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Questo articolo è apparso sul numero 4/2022 della rivista Confronti

Uno scossone ai vertici del patriarcato di Mosca guidato da Kirill, che difende la sciagurata decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina; un caso di coscienza per l’episcopato, il clero e i fedeli russi, in patria e all’estero; la possibile riunificazione delle Chiese ortodosse che hanno il loro centro a Kiev, e che da tre anni erano polemicamente contrapposte tra la Chiesa autocefala ortodossa ucraina (Caou), legata al patriarcato di Costantinopoli, e con la quale il Santo Sinodo di Mosca aveva rotto la comunione eucaristica, considerandola scismatica, e la Chiesa ortodossa ucraina (Cou), legata al patriarcato di Mosca, e guidata da Onufry; la spaccatura dell’Ortodossia, con patriarcato di Bucarest che definisce “cinico” quello russo. Questi gli “effetti collaterali” – imprevisti? – dell’operazione militare speciale russa contro la Repubblica sorella.

Il contrapposto giudizio tra Kirill e Onufry

 Il 24 febbraio Kirill ha annunciato: «È con profondo dolore nel cuore che sento le sofferenze della gente, provocate dagli eventi che accadono. Come patriarca di una Chiesa il cui gregge si trova in Russia, in Ucraina e in altri Paesi, compatisco tutti coloro che sono colpiti dalla disgrazia. Esorto le parti in conflitto a fare tutto il possibile per evitare vittime tra i civili». Si è invece schierato totalmente con Kiev e contro il Cremlino Epifanij, primate della Caou. E il primate della Cou, Onufry, ha detto: «Difendendo la sovranità e l’integrità dell’Ucraina, noi ci rivolgiamo al presidente della Russia e gli domandiamo di cessare immediatamente la guerra fratricida. I popoli ucraino e russo sono sorti dalle fonti battesimali del Dniepr e la guerra tra questi due popoli è la ripetizione del peccato di Caino, che per gelosia uccise suo fratello. Una tale guerra non trova giustificazione né davanti a Dio né davanti agli uomini». Il Santo Sinodo della Cou fa suo l’appello di Onufry; ma singoli vescovi vanno più in là: ignorano il nome di Kirill durante la “divina liturgia” (la messa), a partire da domenica 6 marzo. Per l’Ortodossia, quando il vescovo celebra deve assolutamente ricordare il primate della Chiesa con cui è in comunione. Se non lo facesse, sarebbe un gesto scismatico. Ebbene, i metropoliti Eulogio di Sumy, Teodoro di Mukachevo, Filarete di Leopoli e un’altra dozzina hanno “dimenticato” Kirill, spiegando – hanno detto – di non tollerare il suo silenzio sulla “invasione” in atto.

Anche decine di parroci hanno fatto così; ma, poi, hanno lanciato una proposta ardita: Onufry convochi un Concilio locale – composto da tutti i vescovi, e da rappresentanze del clero e dei fedeli – per proclamare l’autocefalia della Cou. Nuova Chiesa legata a Costantinopoli, o parallela alla Caou? Comunque senza l’Ucraina, il patriarcato russo perderebbe un terzo dei suoi fedeli.

L’inizio dell’emorragia della Chiesa Russa?

