Articolo pubblicato su “Attac Italia” il 18.11.2025: https://attac-italia.org/di-chi-e-lo-sciopero-generale/
Le straordinarie mobilitazioni che tra settembre e ottobre hanno attraversato il Paese contro il genocidio in atto a Gaza e in appoggio alla missione della Global Sumud Flotilla, oltre a segnare un risveglio generale contro la rassegnazione come non si vedeva da oltre due decenni, hanno rimesso in campo lo sciopero come strumento di lotta politica di massa.
Sia nella data convocata per il 22 settembre dall’USB, sia nella data successiva del 3 ottobre convocata tanto dal sindacalismo di base quanto dalla CGIL, abbiamo assistito per la prima volta a una vera generalizzazione dello sciopero che, in entrambe le date, ha davvero bloccato il Paese.
Due nuovi scioperi generali sono stati convocati in questo autunno: il 28 novembre da USB e dal sindacalismo di base e il 12 dicembre dalla CGIL, uno scenario che rischia di far arretrare la straordinaria eccedenza sociale prodottasi nei mesi scorsi, riportando il copione all’ordinarietà di scioperi che saranno anche generali, ma che rischiano di non essere più generalizzati.
Come se il 3 ottobre fosse stato più subito che autodeterminato dalle organizzazioni sindacali, abbiamo assistito alla convocazione del 28 novembre, fatta dal sindacalismo di base senza nessun tentativo di previa consultazione con la CGIL e alla risposta altrettanto unilaterale della CGIL, con la decisione di posticipare il proprio sciopero generale al 12 dicembre, nonostante ripetuti appelli di alcuni sindacati di base e di molte realtà sociali chiedessero una nuova chiamata unitaria.
Indubitabilmente un passo indietro, con rischio di importanti effetti collaterali.
Il primo è senz’altro il ritorno alla polarizzazione identitaria e competitiva (noi siamo noi e siamo contro loro), straordinariamente superata nelle giornate di settembre e ottobre dalla pratica concreta delle moltitudini di persone che hanno praticato la generalizzazione dello sciopero senza curarsi di avere o non avere una tessera sindacale e di quale eventualmente fosse quella posseduta.
Il secondo effetto è il rischio che una parte consistente di quell’eccedenza sperimentata nei mesi scorsi, nel rifiutare la richiesta di schieramento, decida semplicemente di stare a casa, ridiventando preda della rassegnazione.
C’è tuttavia un’altra possibilità, che attiene a una riflessione più ampia sullo strumento dello sciopero e che consiste nel porsi collettivamente una domanda: di chi è lo sciopero?
Se la risposta è “di chi lo convoca” allora l’empasse diventa insuperabile e a ciascuna persona non resta che scegliere se prendere posto nella curva della rispettiva tifoseria o restare sul divano a guardare distrattamente la partita.
Ma se la risposta è che lo sciopero è di chi lo pratica, allora l’eccedenza sociale di settembre e ottobre, non solo può di nuovo riconoscersi e avere un ruolo, ma anche lanciare il cuore oltre l’ostacolo, pretendendo un salto di qualità dalle organizzazioni sindacali.
Cosa vuol dire concretamente questo?
Significa partecipare agli scioperi in calendario indipendentemente da chi li ha convocati, generalizzandoli e facendo diventare quelle giornate nuove tappe di lotta collettiva per la Palestina, contro il riarmo nazionale ed europeo, contro l’autoritarismo e la repressione e contro il Governo Meloni e la sua legge finanziaria di guerra.
E significa proporsi come realtà sociali e di movimento, e come popolo in senso più ampio, con un ruolo autonomo e determinato non solo a non disperdere il patrimonio prodotto dalle piazze di questi mesi, bensì a renderlo parte attiva del prossimo percorso.
Perché non immaginare che la data del prossimo sciopero generale venga decisa da un percorso di assemblee sociali, che collettivamente chiamino i sindacati di base e la CGIL alla discussione e rivendichino la necessità di una convocazione sociale e sindacale unitaria?
Abbiamo tutte e tutti rialzato la testa.
Ma a cosa serve se non lo facciamo per guardare l’orizzonte?
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Nome *
Email *
Sito web
Do il mio consenso affinché un cookie salvi i miei dati (nome, email, sito web) per il prossimo commento.