Articolo pubblicato su “Fuoricollana“.
Se le parole hanno un senso, gli Stati non sono i governi e le nazioni non sono gli stati. Israele è uno Stato ma la nazione israeliana non è il Governo che guida il suo Stato. Le accuse del Sudafrica al governo israeliano non sono un atto contro gli ebrei o contro lo Stato di Israele, che anch’essi non sono la stessa cosa. La richiesta del governo del Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia di adottare misure cautelari nei confronti di Israele affinché il suo governo non attui un genocidio a Gaza è stata accolta favorevolmente dalla Corte stessa.
L’ANC, razzismo e genocidio
Il procedimento per evitare un genocidio istituito dal governo del Sudafrica a guida African National Congress (ANC) è rivolto al governo di emergenza nazionale guidato da Benjamin Netanyahu e non contro gli ebrei, come afferma qualche scellerato. Proprio come Hamas non è il volto di tutto il popolo palestinese, il governo israeliano non riflette il volere di tutta la nazione, che comprende anche arabi, musulmani e cristiani, non ce lo dimentichiamo. Il governo d’emergenza israeliano, infatti, comprende tutta una serie di piccoli partiti espressione di una galassia di destre religiose invasate e pericolose per gli israeliani stessi oltre che per i palestinesi. L’opposizione di sinistra è piccola ma esiste in Israele ed è formata dai laburisti e dai comunisti di Hadash.
Il Sudafrica ha un governo guidato dall’ANC, il partito di Nelson Mandela, ovvero dell’africano più popolare del ventesimo secolo. L’ANC è un partito di sinistra, anche se lo è solo sul piano sociale e non più su quello economico, dato che dopo trent’anni al potere il Sudafrica è uno dei paesi africani con i più alti tassi di disuguaglianza e criminalità del continente. Ma il Sudafrica ha avuto una storia complessa, caratterizzata da uno degli esperimenti razziali più atroci della storia umana che va sotto il nome di apartheid, dalla lingua afrikaans dei primi coloni olandesi. Il sistema giuridico di apartheid, ovvero di separazione, era basato su un’ideologia razzista che voleva l’umanità organizzata secondo una gerarchia ai cui vertici vi erano i bianchi, poi le razze miste, poi gli asiatici e infine i neri africani. I neri erano considerati dalle leggi alla stregua di bambini senza una capacità giuridica piena. I neri non avevano gli stessi diritti dei bianchi e non avevano neanche gli stessi doveri dei bianchi. Ai neri, per esempio, non era concesso l’uso delle armi e per questo erano scevri dal servizio di leva. L’apartheid è stato un sistema giuridico che è durato formalmente dalla fine degli anni ’40 agli inizi degli anni ’90 del Novecento, ma il razzismo e lo sfruttamento schiavile che ne era erano il corollario ideologico ed economico hanno persistito dall’arrivo dei primi coloni europei nel Seicento.
Tra razzismo e genocidio esiste un legame diretto. Non vi può essere genocidio che non sia preceduto da ideologie e misure razziste. In altre parole il razzismo è l’anticamera necessaria di qualsiasi genocidio. Si tenga ben presente, inoltre, che la discriminazione razziale si fonda su accentuazioni molteplici e irrazionali delle differenze tra esseri umani che vanno dal colore della pelle alle preferenze religiose, dalla diversità linguistica a quella di genere, eccetera. Tali accentuazioni fungono spesso anche da base ideologica per lo sfruttamento economico di certi gruppi. Rivalse di tipo socio-economico possono anch’esse essere alla radice delle accentuazioni folli di presunte differenze culturali e razziali, come nel caso del genocidio in Ruanda nel 1994.
Politica israeliana alla deriva
La Convezione sulla prevenzione e la punizione dei crimini di genocidio (Convenzione sul genocidio) del 1948 è un trattato che ha lo scopo di “prevenire” e “punire” il genocidio. La storia dell’apartheid razzista e quella tragica degli ebrei, vittime dell’orribile olocausto nazi-fascista, fa di Sudafrica e Israele due naturali propugnatori della Convenzione sul genocidio. Appena la Convezione sul genocidio fu depositata presso il Segretariato Generale dell’ONU, il governo di Ben-Gurion fu uno dei primi a firmarla e il parlamento israeliano la ratificò nel 1950. Per questo, oggi, Israele non si sottrae al giudizio della Corte internazionale di giustizia sulla Convenzione. Il Sudafrica acquisisce la Convenzione sul genocidio per accessione solo nel 1998. Questo perché i governi bianchi e razzisti del Sudafrica, in quanto appunto razzisti, non potevano escludere a priori il genocidio come atto in extremis per liberarsi della popolazione nera, indesiderata e considerata dai più estremisti tra gli afrikaner bianchi come un fastidio e persino come un costo, mentre invece col loro lavoro sottopagato producevano ricchezza.
