Cultura, Politica, Temi, Interventi

Articolo pubblicato sul “L’Unità” del 21.01.2025.

A Gaza sembra aprirsi una gracile prospettiva di tregua. Per il momento si raffreddano gli istinti di sangue, quelli che in Italia il Corriere della Sera con Galli della Loggia in prima linea ha coltivato più di tutti. In nome del legame indissolubile “tra democrazia e violenza”, negli ultimi anni il quotidiano milanese ha condotto una lunga battaglia contro il diritto internazionale per esortare i forti di spirito a non “andarci leggeri con i vinti”. L’Occidente, infatti, a detta di Galli della Loggia, è germogliato e rimasto libero appunto per “la sua frequente decisione di sterminare i propri nemici”.

Con una enfasi antigiuridica e antiumanitaria degna della destra più radicale del tempo che fu, l’editorialista ha irriso “le pandette dei tribunali”. Scagliandosi contro il “giudizio etico-giuridico” che adesso censura le stragi al fronte e inorridisce dinanzi alle carneficine dei civili, egli ha spesso inneggiato alla violenza come levatrice di ogni progresso: “la democrazia europea occidentale”, assicura, “è nata dalla vittoria riportata dai ‘buoni’ contro i ‘cattivi’ in una guerra terribile”. Per lo storico del Corriere, una volta organo della borghesia illuminata, a definire il giusto “non può essere il diritto” o l’azione di organismi insensati come l’ONU, nelle cui agenzie cova perfino la “minaccia anti israeliana”.

Occorre che il principio di legalità non si estenda per nessuna ragione alle controversie tra gli Stati al punto da bandire la guerra come un atto illecito di per sé. L’invito a rinunciare “al diritto puro e semplice e ai suoi enunciati” è stato motivato da Galli della Loggia in virtù del realistico primato della “storia”, che sempre si sbarazza, in ossequio alla incontenibile volontà di potenza, delle vane pretese delle corti internazionali e delle regole stabilite dalle Nazioni Unite. Contro l’astratta fattispecie giuridica, la quale esige che vengano spenti gli ardori militari per la conquista dell’egemonia mondiale, ci pensano “lo scontro dei valori” e “le emozioni degli individui e dei popoli” a rammentare che in ogni caso è “la violenza, magari la più feroce e distruttiva”, a determinare il corso degli eventi. Il dovere della memoria, per il Corriere, non ha nulla a che fare con lo sforzo di immunizzarsi, alla luce degli orrori del secolo scorso, rispetto al ripetersi dei genocidi e dei crimini contro l’umanità.

Il doloroso ricordo degli “ordigni al fosforo piovuti su Amburgo o Dresda che ammazzarono nel modo più atroce donne, vecchi e bambini” non deve essere cicatrizzato, possibilmente attraverso il richiamo alla civiltà del diritto. Quel “vento di fuoco riversatosi per le strade ad oltre centocinquanta chilometri all’ora” va ravvivato in continuazione e proposto ancora come traccia di un fulgido insegnamento: “è lecito fare il male per vincere il male”. Il quotidiano di Urbano Cairo, con il suo commentatore di punta in preda a un autentico incantatamento nell’attesa della rigenerazione bellica collettiva, ha in più occasioni rivendicato quale precedente da replicare i frangenti in cui “gli Alleati ebbero la meglio sulla Germania nazista bombardando tutto quello che potevano bombardare, polverizzando scuole e ospedali senza preoccuparsi in ogni modo di chi ci stava dentro”. Secondo Galli della Loggia, l’annientamento di massa, addirittura “Hiroshima e Nagasaki”, sono validi antecedenti storici cui è tuttora opportuno appellarsi perché gli angloamericani nel 1943-45 procedevano “precisamente come oggi sta accadendo a Gaza e dintorni”.

La inerme popolazione palestinese, insomma, è assimilabile alle belve nazifasciste, gli indifesi trucidati nei luoghi di culto, di istruzione e di cura sono “il male”, che mette in pericolo la civiltà occidentale, e quindi meritano di essere annichiliti per il trionfo conclusivo del “bene”. In maniera tardiva Biden si ritira pronunciando un timido no alla pratica, che invece al Corriere hanno raccomandato come un imperativo irrinunciabile, “di uccidere anche civili innocenti, anche donne, vecchi e bambini, di uccidere per uccidere”. In antitesi alla mollezza delle attuali liberaldemocrazie europee, fiaccate dal “venir meno del Cristianesimo” e ormai incapaci di estirpare “la presenza del Negativo sulla scena del mondo”, la penna di via Solferino si è spinta fino all’esaltazione della “diversa modernità di Israele”, lodandone “la forza e la disponibilità a usare di questa fino in fondo”, “la dimensione umanissima e primordiale della vendetta”, “l’uso spregiudicato della potenza”.

Abbandonato l’Occidente dei “buoni sentimenti”, dove regnano “la presunta ‘inutilità della guerra”, “la imbelle disposizione all’essere lasciati in pace” e “un irenismo tutto compiaciuto per la propria irresponsabilità etica”, Galli della Loggia vagheggia il ritorno a cavallo dell’“Occidente cristiano”. Di certo arrivare a celebrare il cannone come fonte suprema del cambiamento (“la guerra è il fatto storicamente forse più produttivo di conseguenze”), cimentarsi nel canto rituale della bella morte sul campo (“il rapporto con la guerra significa il rapporto con il nostro presente in generale e insieme indica ciò per cui pensiamo che valga la pena di morire”), vuol dire spargere “parole crociate” esattamente speculari a quelle che risuonano nei sermoni moscoviti del patriarca Kirill o nei comunicati efferati di Hamas e degli agenti del jihadismo globale. Con il cessate il fuoco l’Occidente pone una toppa ai crimini orrendi consumati a Gaza. Nessuno, però, potrà cancellare la prosa incendiaria sul “rapporto stretto tra le armi e la democrazia” che ha trascinato il Corriere della sera nella scrittura di alcune delle pagine più imbarazzanti della sua storia.

Un commento a “Corriere di guerra”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *