Nelle ultime settimane il Governo ha ripreso a produrre un numero significativo di decreti legge e altri ne sono già stati annunciati. In molti casi queste misure stanziano fondi a favore di istituzioni, imprese e cittadini.
Spesso però le risorse messe a disposizione con gli atti aventi forza di legge necessitano di ulteriori indicazioni per poter essere erogate ai soggetti beneficiari. Tali indicazioni solitamente sono contenute nei cosiddetti decreti attuativi.
La mancanza di queste norme di secondo livello di fatto fa sì che le risorse già stanziate rimangano solo sulla carta e che i soggetti beneficiari non ne possano usufruire. Nonostante il lavoro fatto negli ultimi anni per cercare di smaltire l’arretrato, alla data del 20 aprile erano ancora più di 400 i decreti di questo tipo che mancavano all’appello. Valore peraltro in aumento rispetto allo scorso febbraio. In molti casi questi atti rappresentano un indispensabile passaggio propedeutico per l’assegnazione dei fondi stanziati.
Nella maggior parte dei casi la pubblicazione di questi atti ricade sotto la responsabilità dei ministeri. Il monitoraggio di questa dinamica è quindi un elemento molto importante per valutare l’azione del governo. In questo senso l’aumento dei decreti attuativi richiesti e non ancora pubblicati rappresenta un campanello d’allarme che non deve essere sottovalutato.
Quanti sono i decreti attuativi mancanti
Ma quanti sono in totale i decreti attuativi che mancano all’appello? Grazie alle informazioni fornite dall’Ufficio per il programma di governo (Upg), sappiamo che alla data del 20 aprile scorso il totale delle attuazioni richieste, tenendo conto anche di quelle “ereditate” dalla precedente legislatura, era arrivato a 1.975. Quelle già adottate risultavano essere 1.496.
I decreti attuativi richiesti dalle norme varate dal governo Meloni sono in totale 210. Di questi 173 devono ancora essere pubblicati. La quota più consistente di attuazioni che devono ancora essere emanate però risale a norme varate dal governo Draghi (221) mentre 85 sono eredità dei due governi Conte.
Purtroppo i dati tornano indietro solo fino alla precedente legislatura. Tuttavia una relazione (aggiornata al 30 marzo) predisposta recentemente dallo stesso Upg ci dice che rimangono ancora da adottare anche dei provvedimenti legati a norme risalenti alla XVII legislatura (2013-2018). Alla data di insediamento dell’attuale esecutivo questo stock di provvedimenti ancora da adottare ammontava a 44 unità. Alla data del 30 marzo, ne erano stati smaltiti soltanto 2.
L’esplosione dei decreti attuativi
Come anticipato, il numero totale dei decreti attuativi che mancano all’appello è in aumento rispetto alla nostra ultima rilevazione. Alla fine di febbraio infatti i provvedimenti di secondo livello che risultavano ancora da adottare erano 470 in totale (escludendo dal conteggio i 44 risalenti alla XVII legislatura di cui non si hanno informazioni dettagliate). Dopo circa due mesi, alla data del 20 aprile, questo numero è cresciuto di 9 unità. Ciò nonostante che nello stesso periodo i vari ministeri coinvolti abbiano emanato diverse decine di provvedimenti.
Questo è dovuto al fatto che nel periodo intercorso sono stati prodotti nuovi atti aventi forza di legge. In particolare le nuove leggi approvate in questo periodo sono state 9 di cui 6 conversioni di decreti legge, una legge delega, una ratifica di un protocollo internazionale e l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. Senza dimenticare che altri 6 decreti legge devono completare l’iter di conversione.
A ciò si deve aggiungere che, durante l’iter di approvazione di una norma, deputati e senatori possono prevedere l’introduzione di misure ulteriori rispetto a quelle previste dall’esecutivo. Spesso però si rimanda al dicastero di competenza la responsabilità di individuare le modalità di attuazione di tale norma.
Il numero di nuove attuazioni richieste ha quindi superato la capacità dei singoli ministeri di smaltire gli arretrati.
Risorse bloccate
Un elemento particolarmente rilevante quando si parla di decreti attuativi è quello delle risorse già stanziate ma che non possono essere erogate a causa della mancanza di tali atti. Infatti governo e parlamento possono prevedere dei fondi a favore di determinate categorie di soggetti (altre istituzioni, enti locali, imprese, cittadini colpiti da calamità naturali e via dicendo). In questi casi però spesso le risorse per poter essere effettivamente erogate necessitano di indicazioni ulteriori.
Ai decreti attuativi è demandato il compito di individuare, ad esempio, le modalità di selezione dei soggetti beneficiari delle risorse e anche come queste dovranno essere erogate. Senza tali indicazioni l’ammontare di fondi messo a disposizione di fatto rimane solo sulla carta.
In base alle informazioni disponibili alla data del 20 aprile, i fondi già stanziati ma che risultano inutilizzabili a causa della mancanza dei decreti attuativi ammontano a circa 17 miliardi di euro. Considerando le varie norme che risultano avere risorse bloccate, possiamo osservare che quella più rilevante è la legge di bilancio per il 2023. In questo caso i fondi non erogabili per il momento ammontano a circa 5,7 miliardi di euro. C’è da dire che in questo caso la norma è relativamente recente, di conseguenza è probabile che molte attuazioni saranno emanate nei prossimi mesi.
