Franco Bianco il 29 Settembre 2019 alle 18:11 Rispondi I rapporti fra Germania hitleriana e URSS staliniana E’ opportuno svolgere qualche riflessione riguardante quanto viene spesso affermato e rivendicato da alcuni che sostengono “in coro” che «la barbarie nazifascista fu battuta anche e soprattutto grazie al contributo decisivo dell’Unione Sovietica, coi suoi circa 25 milioni di caduti e pagine epiche come la resistenza dei leningradesi a 900 giorni di assedio o la vittoria di Stalingrado» (da “Futura Umanità”). Qui è veramente il caso di fare delle (in sé, di banale evidenza) precisazioni che ci si augurerebbe definitive. Lo “scelleratissimo patto Molotov-Ribbentrop” (così lo ha definito Ida Dominijanni) fu siglato il 23 agosto 1939, quando il regime nazista aveva ormai abbondantemente svelato la sua natura dittatoriale e razzista: «Una settimana dopo Hitler poté attaccare la Polonia e scatenare la Seconda guerra mondiale. Il 17 settembre, mentre la macchina bellica tedesca travolgeva le difese della Polonia, l’URSS invase la parte orientale del paese, come era previsto nel patto. Il 28 settembre l’URSS e la Germania strinsero un trattato di amicizia [ ! ], che sanzionava la spartizione della Polonia e prevedeva una nuova ripartizione delle sfere d’influenza assegnando a Mosca, oltre alla Lettonia e all’Estonia, anche la Lituania» (Silvio Pons, libro citato). Dunque, come è noto anche a chi sembra se ne dimnentichi,, l’URSS non è che insorse a difendere la sovranità della Polonia: da notare che il 3 Settembre, due giorni dopo l’invasione hitleriana, Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania, pur non avendo subito alcuna azione aggressiva ai danni dei loro Paesi, e quindi il loro fu un atto di deciso contrasto, coraggioso e generoso, ai disegni del folle dittatore di Berlino. L’URSS invece lo lasciò fare, in forza del “patto” siglato, avendo in cambio mano libera per le proprie azioni aggressive (invasione della Polonia orientale, della Finlandia, annessioni di Paesi, ecc). Di più: Hitler dilagò in Europa (invase la Danimarca, la Norvegia, Belgio e Lussemburgo, la Francia con la “guerra lampo”, provò perfino senza riuscirvi di entrare in Inghilterra), e Stalin continuò a lasciarlo fare: non certo un comportamento a difesa della libertà e dell’autonomia dei popoli. Poi, Hitler, per le mire economiche che aveva (il petrolio, soprattutto. La Germania disponeva, per i suoi bisogni energetici, solo di carbone: quello delle miniere tedesche e dei Paesi occupati. Grazie al trattato di amicizia stipulato con l’Urss poté contare sino al giugno del 1941 su forniture di carbone sovietico), venne meno al suo patto ed aggredì l’URSS (“operazione Barbarossa”, 22 giugno 1941): il Paese fu costretto a difendersi, cos’altro poteva fare? La difesa fu letteralmente eroica, l’URSS fu sul punto di capitolare ma, a prezzo di enormi sacrifici e grazie al comportamento incredibile non solo dei suoi soldati ma anche dei cittadini (le battaglie di Stalingrado e Leningrado resteranno simboli eterni di valore civile e militare. Anche per questo Svetlana dice che fu loro insegnato «come morire per la libertà», anche se non vivevano in libertà), riuscì a sventare la disfatta e mosse all’attacco della Germania, insieme alle altre Nazioni che già contro di essa belligeravano. L’apporto dell’URSS, Paese grande e militarmente forte, fu molto importante, al pari di quello degli altri grandi Paesi: nella divisione dei compiti e delle aree di belligeranza fra le diverse forze, all’Armata Rossa sovietica toccò il compito, importantissimo ed anche di forte valore simbolico, di liberare Aushwitz (27 gennaio 1945), il che va però ascritto a merito non suo esclusivo ma di tutte le forze alleate contro Hitler. Dunque, ricapitolando: dal 1° settembre 1939 fino al 22 giugno 1941, per circa 22 mesi, l’URSS non alzò un dito a difesa dei Paesi invasi da Hitler; si mosse solo quando fu costretta a difendersi, non per uno slancio libertario democratico e generoso a favore di altri. Subì molti morti: ma larga parte di quei morti caddero per la difesa della loro Patria, non per quella di altri. Questa è la pura, unica e vera realtà storica, per quanto esposta succintamente ed in modo “amatoriale”, da non-specialista. Perciò, la ripetizione “campanilistica” (in senso politico) dei “milioni di morti” e del “fondamentale contributo per la vittoria sul nazismo” (che nessuno nega, come d’altronde nessuno può negarlo per gli altri Paesi alleati) avanzata da alcune aree politiche è retorica ed anche falsa, perché non tiene conto del reale svolgimento dei fatti storici. P.S.: Analoga osservazione, per onestà storica, vale per gli Stati Uniti, che si mossero contro la Germania solo dopo l’attacco, inaspettato e per loro disastroso, di Pearl Harbor, del 7 dicembre 1941: per 27 mesi dunque, dall’invasione hitleriana della Polonia, gli Stati Uniti si erano guardati bene dall’intervenire contro la Germania, e lo fecero solo quando questa, alleata al Giappone, portò la guerra nel Pacifico, quindi al fine precipuo di difendere sé stessi dall’aggressione nippo-tedesca. E gli americani vennero in Europa non allo scopo di difendere la sua democrazia e libertà, ma per aprire un altro fronte contro la Germania. Poi andò come sappiamo, per fortuna di noi tutti.
