una politica capace di elaborazioni e di conseguenti proposte, ad un fiorire di analisi parziali, a volte fuorvianti, come a mio giudizio è la proposta Draghi che in un articolo su “il manifesto” del 27 agosto, Roberto Barzanti analizza criticamente dimostrando come, partendo dalla critica all’economicismo, la sua proposta rimane essa stessa confinata nell’ambito dell’economicismo, ricordando che il passaggio da “mercatismo” a “unionismo” sconta ancora oggi una inadeguatezza lampante del sistema democratico e istituzionale europeo. Vi è poi l’accorata invocazione di Romano Prodi il quale propone un referendum a dimensione europea per il superamento del voto all’unanimità del Consiglio, quando, prima ancora di come vota, la vera questione è il potere del Consiglio e l’opacità del suo operare. Se poi, come pare, ci si vuole inoltrare in politiche quali la sicurezza e la politica estera, come è pensabile farlo in assenza di una vera e propria Costituzione? E quest’ultima, basata su quali valori? E attraverso quale metodo?

Al contrario, sembra ancora prevalere la visione e la pratica “funzionalista”, quella, per intenderci, del passo dopo passo, quella che ha costruito competenze frammentate, istituzioni barocche o non corrispondenti a funzioni reali. Penso alla figura dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, definizione roboante a cui corrisponde praticamente il nulla, o alla Presidenza permanente del Consiglio, che convive con la rotazione semestrale dello stesso e che si affianca, quando va bene, o confligge, quando va male, con la Presidenza della Commissione. Tutto ciò in una deriva sempre più “intergovernativa” che di fatto incarna il modello delle destre: quello “dell’Europa delle Nazioni”.

In questo contesto il voto a maggioranza del Consiglio (proposta non sbagliata in sé) non farebbe che consolidare una sorta di “Direttorio” formato dai governi più forti, o presunti tali, del quale, i così detti “volenterosi” sono l’annuncio, moltiplicando sedi decisionali informali utili a delegittimare ulteriormente le istituzioni europee già deboli.

Tutto ciò è particolarmente grave in questo momento storico in cui è sempre più evidente l’inadeguatezza della dimensione nazionale e allo stesso tempo, ci si prepara a un ulteriore impegnativo allargamento, senza porsi il problema delle istituzioni e della loro democratizzazione. Problema che ne indebolisce l’autorevolezza, sia sul piano interno che internazionale. È tempo di elaborare proposte che rispondano alla vera e propria crisi di legittimità democratica delle attuali istituzioni europee. Allo stato attuale i cittadini eleggono su base nazionale i loro rappresentanti al Parlamento europeo il quale non ha ancora, neanche il potere di iniziativa legislativa. Solo un impianto di tipo federale potrà reggere una Unione diversa da una Confederazione. Non è detto che tutti vi debbano partecipare, ma, in quel caso, invece del direttorio, avremmo un nucleo politicamente e istituzionalmente motivato capace nel tempo di allargarsi.

In questa prospettiva la costruzione dell’Europa del futuro potrebbe essere parte del più complessivo cantiere politico e istituzionale per un nuovo ordine mondiale, forse, in questa prospettiva l’UE potrebbe esorcizzare le sue ubbie nazionalistiche e contribuire, a partire da sé, alla convivenza pacifica nella dimensione planetaria cominciando dal proprio Continente.

A questo fine quell’emendamento spurio introdotto dalla volontà maggioritaria dei membri del Parlamento europeo potrebbe costituire una buona ispirazione sul da farsi.

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