Al secondo posto troviamo il decreto aiuti ter che vede un ammontare di circa 2 miliardi di euro ancora da sbloccare. Al terzo posto invece il decreto infrastrutture e mobilità sostenibili risalente al governo Draghi. Una misura che, oltre a riorganizzare la struttura ministeriale, prevedeva anche investimenti consistenti per il recupero del divario infrastrutturale, con investimenti specie nel mezzogiorno.
A livello di singoli decreti attuativi, possiamo osservare che ce ne sono 6 tra quelli che ancora mancano all’appello che bloccano complessivamente risorse per almeno un miliardo di euro.
Tra questi il più consistente è un decreto di competenza del ministero dell’università che avrebbe dovuto stabilire termini e modalità di riparto delle risorse, pari a circa 2 miliardi di euro, per la realizzazione di nuovi posti letto in alloggi o residenze per studenti universitari. Misura peraltro finanziata con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il secondo intervento più consistente mancante è relativo al già citato Dl infrastrutture. In questo caso la responsabilità è della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero per il Sud e la coesione territoriale che avrebbero dovuto emanare un decreto con i criteri per la selezione di interventi su strade, autostrade, ferrovie, porti e aeroporti. L’individuazione di tali criteri è propedeutica all’assegnazione di risorse pari a 1,4 miliardi. Tale atto era atteso entro la fine di marzo ma ancora manca all’appello.
Il terzo decreto attuativo più consistente in termini di risorse bloccate è di responsabilità del ministero delle imprese e del made in Italy e riguarda l’indicazione dei criteri e delle modalità di riparto del fondo istituito per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative. Anche in questo caso il termine per l’attuazione è già scaduto. Tali indicazioni infatti erano attese entro l’1 aprile. In questo caso i fondi bloccati ammontano a 1,15 miliardi di euro.
Attuazioni già scadute
Come abbiamo visto nel precedente paragrafo, in alcuni casi il parlamento, durante l’iter di approvazione di una norma, può disporre che il dicastero responsabile per una certa attuazione emetta l’atto richiesto entro uno specifico limite di tempo.
Purtroppo tale indicazione non sempre viene rispettata. Questo però non comporta nessuna conseguenza negativa per la struttura inadempiente che quindi non ha nessuno stimolo a velocizzare le procedure. Ciò a meno che non vi sia una spinta in questo senso dalla componente politica del ministero.
Da questo punto di vista possiamo osservare che dei 479 decreti attuativi che ancora mancano all’appello, 239 prevedevano un termine di scadenza. Per 180 attuazioni questa è già sopravvenuta. In alcuni casi il ritardo accumulato è anche di anni. Tra i decreti attuativi ancora da pubblicare infatti 4 avevano una scadenza fissata nel 2019, 11 nel 2020 e 22 nel 2021. Per quanto riguarda i provvedimenti emanati dal governo attualmente in carica invece i decreti attuativi il cui termine per la pubblicazione è già scaduto sono 48.
Queste risorse sono vincolate dalla mancanza di 61 decreti attuativi che avrebbero già dovuto essere pubblicati.
I ministeri coinvolti
Un ultimo elemento interessante da analizzare riguarda quanto i singoli ministeri sono coinvolti nella pubblicazione dei decreti attuativi. Da questo punto di vista, la struttura a cui è richiesto il maggior numero di attuazioni è il dicastero dell’Economia (Mef, 296), seguito dai ministeri delle Infrastrutture (Mit, 218), dell’Interno (156) e della Salute (152). Il numero più consistente in termini di attuazioni ancora da smaltire però è in capo al Ministero dell’Ambiente (69). Seguono Mef (63) e Mit (61).
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GRAFICO
Ambiente, economia e infrastrutture devono ancora pubblicare più di 60 attuazioni
Lo stato di pubblicazione dei decreti attuativi di competenza di ogni ministero
CODICE EMBED
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FONTE: elaborazione openpolis su dati ufficio per il programma di governo
(ultimo aggiornamento: giovedì 20 Aprile 2023)
Se però si considera la percentuale di attuazioni ancora da adottare rispetto al totale di quelle richieste a ogni dicastero, notiamo che la struttura meno efficiente è rappresentata dai diversi uffici e dipartimenti della Presidenza del Consiglio che fanno riferimento al ministro per il Sud, gli Affari europei, la Coesione territoriale e il Pnrr Raffaele Fitto. In questo caso infatti nessuno dei 7 decreti attuativi richiesti è stato ancora pubblicato.
Al secondo posto troviamo il già citato Ministero dell’Ambiente (51,5% di attuazioni ancora da pubblicare rispetto a quelle richieste). Seguono dipartimento per lo Sport (40,5%) e Ministero della Giustizia (39,3%). Da notare che 31 decreti attuativi richiedono la compartecipazione di più dicasteri. In questo caso quelli che ancora mancano all’appello sono 13, pari al 41,9% del totale.
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