Franco Bianco il 27 Settembre 2019 alle 10:14 Rispondi Barbara Spinelli – ben nota alla sinistra “radicale”, che si raccolse intorno a lei nelle elezioni europee del 2014, formando il soggetto politico che fu denominato “L’altra Europa con Tsipras” (Spinelli ne fu una delle figure di maggior riferimento) – esprime in molti luoghi del suo libro “Il sonno della memoria. L’Europa dei totalitarismi” (Mondadori 2001) critiche durissime al «privilegio di cui si è avvalso il totalitarismo comunista: privilegio dell’indulgenza, se non dell’oblio» (pag. 9). Ed ancora: «La memoria che resta all’erta sul fascismo e si addormenta sul comunismo ha finito con l’intorbidare ogni esercizio mnemonico e autocritico………» (pag, 13). Fra le molte altre cose, Spinelli ricorda «….quel che accadde nella foresta di Katyn, presso Smolensk, nell’aprile ’40: il massacro su ordine di Beria e Stalin dell’élite militare della Polonia (4500 ufficiali, prigionieri dal ’39 in tre campi russi, freddati con un colpo di pistola alla nuca e senza processo, cui vanno aggiunti altri 10.500 militari fucilati a Piatikatki e Tver). Massacro contrabbandato per decenni come crimine nazista – nonostante le prove che il governo polacco in esilio aveva messo a disposizione delle democrazie fin dal 1943 – e le cui responsabilità sono state ammesse dai sovietici solo in era gorbacioviana, nell’aprile del ’90. Il complice silenzio degli occidentali su Katyn (Winston Churchill era convinto che gli assassini fossero i sovietici, ma tacque) è il fondamento immorale su cui si basò la spartizione dell’Europa negoziata a Jalta» (pag. 154). La Storia è stata e non può essere né cambiata né ignorata.
Franco Bianco il 27 Settembre 2019 alle 08:56 Rispondi Da “La rivoluzione globale. Storia del comunismo internazionale 1917-1991”, di Silvio Pons (Einaudi 2012): «Stalin formulò una visione strategica che rivelava obiettivi geopolitici espansionistici dell’URSS nell’Europa centro-orientale. Tali obiettivi potevano trovare interlocutori a Berlino, non a Londra. Il patto di non-aggressione concluso da Stalin con Hitler il 23 agosto 1939 prevedeva nei suoi protocolli segreti, in sostanza, la spartizione della Polonia e una sfera d’influenza nel Baltico. Una settimana dopo Hitler poté attaccare la Polonia e scatenare la Seconda guerra mondiale. Il 17 settembre, mentre la macchina bellica tedesca travolgeva le difese della Polonia, l’URSS invase la parte orientale del paese, come era previsto nel patto. Il 28 settembre l’URSS e la Germania strinsero un trattato di amicizia, che sanzionava la spartizione della Polonia e prevedeva una nuova ripartizione delle sfere d’influenza assegnando a Mosca, oltre alla Lettonia e all’Estonia, anche la Lituania. Oggetto di interminabili polemiche politiche e storiografiche, il patto costituiva in realtà l’esito di una condotta che Stalin aveva tenuto da alcuni anni……l’opzione per l’alleanza con Hitler non fu il risultato di un’improvvisazione e di una neccessità………..il patto segnava l’inizio di una nuova fase nella storia dello Stato sovietico e del suo ruolo internazionale. Tenuto all’oscuro della trama reale della politica estera sovietica, il gruppo dirigente del Comintern si trovò all’improvviso a fare i conti con la liquidazione dell’orientamento antifascista……..La nuova svolta del Comintern generò però smarrimento e confusione persino nel suo gruppo dirigente, oltre che, come era inevitabile, tra i partiti comunisti europei………La svolta provocò fra i comunisti europei sconcerto e disagio…………….L’antifascismo del tempo di pace era naufragato……..Il patto con Hitler fu l’espressione internazionale del culto della potenza e dell’idolatria dello Stato in URSS» (pagg. 118-127, passim). Sivio Pons (Firenze, 1955) è dal 2018 docente ordinario di Storia Contemporanea alla Normale di Pisa e Presidente della Fondazione Istituto Gramsci. NOTA: All’epoca del “patto”, 1939, Hitler era già Fuhrer da oltre 5 anni (e cancelliere da oltre 6) ed aveva già manifestato la sua natura sanguinaria. Ad esempio: il 23 marzo 1933 il Reichstag gli aveva concesso un potere dittatoriale con il cosiddetto “Decreto dei pieni poteri”, che concentrava nella sua figura sia il potere legislativo che quello esecutivo, così che egli potesse promulgare leggi senza l’approvazione del Parlamento; il 15 settembre 1935 c’era stata la promulgazione delle Leggi di Norimberga, che privavano i tedeschi ebrei o di origine ebraica del diritto di cittadinanza e ne decretavano l’espulsione da tutti gli uffici pubblici e dalle attività economiche; il 7 Marzo 1936 la Germania nazista aveva occupato la Renania; il 26 aprile 1937 aerei della Luftwaffe e dell’aviazione italiana avevano raso al suolo la città basca di Guernica; nel Marzo 1938 la Germania aveva annesso l’Austra (Anschluss); il 9-10 novembre 1938, nella “Notte dei cristalli”, le SS avevano preso d’assalto i negozi e le sinagoghe ebraiche in Germania e nelle regioni controllate dai nazisti, in una delle principali manifestazioni di odio antisemita; il 14-16 marzo 1939 la Boemia e la Moravia erano state occupate dai tedeschi e annesse al Reich. Che uno Stato “socialista” stringesse un patto con un Signore di tal genere non appare molto edificante per il primo: è evidente che si trattò di atti di politica di potenza, ben lontani da ideali “socialisti”. Ognuno può farsene una sua idea.