Nel 73 d. C. la fortezza di Masada – situata non troppo lontano da Gaza – segnò il tragico epilogo della Guerra Giudaica. I Romani cinsero d’assedio la fortezza, nei cui sotterranei si erano asserragliati gli zeloti ebraici in un estremo atto di resistenza. Nel Bellum Judaicum lo storico ebreo Flavio Giuseppe riferisce come il capo degli zeloti – prima che gli assedianti sfondassero le difese – incitò tutti a darsi la morte l’un l’altro. A chi titubava descrisse i tormenti che avrebbero subito se fossero caduti in mano romana; e cercò di consolarli garantendo loro l’immortalità dell’anima. Lo stesso Tito, futuro imperatore e amico dello storico, ebbe un moto di pietà davanti a quel sacrificio di massa.
I cunicoli sotto Gaza sono più estesi di quelli a Masada, ma la storia si ripete: stavolta sono gli ebrei ad assediare e gli zeloti musulmani ad essere assediati sottoterra. Come uscirne senza ulteriore spargimento di sangue? Una parte della risposta può offrirla Hezbollah. Il 12 luglio 2006 alcuni suoi combattenti al confine israelo-libanese uccisero due soldati israeliani e ne catturarono tre. Tsahal reagì bombardando per 34 giorni l’intero Libano, danneggiando gravemente 80 ponti, l’aeroporto, centinaia di strade, fabbriche, case; seminando bombe a grappolo sugli uliveti del sud; colpendo con precisione un edificio a Cana protetto dalla bandiera dell’Onu (60 vittime). Morirono in totale oltre 1000 civili libanesi e 4 caschi blu. Ma fece impressione a fine agosto la sbalorditiva confessione alla tv di Nasrallah, leader di Hezbollah: “Non immaginavamo che la nostra operazione avrebbe scatenato un conflitto di tale violenza. Chiedetemi: se l’11 luglio avessi previsto tutto questo, avrei dato il via libera? Risponderei di no, assolutamente no”. Nasrallah si sentiva in dovere di aprirsi ai libanesi con questa sorprendente confessione, in quanto capo di un partito che era (ed è) in Parlamento e nel Governo.
Ma c’è un’ulteriore spiegazione. Trovandomi sul posto e conoscendo Nasrallah di persona, mi fu agevole capire il perché del suo stupore (degno del bambino che nel film di Truffaut esclama “Se lo sapevi, non avrei venuto”). Tra Hezbollah e Tsahal, infatti, vigeva una tacita intesa, sempre rispettata: ad ogni tua azione bellica risponderò a tono, ma senza alzare il livello dello scontro oltremisura. Nel 2006, invece, Israele ruppe l’intesa reagendo con violenza assolutamente sproporzionata. Da allora Hezbollah decise di dotarsi di armamenti ben più sofisticati, che ora sono stipati nelle forre profonde della valle del Litani, dove solo una bomba atomica potrebbe eliminarli.
Nell’attuale conflitto di Gaza Hezbollah non vuole entrare; si limita a tenere occupate forze di Tsahal al nord per alleggerire il peso dell’assedio a sud. Ma a Hamas potrebbe offrire un consiglio. Il 7 ottobre Hamas ha dato libero sfogo ai peggiori istinti di alcuni suoi combattenti, che hanno violato i tassativi divieti coranici di uccidere donne e bambini, e dissacrarne i corpi. Se Hamas recepisse il consiglio condannando apertamente quei crimini di guerra, mostrerebbe al mondo di saper fare significativi passi avanti verso la umanizzazione del conflitto. In palese contrasto con la spietatezza degli assedianti.
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