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Senza la parola
per l’essere umano
non v’è giustizia
e senza giustizia

non v’è mondo.

L’aporia

L’aporia è la seguente: non si può armare la giustizia, perché la guerra – la violenza – è sempre ingiusta. Si deve avere la capacità, la forza, di disarmare l’ingiustizia.

Questa aporia ha generato il mostro concettuale della guerra giusta. Un mostro giustificato dall’uso della forza, non dal senso del diritto. Ma l’uso della forza finisce per dare motivo alle armi dell’ingiustizia di trovare a loro volta una loro giustificazione.

La motivazione della guerra ingiusta consiste sempre nel fondare il diritto nella forza e nel negare la possibilità di cercare nella giustizia il fondamento del diritto. Questa affermazione e questa negazione non si appellano a dei principii, si fondano sui fatti e producono fatti.

Ma dopo l’approvazione, da parte dell’ONU, il 10 dicembre 1948, della Carta universale dei diritti umani, questi fatti non sono più sufficienti a nascondere l’aporeticità della situazione nella quale si trova l’umanità di fronte alla guerra.

La consapevolezza di questa aporia è divenuta, così, inevitabile. Una inevitabilità che, da un lato, sembra esserci sempre stata, ma, dall’altro, rende invece la situazione nella quale si trovano i singoli popoli e l’umanità nel suo insieme, radicalmente diversa.

Non v’è più, infatti, soltanto l’orrore della guerra, della violenza, dell’ingiustizia sia in pace che durante i conflitti, ma anche la consapevolezza dell’assurdità di tutto questo. La consapevolezza della sua disumanità.

Si ha un bel dire che tutto questo c’è sempre stato. Tante cose ci sono sempre state che l’intelligenza umana è riuscita a superare; perché questo appare e deve considerarsi insuperabile? Perché le armi dell’ingiustizia debbono sembrare ed essere più forti della ricerca della giustizia, della felicità di tutti gli esseri umani? Perché non si può rendere la giustizia più forte dell’ingiustizia?

Questa situazione rende presente, nell’attuale momento storico, qualcosa di diabolico che sfugge alla ragione e all’intelligenza, mettendo al primo posto nella realtà quotidiana non la verità e la bellezza, ma la follia nella quale consiste la loro mancanza. Questa follia assume l’aspetto della violenza in tutte le sue forme, compresa quella della guerra. La guerra anzi, in tutte le sue manifestazioni e con tutti i suoi mezzi di distruzione, di questa violenza è come la sintesi e il vertice.

Perché da troppo tempo la forza è l’arma dell’ingiustizia, e l’ingiustizia non è il contrario della giustizia, ma la sua privazione, la sua mancanza.

D’altro lato: se l’ingiustizia non è il contrario della giustizia ma la sua privazione, non è armando la giustizia che si può superare l’ingiustizia, perché la violenza è una delle più gravi manifestazioni dell’ingiustizia. Si deve disarmare l’ingiustizia: riconoscerla e disarmarla.

Ma l’ingiustizia, armata, si proclama giustizia e afferma di uccidere giustamente. Afferma, anzi (e questa è la peggiore delle sue infamie) che tutti gli ingiusti devono essere uccisi. Ma gli ingiusti, in questo caso, sono coloro che, con armi impari, cercano di opporsi all’ingiustizia.

Questa, ho scritto all’inizio, è l’aporia, ovvero una strada senza uscita, senza sbocchi, senza promessa di liberazione. Perché l’essere umano, essendo l’animale che parla, è anche l’animale aporetico, che trova nella parola non soltanto la luce della verità, ma anche il buio dell’aporia. E l’aporia può portarlo all’autodistruzione, come la verità e la bellezza possono renderlo, invece, felice.

Gaza

Resistono i palestinesi
per non morire
e muoiono per resistere,

ostaggi semiti,
ebrei e palestinesi,
nello stesso

campo di sterminio.

Equinozio d’autunno 2025

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