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È permesso raccontare la tragedia israelo-palestinese sine ira ac studio? E’ lecito esaminare le ragioni dell’uno senza trascurare le ragioni dell’altro? Finora, la potenza comunicativa di Israele non ha lasciato molto spazio alle “ragioni dell’altro”.

In Medio Oriente non si va lontano se s’ignorano i fondamenti del diritto islamico, in cui primeggia il principio sacrale della hudna, la tregua. Per fermare una guerra si pattuisce una hudna, che può essere tawìla (lunga) o qasìra (breve). Non osservare un principio sacro equivale a uno spergiuro, quindi a mettersi fuori dalla umma al-islamyya, la comunità musulmana. Essendo vincolata a un giuramento, la hudna è sempre stata rispettata nell’Islam, salvo violazioni della controparte. Come lo erano le “tregue di Dio” nel Medioevo cristiano.

Storiche sono quelle concordate durante le Crociate. Nella rovinosa battaglia di Hittìn (1187) il Saladino aveva catturato Guy de Lusignan, re di Gerusalemme, e Renaud de Châtillon, signore della rocca di Karak in Giordania. Di costui si sa che, mentre vigeva una hudna, era passata sotto Karak una carovana egiziana diretta alla Mecca. Renaud de Châtillon l’aveva rapinata e tratteneva in ostaggio i pellegrini. A chi gli opponeva la sacralità della hudna e del hajj, ribatté beffardo: «Dite al vostro Maometto che vi salvi». Il Saladino, informato del fatto, gli mandò a dire di liberarli; al suo rifiuto fece voto di ucciderlo di suo pugno alla prima occasione. L’occasione giunse presto, appunto sul campo di Hittìn. Ecco la cronaca di Bahà’ ad-Din, testimone oculare della scena. «Saladino comandò che venisse al suo cospetto con il re, Guy de Lusignan. Lamentandosi il re per la sete, il sultano gli offrì una coppa di sorbetto. Il re ne bevve e la porse a Renaud. Ma Saladino lo fermò dicendogli: “Sei tu che gli dai da bere; io non gli do da bere né da mangiare”. Dopo di che si alzò e decapitò Renaud di sua mano, adempiendo al voto». Tre mesi dopo conquistò Gerusalemme senza spargere sangue cristiano.

La sacralità della hudna ha sfidato i secoli. Nel 1971, al ritiro degli inglesi dal Golfo nacquero gli Emirati Arabi Uniti (chiamati appunto Stati della Tregua): sette emirati si federarono sulla base di una Costituzione comune e di una hudna tawila, quinquennale e rinnovabile. Oggigiorno, nel moltiplicarsi di spinte divisive (ex-Urss, ex-Jugoslavia, Sudan, Brexit), gli Emirati Arabi Uniti rappresentano un esempio di tenuta in controtendenza. E colpire in Qatar i negoziatori di Hamas – come accaduto giorni fa – costituisce una gravissima violazione del principio stesso di hudna, che infatti ha risvegliato la Lega Araba dal suo prolungato torpore.

Il 25 gennaio 2006, d’accordo con Israele, si erano indette libere elezioni in Cisgiordania e a Gaza; le vinse clamorosamente il partito di Hamas (74 seggi contro 45 seggi per al-Fatah). Tutto si era svolto senza brogli, come certificato dagli osservatori internazionali. Per l’occasione Hamas aveva dichiarato una tregua unilaterale e proposto a Israele una hudna tawìla (lo stesso fece Hezbollah in Libano, in appoggio a Hamas). Non era la prima volta, nel 2004 Hamas ne aveva già offerto una decennale. Era stato il suo capo carismatico, Ahmed Yassin, paralitico dalla nascita, a suggerire fin dal 1993 delle tregue che portassero almeno a un armistizio, se non alla pace. Furono sempre rifiutate da Israele e a sottolineare meglio il rifiuto, il 22 marzo 2004 un elicottero inviato sopra Gaza fulminò sulla sedia a rotelle Yassin con nove fedeli all’uscita dalla moschea dopo la preghiera del tramonto. Hamas non perdonerà mai quell’assassinio, che spiegherà in parte anche l’orribile “sbocco di sangue” del 7 ottobre.

Intanto, su pressione d’Israele, gli USA e l’UE si arrampicavano sugli specchi per rigettare il responso delle urne nel 2006. A Hamas non restò che revocare la tregua unilaterale e altrettanto fece Hezbollah in Libano. Démocratie à la carte? È ciò che mi fece notare Nasrallah, il leader di Hezbollah, quando lo incontrai per l’ultima volta dopo la guerra scatenata da Israele nell’estate del 2006. In quell’incontro Nasrallah mi giurò che Hezbollah non avrebbe mai tradito l’ospitalità offerta ai nostri “caschi blu” nel sud del Libano. E così fu: il contingente italiano in UNIFIL non è stato mai messo in pericolo da Hezbollah.

Intanto, alla faccia dei tentativi di tregua prospettati da mediatori volenterosi, quasi ogni anno si abbattevano su Gaza valanghe di fuoco dagli appellativi altisonanti: Arcobaleno – Giorni di Penitenza – Prime Piogge – Attacco Illuminante – Piogge d’Estate – Inverno Caldo – Piombo Fuso – Pilastro di Difesa – Margine di Protezione. Migliaia di vittime e mai una proposta di tregua da parte d’Israele. Ma nel medesimo tempo Netanyahu faceva transitare fondi dal Qatar a Gaza, al subdolo scopo di allargare le crepe tra Hamas e al-Fatah. Incredibile a pensarci, ma nessuno ebbe mai a ridire contro questa “perversione” mediorientale né a chiedersi come venivano spesi quei soldi… tanto sicuri erano l’IDF e il Mossad di poter controllare quella “prigione a cielo aperto” senza bisogno di negoziare tregue.

Dopo il 7 ottobre 2023 la Striscia di Gaza è stata bombardata ogni giorno, salvo le poche settimane di tregua da gennaio scorso fino al 18 marzo, giorno in cui Israele interruppe la tregua per l’ultima volta. Il colpo di grazia alle speranze di pace è stato inferto da Netanyahu, disposto a ogni bassezza pur di sfuggire alla giustizia israeliana e ora anche a quella internazionale. Ma lui, laico finché gli conveniva, ora sventola il passo biblico estratto dal Primo Libro di Samuele per paragonare i palestinesi agli Amalekiti, un popolo nomade del Negev che – stando alla Bibbia – aveva contrastato Israele ed era stato sterminato: “Così dice il Signore degli eserciti. Ho considerato ciò che ha fatto Amalek a Israele. Va’ dunque e colpisci gli Amalekiti, non lasciarti prendere da compassione per loro. Uccidi uomini e donne, bambini e neonati, buoi e pecore, cammelli e asini” (Samuele, 15). Così è.

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