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Articolo pubblicato su “il manifesto” del 22.05.2025.

Docente di filosofia, già collaboratore de il manifesto, legato da amicizia e stima a Mario Tronti, Antonio Peduzzi è scomparso il 16 maggio ad Avezzano a 77 anni. La sua produzione teorica, che rappresenta una fortunata combinazione di rigore e audacia intellettuale, merita un approfondimento. In particolare, i lavori pubblicati nel quindicennio 2006-2021 tracciano la traiettoria di un pensiero che rilegge Marx attraverso e oltre Tronti per poi intraprendere un corpo a corpo con quelli che egli considera i grandi nemici del Moro di Treviri nel Novecento: Martin Heidegger e Carl Schmitt.

Il percorso muove dalla teorizzazione trontiana dell’autonomia del politico, approdo della precedente esperienza operaista, e dalla sua problematica ricezione. Se Tronti ha insistito sulla fondamentale continuità tra le due esperienze, Peduzzi pensa l’autonomia del politico non come un’eresia, bensì come «un nucleo del pensiero comunista» (Lo spirito della politica e il suo destino, Futura Editrice 2006). Alle spalle di tale assunto c’è ovviamente Lenin, il quale, facendo la «rivoluzione contro Il Capitale», rompe la legalità del dispositivo struttura-sovrastruttura. Ma è fin dentro il modo di ragionare di Marx che Peduzzi si spinge a ricercare quel nucleo di verità, sottoponendo a critica la tradizione del materialismo storico (A Cartagine poscia io venni. Incubi sulla teoria marxista, Arduino Sacco Editore 2011).

Pensando il rapporto tra economia e politica attraverso il canone engelsiano della «determinazione in ultima istanza», il marxismo ha indebitamente mantenuto Marx all’interno della storia della filosofia, che, come è noto, si è limitata a «interpretare il mondo in molti modi». Marx è invece l’autore che ha operato la più radicale cesura con la tradizione filosofica per guadagnare un terreno nuovo, quello della teoria (L’ancella di Marx, Solfanelli 2021).

Qui sta la centralità dell’undicesima tesi su Feuerbach (Tesi sulla tesi undici, Oedipus 2015): una mossa che fa epoca («Il più grande evento della storia umana è stato certamente l’incontro tra la classe degli oppressi e la teoria») e contro cui si pongono Heidegger (Deserto di ghiaccio, Oedipus 2017) e Schmitt. Il dispositivo schmittiano dell’amico-nemico e le categorie analitiche impiegate da Heidegger in Essere e Tempo vengono accomunati da una prospettiva essenzialmente spaziale e, in ultima istanza, dalla co-appartenenza a «un nucleo duro di pensiero anti-democratico», da cui nasce «la tendenza sistemica sterminista» (Esercizi di fatica del concetto, Solfanelli 2018; La teoria nel deserto, Solfanelli 2020).

Tesi forte, rispetto alla quale non sorprende il dissenso trontiano che apre una feconda dialettica tra allievo e maestro, di cui rimane traccia. Tronti, infatti, ha sempre rivendicato un uso spregiudicato del pensiero grande-conservatore e in particolare di quello di Schmitt, il cui nemico principale «non era Marx, ma la dominante tradizione liberale».

Non si può ricordare il profilo intellettuale di Antonio Peduzzi senza menzionare il suo appassionato e originale lavoro sui fumetti di Tex, eroe di tutti gli oppressi e modello di lotta politica, confluito in un volumetto (Tex, l’operaista, Solfanelli 2020), che ricostruisce contorni e contesto del dibattito aperto nel 1992 da il manifesto sul fatto che Tex fosse di destra o di sinistra. Per quanto bizzarro possa sembrare, anche dalla risposta a questo interrogativo passa la ridefinizione di una idea della politica e della sinistra: temi e passioni rimasti al centro della riflessione, dei tormenti e dell’impegno di questo pensatore comunista e che gli hanno fatto da scorta fino ai confini delle celesti praterie.

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