Le recenti elezioni regionali tedesche e prime le elezioni europee hanno fatto emergere una nuova forza politica di sinistra, la BSW, la Bündnis Sahra Wagenknecht (“Coalizione Sahra Wagenknecht”). Sahra Wagenknecht, nata nell’allora DDR, ha avuto una lunga militanza nel PDS, poi nella Linke e, infine, dall’anno scorso, ha fondato un partito intorno alla sua persona. In lacuni precedenti articoli ci siamo occupati della BSW (si veda “La strada in salita di chi ha vinto in Brandenburgo” e “Sahra Wagenknecht interroga la sinistra europea”) ma ora abbiamo avuto l’occasione di intervistare Fabio De Masi, deputato al Parlamento europeo per la Coalizione Sahra Wagenknecht. Fabio è stato molto gentile e abbiamo avuto modo di scriverci fra i molti impegni che ha, fra la recente elezione Bruxelles e le trattative avviate per i governi dei due Länder (Turingia e Sassonia). L’accusa principale rivolta alla BSW è di “rossobrunismo” o al meglio di “passatismo novecentesco”. Da qui siamo partiti, in attesa di capire cosa potrà accadere in Germania una volta consumata la crisi del Governo Scholtz.

Cominciamo con una citazione attribuita a Manzoni “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”. Un’Europa forte e “cerniera” fra est e ovest insieme alla Russia, più salario con tassazione dei ricchi, più intervento pubblico e così via. Quando queste parole sono diventate impronunciabili? E, soprattutto, come riuscire a non passare per “rosso-bruni” (o, al meglio, per “novecentisti”) in un mondo dominato da un “senso comune” liberista? Come ricucire il rapporto con la Russia senza essere considerati filo-Putin?

Chi rifiuta la pace e la diplomazia sacrifica centinaia di migliaia di ucraini sul campo di battaglia. La posizione negoziale dell’Ucraina ha continuato a deteriorarsi e la guerra avrebbe potuto essere evitata se si fosse evitato l’espansione della NATO. Condurre la guerra fino all’ultimo uomo e all’ultima cartuccia e rifiutarsi di tenere conto degli interessi di sicurezza della Russia è sempre stata, storicamente, una posizione di destra. Dall’ex consigliere per la sicurezza di Obama, Charles Kupchan, al Papa e al Presidente del Brasile fino alla Svizzera neutrale, tutti chiedono più diplomazia. Sono tutti agenti di Putin? Ciò riflette l’arroganza delle ex potenze coloniali, che non vogliono accettare che l’era dell’egemonia statunitense stia volgendo al termine. In realtà, le aggressive élite liberali stanno lasciando che gli ucraini muoiano in una guerra per procura e lasceranno dietro di sé un paese devastato. Putin e l’oligarchia sono anche un prodotto della politica occidentale, che negli anni ’90 si basava su una strategia di shock liberale, su una frettolosa privatizzazione delle aziende statali in Russia e sfruttava la debolezza del paese invece di cogliere l’opportunità storica di cooperazione.

La vostra posizione è fortemente politica, ad esempio, nei confronti di AfD non vi accanite “moralmente” contro i “fascisti” ma agite politicamente. O nel richiedere la tassazione per i miliardari, come ha fatto Piketty. Nel 2011 Pietro Ingrao, in risposta al libro “Indignatevi” di Stéphane Hessel, ci ammonì che “l’indignazione non basta”. Come trasformare l’indignazione in azione politica? Riusciamo davvero a tenere alto il livello senza cadere in sterile polemica “morale”?

