Viviamo una strana, imprevista e dolorosa esperienza che ci fa pensare: abitiamo un mondo malato. Dalla natura maltrattata – o, chissà, da un laboratorio in cui si manipola la natura per fini inconfessabili – arriva un virus che sconvolge da più di un anno le nostre vite. La depressione è in agguato. Forse questo ci spingerà a guardare meglio che cos’è malattia intorno a noi e dentro di noi? A individuarne e scandagliarne i sintomi?
Ho pensato più o meno a questo quando, mentre provavo a scrivere qualcosa su tutt’altro, ho guardato e ascoltato il video di Beppe Grillo, postato da qualche ora. Le urla e i gesti rabbiosi con cui afferma la sua “sentenza”- “sono quattro coglioni, non quattro stupratori” – a proposito della vicenda giudiziaria in cui è incappato il figlio, con altri tre amici, accusati da una ragazza di averla stuprata, li ho percepiti come sintomi di una condizione morbosa.
Un disagio non riconosciuto e non elaborato. La prova evidente che nel mondo c’è stata una svolta, un taglio, un capovolgimento per cui non ha più senso, a proposito della dialettica dei sessi, parlare di “questione femminile”. Il problema oggi è una grave, profonda “questione maschile”. Definita, in parole approssimative, dall’incapacità di reagire in modo adeguato al fatto che la libertà delle donne nell’ultimo mezzo secolo ha cambiato l’ordine del discorso – e dei comportamenti – nelle nostre vite. Questione destinata a aggravarsi e a produrre, temo, nuove mostruosità, nuova violenza, se non vincerà una capacità di autocoscienza – certo inventando un percorso necessariamente diverso da quello seguito dalle donne – anche tra noi uomini.
Può esserci un’altra lettura, per certi versi opposta. Grillo ha agito del tutto “razionalmente”. Nel linguaggio violento che ogni tanto gli è proprio, mette in gioco tutto il potere e la forza dello statuto mediatico, e politico, che si è conquistato nel tempo, per condizionare effettivamente le decisioni dei magistrati. E per avvisare i giornalisti. Richiamati insieme nel titolo del suo show, tanto breve – meno di due minuti – quanto intenso.
Eppure non mi convince. Logica vorrebbe che questa specie di intimidazione favorisse semmai, sulla decisione dei magistrati, e forse nell’opinione pubblica, un effetto contrario.
Grillo mi sembra realmente alterato, non è solo una prova dell’attore comico, e il linguaggio che gli viene “naturale” – come molte e alcuni hanno già abbondantemente commentato – esprime tutta l’insopportazione maschile per una giovane donna che si permette di accusare suo figlio, con i suoi amici, per di più dopo otto giorni, di essere stato un violento. L’identificazione di sesso, oltre che genealogica, è totale: allora arrestate me!
È questo che è urgente, irrinunciabile comunicare, con la massima potenza. Ci sarà dietro pure il dolore paterno (e materno), ma ciò che si manifesta è rabbia e aggressività. La reazione di un corpo-mente maschile offeso in modo simbolicamente insopportabile.
Che questa uscita rischi di scombinare pericolosamente un passaggio politico assai delicato nella vita della sua creatura-movimento, sembra non impensierirlo per nulla. E le reazioni degli altri protagonisti nel teatro della politica mettono in scena altri comportamenti sintomatici. Il silenzio troppo lungo di Conte. E le sue troppe affaticate parole – rispetto alla sintesi fulminante di Grillo – per esprimere una qualche distanza. La solidarietà immediata di Di Battista, da padre a padre. Gli attacchi diretti e ripetuti di Renzi e Maria Elena Boschi, per dire al Pd: come puoi allearti con lui, con loro? E la dichiarazione minima, anch’essa un po’ tardiva, di Letta: “Sono frasi inaccettabili”. Il segreterio del Pd è il maschio che, appena catapultato da uno strano destino al vertice del suo partito, ha dovuto constatare: sono un uomo, è un problema. E correre, in modo più o meno discutibile, ai ripari.
L’incidente sarà riassorbito nel non semplice cammino del campo che dovrebbe esprimere una alternativa alle destre italiane?
La sintomatologia che osserviamo dice però che in gioco c’è una partita politica molto più importante del destino del sistema politico nostrano.
Quanto conta oggi, la parola di una donna?
Che il punto sia questo lo ha capito, a modo suo, Giuliano Ferrara, che ha legato il “caso Grillo” direttamente all’“essenza del Me-Too”, sia pure ridotto a “una specie di grillismo dell’onestà-tà-tà”. Anche il linguaggio di Ferrara rivela quando dura sia la sfida dei tempi cambiati. Lui crede alla versione di Grillo. Però lo sa, e lo dice, che per secoli le donne hanno dovuto sopportare le prevaricazioni del nostro sesso. Ma soprattutto ritiene “intollerabile” che tutto questo male patriarcale ora “si possa e si debba revanscisticamente rovesciare nel suo opposto”.
Oibò! Le donne facciano pure la loro rivoluzione, ma non dimenticheranno mica le buone maniere di quel famoso pranzo di gala?
Ancora un sintomo è che sia stata la moglie Anselma Dell’Olio a rispondergli per le rime (“La psicologia e la sessualità femminili sono notoriamente assai più delicate e complesse di quelle maschili (…) Possono, le femmine, accettare un rapporto sessuale una volta e non averne voglia la seconda”).
Esiti aperti, dunque, per cercare la soluzione della “questione maschile”? Cari uomini, siamo tutti alla prova.
P.S.: Il video di Grillo, quando visito il suo blog, ha avuto 49.733 visualizzazioni su Youtube. I commenti sono 1.421, con 906 mi piace e 666 non mi piace. Se richiamo i commenti “più popolari” appaiono praticamente solo osservazioni critiche e negative.
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