Per via di queste discriminazioni, i governi israeliani di sinistra dagli anni ’50 agli anni ’70 hanno appoggiato la lotta dei neri sudafricani e hanno sostenuto l’ANC. Ovviamente vi era anche un’affinità ideologica tra i partiti israeliani di sinistra e l’ANC dichiaratamente socialista. Tutto cambia negli anni ’70 e ’80, quando in Israele arrivano i primi governi di destra, Begin e Shamir. Israele si allontana dall’ANC, alleata dei comunisti sudafricani e sovvenzionata da URSS e Cuba, legandosi in tutto e per tutto con gli USA e il blocco occidentale, gli unici a non riconoscere la Palestina.
Inizia la storia che conosciamo, durante la quale Israele opprime e viene a sua volta attaccato – come oggi lo è stato da Hamas – per poi rispondere con atti punitivi sommari e collettivi nei confronti dei civili palestinesi ai quali rendono la vita un inferno. In Israele e in Palestina, le restrizioni della libertà di movimento e dei diritti di proprietà hanno cominciato così ad assomigliare ai modelli di discriminazione che qualsiasi nero sudafricano sopravvissuto all’apartheid poteva difficilmente accettare. Non si tratta proprio della stessa cosa, perché i neri non avevano attaccato militarmente i bianchi e quindi in Sud Africa, ovvero nel caso dell’apartheid, mancherebbe il casus belli che è a monte delle autogiustificazioni israeliane. Tuttavia, nell’estetica cupa dei fili spinati, dei muri e dei posti di blocco è possibile scorgere i segni evidenti di una pesante discriminazione mischiata al diritto all’autodifesa e alla sicurezza. L’ANC, che nasce per lottare contro la discriminazione razziale in Sudafrica, non può che stare con gli oppressi ovunque essi siano nel mondo. La disproporzione nel numero dei morti dal 1948 a oggi è la macabra prova che in questo caso gli oppressi e i discriminati siano i palestinesi in quanto arabi e musulmani. Essi sono coloro che non hanno l’appoggio del mondo ricco e potente; cioè di quello stesso mondo occidentale che per tanti anni, anzi secoli, ha fatto affari col Sud Africa bianco e ha sottomesso l’Africa con la schiavitù e il colonialismo.
La storia del rapporto tra governi israeliani e l’ANC è complessa. Un evento storico potrebbe servire a chiarirla: il viaggio in Israele di Nelson Mandela. Dopo avere intavolato dei colloqui di pace tra il presidente israeliano Ezer Weizman e il leader palestinese Yasser Arafat, a Johannesburg nel 1994, Mandela si recò per una visita di stato in Israele nel 1999 al fine di perorare la causa degli accordi che di lì a poco di sarebbero dovuti firmare a Camp David, negli USA. Erano anni dei governi a guida laburista in Israele. Mandela capiva bene che con la destra israeliana pace e giustizia non sarebbero masi state possibili. La ragione di tale convincimento derivava dalla semplice constatazione che, durante gli anni di apartheid, la destra israeliana non si è mai fatta problema alcuno nel collaborare con il Sudafrica razzista. Una siffatta attitudine mal si concilia con pace e giustizia. Per questo l’ANC ha sostenuto l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e ha ritenuto il blocco di sinistra israeliano come l’unico interlocutore credibile per una pace duratura nella ragione. Sbagliavano? Sbagliano?
A Camp David, nel 2000, gli accordi di pace saltarono con accuse reciproche, ma la responsabilità maggiore fu di Yasser Arafat. Infatti, la stragrande maggioranza dei palestinesi era a favore degli accordi; al contrario, i sondaggi tra gli israeliani rilevavano un basso consenso da quella parte. Il governo israeliano di Ehud Barak, a guida laburista, fu sfiduciato e mai più la sinistra si riprenderà da quella debacle non solo diplomatica. In Israele, la strada per l’estremismo della destra religiosa, dei coloni e dei nuovi immigrati era spalancata. Le conseguenze furono più discriminazioni, più razzismo, più colonizzazioni. Hamas salirà al potere a Gaza di lì a poco, senza più lasciarlo. Mandela, che fece della causa palestinese un punto rilevante della sua politica estera, si dovette rassegnare fino alla sua morte nel 2013. Il sostegno ad Hamas era e resta un elemento molto divisivo all’interno dell’ANC e non coincide certo con il sostegno unanime di cui godeva l’OLP. L’ideologia socialista dell’ANC è sempre stata fortemente secolarista e progressista sui temi sociali. Inoltre, l’ANC, Mandela e il Sud Africa non hanno mai messo in discussione il progetto sionista e il diritto di Israele ad esistere come stato indipendente.
Onorare la storia dei popoli discriminati
Durante la lotta contro l’apartheid, l’ANC, il sindacato dei neri e il Partito comunista sudafricano si fusero nella cosiddetta membership tripartita, chi era membro di uno dei raggruppamenti era automaticamente anche membro degli altri due. La regola è tuttora in vigore.