Bisogna battere l’AfD sul campo dove è vulnerabile. Sui salari, le pensioni e gli investimenti pubblici e la loro difesa degli interessi dell’uno per cento più ricco. È inutile che la sinistra neghi i problemi evidenti nella politica migratoria. Naturalmente rifiutiamo il razzismo e dobbiamo combattere le cause della fuga come le guerre e proteggere le persone che sono perseguitate politicamente. Ma non possiamo risolvere la violenza della disuguaglianza internazionale solo attraverso la migrazione. Se ciò fosse possibile, basterebbe trasferire gli insediamenti poveri del mondo in Europa e la povertà scomparirebbe. Chi nega i conflitti sociali causati dall’immigrazione e alimenta le guerre in tutto il mondo fa il gioco dell’AfD. Nell’ambito delle guerre culturali e delle politiche identitarie, la destra vincerà sempre.

Mi sembra di capire che nel pantheon teorico della BSW ci sia Wolfgang Streeck di provenienza “francofortese” e molta economia (Thomas Piketty); non si corre il rischio di una visione troppo “homo oeconomicus”? In Italia ci affidiamo al messaggio di Papa Francesco, forse esagerando. Ma una dimensione “spirituale” è importante: riusciamo a parlare sia alla “pancia”, sia al “cuore”?

Naturalmente dobbiamo anche toccare i sentimenti delle persone. Ciò richiede un linguaggio chiaro e il rifiuto dell’arroganza delle élite liberali; dobbiamo inoltre utilizzare la compassione.

Lei è italiano e tedesco. Suo nonno è stato partigiano. Suo padre venne in Germania a lavorare. Un altro punto “difficile” è il tema BSW sulle politiche migratorie. La realtà è che troppo spesso confondiamo “integrazione” con “interazione”. Grandi masse vengono e si pensa che debbano integrarsi quando, in realtà, ci sono resistenze e attriti dalle due parti (di chi arriva e di chi accoglie). Una visione conflittuale (quindi dinamica e positiva) delle migrazioni è rischiosa ma essenziale. La sua esperienza personale come l’ha segnata?

La migrazione funziona meglio quando avviene nel mondo del lavoro, poiché il lavoro crea relazioni sociali e autostima. Questo è stato il caso degli italiani che arrivarono in Germania dopo la guerra. E anche questo non è avvenuto senza conflitti. Tuttavia, la migrazione non è una soluzione alla disuguaglianza. Al contrario: è violenza economica se continuiamo a creare cause di fuga e a utilizzare i migranti come manodopera a basso costo e a sradicarli. E un gran numero di migranti attuali arriva per comprensibili ragioni economiche, ma non sono soggetti alla legge sull’asilo. Rimangono poi in abitazioni di fortuna senza prospettive. Sarebbe più umano aiutare queste persone a livello locale nei loro paesi di origine e creare opportunità limitate per la migrazione di manodopera. Questa posizione realistica è condivisa soprattutto dalle persone con un background migratorio in Germania e che vivono in zone operaie.

Ultima domanda “freudiana” sull’inconscio della Germania. Lei (e noi) tifiamo Sankt Pauli. Recentemente c’è stata una polemica con i nostri amici del Celtics Glasgow sulla Palestina. Perché è così difficile pensare una presa di posizione pro-Palestina in Germania (anche se la BSW è stata molto chiara nel condannare il Governo israeliano)?

Lo sterminio di massa degli ebrei tedeschi ed europei viene spesso utilizzato in modo improprio dall’opinione pubblica tedesca per respingere le critiche sugli attuali crimini di guerra del Governo Netanyahu. Israele ha il diritto di difendersi dal terrorismo secondo il diritto internazionale. Ma 40.000 morti e l’espulsione dalla Striscia di Gaza sono sproporzionati. La Corte Internazionale di Giustizia vede il rischio di genocidio. Non dobbiamo inoltre dimenticare: Hamas è un figlio di Netanyahu. Ha approvato il loro finanziamento da parte del Qatar e li ha promossi politicamente per impedire una soluzione e un accordo a due Stati. Il Governo Netanyahu è di destra estrema. L’ingiustizia tedesca ci obbliga ad alzare la voce contro ogni ingiustizia nel mondo. Alcuni nipoti dei colpevoli tedeschi credono che denigrando i palestinesi si lavino via la coscienza sporca per i crimini dei loro nonni.

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