Di fronte alla tragedia ucraina, prima o poi Kirill dovrà convocare il Concilio episcopale, cioè tutti i vescovi del patriarcato. Sarà un momento cruciale: se vi sarà un consenso quasi unanime a lui… pericolo scampato. Se, però, l’ala critica fosse notevole, si rischierebbe una crisi che coinvolge Kirill (e anche il suo “ministro degli esteri”, il metropolita Hilarion di Volokolamsk). Infatti, fino a febbraio, l’episcopato russo è stato concorde con la forte irritazione di Putin per le continue ostilità, e anche violenze, volute o tollerate dal governo ucraino, di nazionalisti estremisti contro i russi e russofoni del Donbass e le repubbliche separatiste di Donesk e Lugansk, violenze – questo è vero – sottovalutate in Occidente. Ma forse qualche vescovo domanderà: tali violenze potevano giustificare una guerra totale contro l’Ucraina? Non bastava, in caso, mandare l’esercito russo a difesa di quelle zone? Era morale bombardare Kiev, altre città e i loro ospedali? Kirill potrebbe rispondere: la Russia profonda appoggia Putin, visto come il difensore dei diritti del nostro Paese, e il fermo oppositore dell’espansione della Nato a Est. Ma – obiezione – se la guerra, a causa delle sanzioni internazionali, renderà più precaria anche la vita quotidiana della nostra gente? A questo punto il confronto, nel Concilio episcopale, si farà drammatico; anche perché su di esso peseranno le voci critiche dell’Ortodossia russa, in patria e in Europa, contro la guerra e contro il patriarca. Oltre 270 popi e diaconi russi hanno scritto, in un appello lanciato ai primi di marzo: «Piangiamo il calvario a cui i nostri fratelli e sorelle in Ucraina sono stati immeritatamente sottoposti», e definito “fratricida” la guerra in corso. Poi qualcuno scuoterà l’Assemblea episcopale leggendo la lettera (numero di protocollo: 2022.010) che il metropolita Jean di Dubna, arcivescovo delle Chiese ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale, il 9 marzo da Parigi ha scritto a Kirill: «A nome dell’insieme dei nostri fedeli mi rivolgo a Vostra Santità perché levi la sua voce di Primate della Chiesa ortodossa russa contro questa guerra [verso l’Ucraina] mostruosa e insensata e interceda presso le Autorità della Federazione russa perché al più presto possibile cessi questo conflitto mortale che fino a poco tempo fa sembrava impossibile tra due nazioni e due popoli uniti da secoli di Storia e dalla loro fede comune in Cristo». Poi Jean contrasta una tesi di Kirill, che in Occidente ha indignato moltissime persone. Tre giorni prima, infatti, il patriarca aveva criticato con asprezza i gay-pride che, egli diceva, di fatto vorrebbero rendere leciti comportamenti che sono contro la volontà di Dio, e rovinano la società: «Vostra Santità, nell’omelia per la Domenica del Perdono [6 marzo], aveva lasciato intendere che Lei giustificava questa guerra d’aggressione come un “combattimento metafisico”, in nome “del diritto di stare dalla parte della luce, dalla parte della verità di Dio, di quello che ci rivela la parola di Cristo”. Con tutto rispetto, Le dico che non posso sottoscrivere questa lettura del Vangelo».

 

BUCAREST CONTRO KIRILL. TELEFONATA DEL PAPA

Vari gerarchi ortodossi – in prima fila Bartolomeo – sono intervenuti invocando l’immediata cessazione della “operazione” russa. Da parte sua, il portavoce del patriarcato di Romania ha dichiarato: «Il vero cristiano distinguerà tra un Primate autentico e degno della Chiesa di Cristo e un Primate moralmente e cristianamente disonorato per la sua complicità cinica con le cose più odiose che l’uomo senza Dio è capace di commettere: la guerra di conquista, il terrore, la tortura e la morte di masse di persone». E Innokentzy, metropolita di Vilnius e Lituania, legato a Mosca: «Noi condanniamo fermamente la guerra della Russia contro l’Ucraina e preghiamo Dio per la sua rapida fine… Il patriarca Kirill e me abbiamo opinioni politiche e percezioni differenti sugli avvenimenti attuali. Le sue dichiarazioni politiche sulla guerra esprimono la sua opinione personale. Noi, in Lituania, non siamo d’accordo con essa”. Anche il segretario ad interim del Consiglio ecumenico delle Chiese, il rumeno Ioan Sauca, ha implorato Kirill di «giocare un ruolo di mediatore per far cessare la guerra». Sullo sfondo, una domanda: potrà la Chiesa russa partecipare, in settembre, in Germania, all’Assemblea generale del Cec a Karlsruhe? Il papa: con gesto inusuale, il 25 febbraio si recava all’ambasciata russa presso la Santa Sede per esprimere la sua opposizione alla guerra. E il nunzio a Mosca, Giovanni D’Aniello, il 3 marzo incontrava Kirill che – preciserà poi un comunicato – ha ricordato con piacere il suo incontro con Francesco, a Cuba, nel 2016; nessun esplicito riferimento all’Ucraina. Poi domenica 6, Bergoglio ha detto: «In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime… La guerra è una pazzia!». E il 13: «In nome di Dio, fermate questo massacro! Si punti veramente e decisamente sul negoziato”. Una mediazione vaticana? Seppure il papa sarebbe ben disposto, lo sarà Putin, dopo essersi consultato con Kirill? Il 16 Francesco e il patriarca si sono videotelefonati: il primo ha ribadito che “non esiste guerra giusta”; ma, secondo il comunicato di Mosca – i Due “hanno discusso su come superare le conseguenze della crisi in corso”.

Un commento a “La guerra in atto spacca (per sempre?) l’Ortodossia”

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