Il Partito comunista sudafricano è stato storicamente popolatissimo di sudafricani di origine ebraica. Infatti, gli ebrei sudafricani non erano tutti a favore del regime razziale che li favoriva in quanto bianchi. Mediamente più scolarizzati, molti di essi si affiancarono alla lotta dei neri, pagandone le conseguenze con la vita, la prigione e l’esilio. Un solo esempio di questo coinvolgimento, tra gli innumerevoli, fu quando Mandela venne arrestato nel 1962. Nella retata finirono anche Goldberg, Bernstein, Wolpe, Kantor e Goldreich. La difesa di Mandela e degli altri imputati al famoso processo di Rivonia era guidata da Joel Joffe e Bram Fischer e l’attorney per Mandela era Nat Levy. Tutti erano di origine ebraica, quasi tutti comunisti.
Antisemitismo e islamofobia non hanno spazio nell’ANC, ma neppure ce l’ha l’estremismo religioso. Per questo Hamas non gode dello stesso sostegno della vecchia OLP e per questo l’attuale governo israeliano di estrema destra è ritenuto capace di crimini contro l’umanità, ragione per la quale il Sudafrica lo ha portato davanti alla Corte internazionale di giustizia. Portare all’attenzione della suprema Corte dell’ONU i fatti di Gaza è stato un atto dovuto per un partito e un governo con quella storia. La Corte ha dato loro ragione.
Non vi è motivo alcuno affinché Israele e Sudafrica siano nemici a priori. Questi popoli sono chiamati per loro stessa storia a farsi portatori della lotta alle discriminazioni e ai genocidi. La storia che ha portato alla vicenda giudiziaria presso la Corte internazionale di giustizia insegna. Primo, non Israele, non gli ebrei di Israele, non gli israeliani tutti, ma il governo e la classe politica al potere in quel paese non sembrano all’altezza di poter onorare il compito di debellare la discriminazione e il genocidio, sofferto anche dai loro antenati. L’assenza di una volontà di pace e di giustizia è proprio quello che caratterizza l’estremismo di destra israeliano contro il quale si oppongono le piccole formazioni di sinistra israeliane, che andrebbero ascoltate e sostenute di più da tutte e tutti coloro che hanno a cuore i valori universali sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani e ribaditi nella Convenzione sul genocidio. Secondo, il governo sudafricano dell’ANC ha mostrato più maturità e capacità di quello israeliano attuale di tenere viva e alta la fiaccola della lotta ai razzismi e ai conseguenti genocidi. Lo ha fatto perché una volta al potere non ha lavato il sangue delle sorelle nere e dei fratelli neri con quello dei bianchi e non ha usato la vendetta come arma di giustizia, bensì la riconciliazione.
La giustizia universale prima di tutto
Il governo del Sudafrica si è distinto fra tutti a livello mondiale per coraggio e per coerenza nel mettere in atto il principio di giustizia e di pace. Qualcuno potrebbe addurre che dietro la mossa ci siano motivi opportunistici e persino geopolitici. Forse l’essere una delle teste di ponte dei BRICS – il gruppo dei paesi emergenti che vogliono contrapporsi all’Occidente – potrebbe essere stata anch’essa una ragione che ha spinto il governo ANC a portare il caso dei morti di Gaza di fronte alla Corte internazionale di giustizia. Forse, ma sono necessarie due osservazioni. Primo, qualunque sia la ragione che abbia mosso il governo sudafricano a indicare quello israeliano come possibile colpevole di un nuovo genocidio non dovrebbe avere alcuna importanza per tutti i paesi firmatari della Convenzione. Secondo, la visione per la quale dietro alle azioni del Sudafrica vi sia la prosecuzione di un interesse geoeconomico parte da un presupposto sbagliato, ovvero quello della giustizia come atto punitivo. Punire il nemico. Ma si può punire con la giustizia? È una punizione quella di chiedere la fine delle atrocità?
Inoltre, è vero anche che il Sudafrica non ha certo brillato in coerenza quando si trattava di arrestare dei condannati dell’altra corte de L’Aja, quella penale, una volta che essi si trovavano a passare sul suo territorio (la Corte penale internazionale non è parte delle Nazioni Unite ma il Sudafrica ha scelto di partecipare al trattato di Roma che l’ha istituita). Anche in questo caso valgono le considerazioni di cui sopra.
La diatriba tra buonafede o malafede non può avere spazio alcuno di fronte a una guerra dei cacciabombardieri e dei carrarmati blindati contro migliaia di bambine e bambini. La Corte internazionale di giustizia ha parlato al mondo interno facendo notare come la situazione a Gaza sia a rischio di genocidio. Andando un poco più oltre, la vicenda dimostra ancora una volta come gli estremismi e i fanatismi di destra e religiosi pongano un rischio reale per l’umanità intera.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Nome *
Email *
Sito web
Do il mio consenso affinché un cookie salvi i miei dati (nome, email, sito web) per il prossimo commento.