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Il ministro Salvini ha l’invidiabile capacità di parlare alla pancia di chi lo vota facendogli credere di parlare alla testa; forse è per questo che molti elettori non si erano ribellati alla strabiliante riesumazione della Spa “Stretto di Messina”, che il governo Monti aveva saggiamente liquidato. Fino al 2012 ci era costata “solo” 350 milioni di euro in scartoffie e prebende; ma l’attuale Governo ha stanziato la bellezza di 13,5 miliardi per un ponte che non vedrà mai la luce. E oltre alla Società è rinato anche il suo dirigente, Pietro Ciucci (sì, lo stesso Ciucci che aveva diretto l’ANAS per anni!). Vero è che la gara varata a suo tempo dal consorzio Eurolink era stata vinta da un’impresa seria come WeBuild (nata dalla fusione di Salini e Impregilo); ma il suo ad, Pietro Salini, è troppo competente per credere che quel ponte si realizzi davvero… E tuttavia, chi rinuncerebbe a un appalto così appetitoso?

È in clima balneare – si sa – che i governi tirano le fregature più indigeste. Il 6 agosto, infatti, il CIPESS aveva approvato l’opera senza un vero progetto esecutivo e interamente a carico dell’erario: un ovvio sperpero di soldi vostri e miei, molto più e peggio del centro di detenzione per migranti in Albania. CIPESS significa Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile: termine che fa a pugni con un’opera che tutto è meno che sostenibile. “Quel progetto non è che un monumento di Salvini a sé stesso – ha ironizzato un siciliano doc come Pif – Un tempo il lumbard sosteneva che il problema non fosse attraversare lo Stretto, ma arrivarci. Poi ha cambiato idea”.

Col tempo si erano via via scartate opzioni come il tunnel sottomarino o il ponte sospeso a più campate, dato che nello Stretto i fondali variano tra 100 e 300 metri, le correnti sono turbolente e le navi in transito dovrebbero implorare la santa patrona di Messina per non sfiorare un pilone. Dunque, non restava che la soluzione del viadotto a campata unica – cioè 3500 metri di lunghezza – superando di molto il più recente ponte strallato a campata unica, sul Bosforo. Un divario sostanziale, perché le torri che reggeranno gli stralli dovrebbero esser alte almeno 390 metri. Come l’Empire State Building a New York. Prego recarsi sul posto – come accaduto al sottoscritto – per orecchiare che ne pensano i locali alla prospettiva di convivere tra i due mostri e le rampe d’accesso per far salire auto e treni alla quota di 80 metri sopra il livello del mare. Senza parlare degli espropri di 450 case nelle due aree interessate.

Eccoci invece a rimirare il modellino presentato anni fa da Berlusconi e poi da Salvini. Quella scenetta in tv aveva fatto guadagnare fior di voti ai due, perché nulla stimola la fantasia quanto sfidare i mitici gorghi fra Scilla e Cariddi. Purtroppo, però, si fa campagna in poesia ma si deve governare in prosa. Intanto il preventivo di spesa è salito da 4 a 13,5 miliardi. Nessuna impresa avrebbe partecipato agli appalti a meno di essere totalmente coperta dallo Stato e poter decidere liberamente sui pedaggi che, per ammortizzare gli investimenti, sarebbero così esosi da scoraggiare il transito.

Tutti i traghetti resterebbero comunque in funzione, dato che il ponte resterà inagibile molte settimane l’anno per costosi lavori di manutenzione o per inclemenza del tempo o per scosse telluriche. Stranamente, i media non sottolineano che il traffico merci via terra con la Sicilia è calato da quando esistono i bonus marittimi, distribuiti con benefici anche ambientali ai cargo che collegano l’isola a vari porti italiani ed esteri. E il traffico passeggeri? Lo Stretto è attraversato da circa 20.000 persone al giorno, in maggioranza pendolari fra Reggio e Messina: scegliendo il ponte con l’auto o il treno, i tempi di percorrenza supererebbero di molto i 30 minuti, data la distanza del viadotto dai due capoluoghi. Insomma, sono stati sottostimati i costi e sovrastimati i vantaggi.

L’ultima trovata del Salvini, complice la Meloni, è stata di definire l’opera “strategica anche ai fini militari in ambito NATO”; ma la NATO ha sgamato la furbata precisando che non saranno ammesse “contabilità creative” nel computo delle spese militari concordate. Anche l’organo collegiale della Corte dei Conti, convocato il 29 ottobre per avallare la delibera del CIPESS, ha sgamato e – dopo un attento esame della documentazione presentata – ha visto il bluff. Ora il Governo, irritatissimo, vuole andare avanti comunque, sospettando che perfino la Corte dei Conti pulluli di “toghe rosse”. Come finirà? Come le centinaia di opere pubbliche nel Sud, iniziate con tagli di nastri e abbandonate a metà percorso su un territorio devastato.

Chi attraversa lo Stretto noterà con quale celerità e destrezza i traghetti ti trasportano da una costa all’altra, offrendoti oltretutto un paesaggio unico in Europa. Ma poi? Chi ha la sventura di proseguire in treno il viaggio in Sicilia ha l’impressione di retrocedere di un secolo: binari unici, gabinetti indecenti, velocità media 60 km l’ora. Non sarebbe più apprezzato dai siciliani accelerare l’ammodernamento della rete ferroviaria (e della rete idrica)? A questo punto viene da pensar male: tanto fervore per realizzare un fantomatico viadotto contro la volontà popolare non celerà inconfessabili interessi? In tal caso avrebbe ragione don Ciotti a ironizzare: “Quel ponte servirebbe non a unire due coste, ma due cosche”.

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