Il partito come strumento della creazione di un contesto di autonomia della politica rispetto all’economia e cioè di un contesto ove la politica possa esprimere una forza condizionante nei confronti dell’economia
ovvero Stato e partiti non sono stelle morte, non sono parole che rimbombano nel vuoto, echi di voci che non ci sono più
1.- Ci sono momenti in cui gli studiosi non possono parlare di problemi che rientrano nel loro specialismo a partire dallo specialismo stesso, e cioè rimanendo chiusi nelle loro conoscenze professionali, per quanto dilatate fini ai principi primi della scienza che essi praticano. Sono momenti in cui lo “specialista” è costretto a partire da quelle scelte, o scommesse, iniziali e semplici sulle cose “penultime” che orientano tutta la sua attività di studio perché sono la fondazione e la ragione intima della sua visione del mondo e della sua vita; il senso del suo lavoro di fronte ai fatti e di fronte a se stesso. Sono decisioni, scommesse, più o meno consapevoli, e quindi quel “partire” è più propriamente un ritornare, chiarificando e portando a piena coscienza. Ciò accade quando i singoli problemi appaiono immersi in un contesto di radicali incertezze sulla loro stessa rilevanza; o quando si è assaliti dalla “tempesta del dubbio” circa il lavoro che si sta perseguendo sul piano del metodo scientifico o su quello del suo significato morale; o, come è il caso di oggi – per quanto riguarda il discorso sulle istituzioni politiche del nostro paese (e della deriva che le accomuna al più ampio contesto delle democrazie occidentali) – quando i problemi, dovuti al degrado rispetto al modello sul quale lo studioso si è formato, sono sovrastati dalla percezione dell’inutilità e dell’impotenza del lavoro intellettuale, e dunque dalla tentazione della disperazione, dell’abbandono di una causa che appare irrimediabilmente persa, dell’exit. Occorre – in quest’ultimo caso – stringere i denti per decidere di rimanere fedeli all’idea che “No man is an Iland, intire of it selfe; every man is a peece of the Continent, a part of the maine”; per interpretarla in modo oblativo (cosa che di per sé potrebbe anche non essere) e per decidere di continuare ad ascoltare la campana, di pensare che suona per me, e di insistere nell’operare affinché possa, per quanto imperfettamente, inverarsi un modello di vita diverso da quello che l’oggi sta preparando: dal punto di vista delle scelte pubbliche, diverso in quanto non totalmente dominato dall’estremo spencerismo (più che darwinismo) sociale, dall’espulsione della basiliché techne dall’ambito delle attività umane, in nome di un radicale laissez-faire che ricompensa solo i più adatti; dal punto di vista delle speranze private, diverso in quanto capace di risarcirci, almeno in parte, dei vent’anni disgraziati che abbiamo alle spalle, e che abbiamo irrimediabilmente persi. Un risarcimento che dovrebbe iniziare fin dal momento della messa in opera dei mezzi destinati a realizzarlo, perché ciò che veramente qualifica il lavoro “di sinistra” sono i mezzi attraverso i quali si svolge: la solidarietà morale e intellettuale, la comune speranza, la reciproca fiducia … 2.- Riflettere sull’attuale condizione dei partiti italiani – dato l’angoscioso presente – pone in questa condizione; richiede questo “più di motivazione” che impedisca l’exit. Diamo per ammesso che sia stato trovato sul piano morale. Ma prendiamo anche atto che un potente richiamo a valorizzare il ruolo della politica come attività insostituibile viene dall’attuale situazione complessiva dei paesi occidentali, che offre uno scenario nel quale la prospettiva sistemica della sufficienza della mano invisibile e la prospettiva individuale di “cavarsela da soli” è definitivamente tramontata. L’etica del free rider come forma di possibile etica pubblica è naufragata. L’insicurezza – la paura – richiede risposte generali. D’altro lato, nel dopo Cristo di Marchionne, gli spazi per una prosecuzione del compromesso socialdemocratico si sono chiusi. Non esiste più un interesse del mondo industriale ad investire in modo crescente nel territorio statale, e conseguentemente ad impedire che tale investimento produca – in una situazione di tendenziale piena occupazione – tensioni salariali considerate insostenibili; e dunque a sostenere lo scambio tra moderazione salariale e servizi universali (attuatori peraltro di una razionalità trascendente la razionalità economica che ne forniva la base materiale e la giustificazione immediata). Gli effetti redistributivi che il compromesso socialdemocratico aveva generato potranno essere mantenuti solo attraverso la forza della politica, senza più la “base economica” che quel compromesso forniva. Leggi tutto: partito_dogliani.pdf.
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