Articolo originariamente pubblicato in lingua inglese (tradotto dalla redazione CRS) su “People Dispatch” il 03.03.2021.
Da tre mesi, i contadini e i lavoratori agricoli indiani sono impegnati in una difficile battaglia contro il Governo del Primo ministro Narendra Modi. In decine di migliaia si sono riuniti intorno alla capitale Nuova Delhi e hanno dichiarato di rimanervi a meno che il Governo non abroghi tre leggi che ne minacciano la sopravvivenza economica. Il Governo non ha dato alcun segnale di voler ritirare queste leggi, che accordano immensi vantaggi alle grandi aziende vicine al Primo ministro Modi. Il tentativo del Governo di reprimere le proteste dei contadini e dei lavoratori agricoli ha alterato l’umore nel Paese: è difficile dipingere coloro che coltivano le risorse alimentari per il Paese come “terroristi” e “anti-nazionalisti”.
Il partito di Modi – il Bharatiya Janata Party (BJP) – detiene attualmente il potere in diversi Stati che confinano con Delhi. È da questi Stati, l’Haryana e l’Uttar Pradesh, che provengono molti degli agricoltori che si sono riuniti nelle proteste, sebbene tanti arrivino anche da molto lontano, dal Bihar e dal Maharashtra (altri ancora provengono dal Punjab, che è governato Congress Party). Benchè gli equilibri politici di questi Stati siano in movimento, in particolare nell’Uttar Pradesh (200 milioni di abitanti), questi non saranno verificati nelle urne per alcuni anni a venire: Punjab e Uttar Pradesh non andranno al voto fino al 2022, e l’Haryana eleggerà la sua assemblea legislativa nel 2024, quando il Parlamento indiano affronterà le elezioni generali. Modi è al sicuro per i prossimi tre anni, un’eternità per la vita politica contemporanea.
Non c’è da stupirsi che Modi non abbia avvertito la necessità di fare qualche concessione ai contadini e che abbia messo in moto l’intero arsenale dell’intimidazione e della violenza per frammentarne l’unità. Le intimidazioni includono un attacco generale a quei rami dei media che hanno riportato favorevolmente la protesta (Newsclick, un portale di notizie, è oggetto di un’indagine sconcertante perché – come è ampiamente abbondantemente riconosciuto – ha dato ampia voce alle ragioni degli agricoltori in lotta).
Elezioni negli Stati
Nei prossimi mesi, avranno luogo in India le elezioni parlamentari in un territorio dell’Unione (Puducherry) e in quattro Stati: Assam, Kerala, Tamil Nadu e Bengala Occidentale. Si consideri che le popolazioni di questi quattro Stati ammontano complessivamente a 225 milioni di abitanti, che ne farebbero la quinta più grande nazione al mondo dopo l’Indonesia. Il fatto che le sorti democratiche di così tante persone, che saranno decise nelle elezioni del 2 maggio, stiano ricevendo così poca attenzione fuori dall’India ci dice molto sull’eurocentrismo dei nostri media globali (benché il risultato delle elezioni nazionali in Germania – con una popolazione di 83 milioni di abitanti – certamente influenzerà il panorama internazionale assai più che le cinque elezioni indiane, la totale mancanza d’interesse per queste ultime non dovrebbe lasciarci indifferenti).
Il partito di estrema destra del Primo ministro, il BJP, è al potere in uno solo dei cinque Stati, l’Assam (31 milioni di abitanti). Pare probabile che il BJP mantenga il controllo dello Stato, nonostante vi sia tensione circa il largamente impopolare Atto di emendamento sulla cittadinanza (Citizenship Amendment Act – CAA) promosso dal partito nel 2019. In una competizione triangolare, il BJP e i suoi alleati dovranno fronteggiare, da un lato, la grande alleanza del Congress Party di centro-destra e i suoi alleati di sinistra e regionali; e dall’altro, i nuovi partiti anti-CAA (l’Assam Jatiya Parishad e il Raijor Dal). La frammentazione del voto di opposizione al BJP potrebbe essere decisiva per una sua nuova vittoria elettorale, come evidenziato dal Congress Party, che ha cercato, senza successo, di trasmettere questo messaggio ai nuovi partiti.
Il Bengala Occidentale (91 milioni di abitanti), come l’Assam, sarà difronte a un confronto triangolare tra il Trinamool Congress (TMC), ora al potere, il BJP, e un blocco formato dai comunisti e dal Congress Party. Il 28 febbraio scorso più di un milione di persone guidato dalla sinistra e dai suoi alleati – entrambi avversari del BJP e del TMC – si è radunato a Kolkata’s Bridge Ground per dare un’imponente dimostrazione di forza. Il Fronte di sinistra è stato al potere nel Bengala Occidentale dal 1977 al 2011, quando è stato scalzato dal TMC. Da allora, il TMC ha alternato alleanze con il BJP, favorendo corruzione, clientelismo e disperazione sociale. Il potere economico del BJP e la proiezione del Primo ministro Modi come figura carismatica hanno spinto molti leader chiave del TMC a entrare nel BJP. Questa è la prima volta che la sinistra e il Congress Party si presentano uniti alle urne. Una recente proiezione dell’ABC/C-Voter ha rilevato che il TMC sembra indirizzato a confermare la vittoria nello Stato.
Partiti regionali come il TMC sono tipici negli Stati più grandi dell’India. Qui il sub-nazionalismo linguistico favorisce la formazione di élites locali che portano avanti la loro agenda attraverso questi soggetti. Nel Tamil Nadu (68 milioni di abitanti), la tradizione anti-brahminista ha portato alla costituzione di un partito non-brahminico, poi divisosi in numerosi partiti, due dei quali (AIADMK e DMK) rimangono le forze dominanti che guidano le politiche dello Stato. L’AIADMK, attualmente al potere, è legato più fortemente alle élites regionali e ha una stretta relazione con il BJP, pur mantenendo alcune divergenze sociali. Il DMK, dall’altro lato, è stato abile nelle sue alleanze, sebbene sia tartassato da accuse di nepotismo. Come durante le precedenti elezioni, ha stretto un’alleanza con la sinistra, che ha larghe sacche di sostegno tra gli operai e i contadini; le lotte contro la privatizzazione, condotte dalla sinistra, aiuteranno l’alleanza a guadagnare il supporto dei lavoratori nelle aree urbane densamente popolate. I sondaggi prevedono che l’alleanza tra DMK e sinistra prevarrà nelle elezioni in Tamil Nadu.
Il Kerala sventola la bandiera rossa
Dal 1980, l’elettorato del Kerala (35 milioni di abitanti) non rielegge il suo governo statale, con il potere che oscilla tra il Left Democratic Front e lo United Democratic Front . Quest’anno, il Left Democratic Front (LDF), che è in carica dal 2016, sembra destinato a rompere lo schema e a confermarsi al potere. C’è un ampio consenso sul fatto che il governo del LDF – guidato dal Primo ministro Pinarayi Vijayan – ha mantenuto le promesse del manifesto dei comunisti del 2016; c’è una indiscussa certezza sul fatto che l’amministrazione LDF è stata efficiente e razionale. Il governo del LDF ha affrontato una serie di crisi a cascata con calma e competenza: gli effetti del ciclone Ockhi nel 2017, l’epidemia del virus Nipah del 2018, le inondazioni del 2018 e del 2019, e poi la pandemia da COVID-19 (il ministro della salute K.K. Shailaja è stato definito dal Guardian “Coronavirus Slayer”, ossia “cacciatore di Coronavirus”). Nonostante quello che sembrava un ciclo infinito di crisi, il Governo ha spinto molto per rafforzare l’istruzione e l’assistenza sanitaria pubblica, e per fornire alloggi e cibo alla popolazione.
Nessun sentimento di rifiuto dei politici in carica era visibile nelle elezioni locali del 2020, quando i candidati giovani e in gran parte donne del LDF hanno trionfato. Propongo (altrimenti non si capisce bene): Il LDF ha aperto la sua campagna del 2021 con una marcia volta a rafforzare lo sviluppo (Vikasana Munnetta Yatra) iniziata alle estremità nord e sud del Kerala. Lo sviluppo è il tema chiave – le promesse che il governo del LDF ha rispettato includono una grande spinta alla costruzione di infrastrutture di base attraverso i bilanci pro-popolo del Ministro delle finanze T.M. Thomas Isaac. Il primato del LDF è forte, ed è per questo che è entrato nella campagna elettorale con lo slogan “Urappaanu LDF” o “LDF for Sure”.
La riconferma della sinistra al governo in Kerala sarebbe un risultato significativo, ma non è un indicatore della forza complessiva della sinistra in India. Tuttavia, il ciclo di agitazioni degli agricoltori e il legame con le principali federazioni sindacali suggerisce la possibilità di una futura crescita delle forze progressiste.
Vijay Prashad è uno storico, editore e giornalista indiano. È collaboratore e corrispondente principale di Globetrotter. È redattore capo di LeftWord Books e direttore di Tricontinental: Institute for Social Research. È senior non-resident fellow presso l’Istituto Chongyang per gli Studi Finanziari della Renmin University of China. Ha scritto più di 20 libri, tra cui The Darker Nations e The Poorer Nations. Il suo ultimo libro è Washington Bullets, con un’introduzione di Evo Morales Ayma.
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