Articolo pubblicato su “il manifesto” del 13.05.2022.
È paradossale che per trovare parole nuove sulle prospettive di una futura convivenza in Europa siamo dovuti ricorrere a quelle pronunciate dal Presidente francese Emmanuel Macron, nel discorso tenuto il 9 Maggio scorso di fronte al Parlamento europeo a Strasburgo in occasione della festa dell’Europa e alla conclusione della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Egli, che rappresenta i poteri forti europei, è stato in grado di alzare lo sguardo e prospettare una visione del futuro capace di influenzare anche i tragici eventi in cui la insensata guerra di Putin ci ha precipitati e che rischia di ora in ora di ottenere i risultati opposti a quelli che egli stesso si era prefissato.
Macron, pur riaffermando la solidarietà e il sostegno all’Ucraina, ha affermato che “non siamo in guerra con la Russia” e, soprattutto, che “non dovremo mai cedere alla tentazione dell’umiliazione o allo spirito di vendetta”.
Il suo sembra il tentativo, purtroppo per il momento abbastanza isolato, di evitare all’Europa un futuro nefasto che non è neanche paragonabile a quello della guerra fredda in cui, seppure nella divisione in blocchi, esistevano dei codici di comunicazione capaci di evitare la catastrofe nucleare e in cui, nonostante tutto, almeno due generazioni possono dire di aver conosciuto il più lungo periodo di pace, al netto dei numerosi conflitti regionali e locali.
Analoghe parole, con molto più rimpianto forse dovuto all’età, le ho trovate nell’intervista che il Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ha rilasciato al Venerdì de la Repubblica. Egli ha parlato di un senso di colpa e di un fallimento europeo e dell’occidente per non aver saputo costruire una relazione con la Russia capace di assicurare alla stessa, all’Europa ed agli Stati Uniti la possibilità di una convivenza pacifica. A questo proposito ha ricordato il tentativo di Javier Solana, primo Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea, a metà degli anni 2000, di costruire quel partenariato tra Russia e Nato che proprio Vladimir Putin si era dichiarato disposto a intraprendere.
Gli eventi successivi sono noti, compreso il famigerato vertice Nato di Bucarest del 2008 in cui, il Presidente G. W. Bush, nella costernazione della sua consigliera Fiona Hills, pretese che nel comunicato finale fosse resa esplicita la apertura della Nato a Ucraina e Georgia, con buona pace di chi, ancora oggi, nega che vi sia stata una tale apertura.
Il riconoscimento al presidente Macron è anche dovuto al fatto che egli appartiene a un’altra generazione ed è uno dei pochi leader politici a riferirsi a fatti storici quali la proposta di Confederazione comprendente la Russia, che il presidente Mitterrand avanzò subito dopo la caduta del muro di Berlino e che egli ha voluto citare come ipotesi di lavoro per il futuro. Può sembrare poco ma, di fronte all’ignavia che ha caratterizzato la politica europea degli ultimi decenni, è molto.
Non sono tra coloro i quali giustificano la debolezza europea di fronte all’intraprendenza della Nato; quest’ultima è proporzionale all’opportunismo di una Ue che ha delegato a essa l’intera politica estera europea, ben al di là del suo essere un’alleanza difensiva. Nel frattempo, ciascun Paese europeo ha curato più o meno bene i propri interessi, il più delle volte ex coloniali, come dimostrano le tragedie libiche e mediorientali.
Se si esaminano le relazioni Ue-Russia degli ultimi decenni, salta agli occhi la sproporzione tra il sistema di relazioni politiche, praticamente inesistenti, e la crescita esponenziale delle relazioni economiche e soprattutto della dipendenza energetica.
La strategia Ue-Russia presentata dall’Alto Rappresentante per la Politica Estera di Sicurezza Europea Borrell, non più tardi del maggio 2021, è risibile già dal titolo: “Respingere-Contenere-Interagire” queste le parole d’ordine che sintetizzano una politica basata su “bastone e carota” applicata a una potenza a cui abbiamo affidato le chiavi di settori economici fondamentali. Ciò è conseguenza del fatto che l’Unione europea è soprattutto un mercato e come tale è percepita e come tale ha operato, giovandosi degli scambi commerciali assicurati dalla globalizzazione economica e finanziaria e delegando agli Stati Uniti e alla Nato le responsabilità della politica estera e di difesa.
Il risveglio è traumatico e non è affatto detto che questa Unione sia in grado di trarne tutte le conseguenze a cominciare da come si appresta ad affrontare la politica estera e di sicurezza comune che non può esistere senza una costituzione europea e un assetto istituzionale federale e autonomo.
Infine, a chi continua a dire, come se fosse oggi, che lo stesso Enrico Berlinguer, nel lontano 1976 avesse dichiarato di sentirsi più sicuro nella Nato che nel Patto di Varsavia, bisognerebbe ricordare che nel 1973, lui stesso pare fosse scampato a un attentato a Sofia, e che nel 1976 c’era ancora l’Urss con tutti i cascami dello stalinismo, che Breznev già nel 1968 si era reso responsabile dell’invasione della Cecoslovacchia, condannata dal Pci, e che, nel 1981, lo stesso Berlinguer dichiarò la “fine della spinta propulsiva della Rivoluzione di Ottobre”. Qualunque comunista, che non fosse dogmaticamente o nostalgicamente devoto all’Unione Sovietica (e Berlinguer non lo era), avrebbe preferito vivere nel campo occidentale. Il che non significava, nemmeno per Berlinguer, una acquiescenza alla Nato, come dimostrano le lotte contro i missili a Comiso.
Ci si dimentica che nel frattempo, vi è stato Gorbacev, e grazie a lui è caduto il muro di Berlino, si è unificata la Germania, è cambiata la geografia politica dell’Europa senza alcuno spargimento di sangue. È da quel momento che l’esistenza della Nato non si è più giustificata se non come strumento della potenza unipolare statunitense.
Oggi siamo in un altro mondo e, purtroppo, non è detto che sia migliore.
Non è dato sapere come Enrico Berlinguer avrebbe giudicato questa situazione; ciò che disturba è che proprio a 100 anni dalla sua nascita, che ricorre il 25 maggio, se ne debba fare un uso arbitrario e propagandistico.
non esiste l’EUROPA
per questo esiste la PAURA
oggi la Presidente premio NOBEL per la PACE “Beatrice Fihn ICAN mi invita a Vienna per parlare del trattato approvato di dismessa del nucleare, ma che l’ITALIA non ha siglato
troppo impegnata a seguire le direttive AMERICANE- soldi ed ARMI all’UCRAINA
risultato la Povertà e la FAME-
Ottimo articolo. Sottoscrivo in pieno quanto detto da di Giuliano Amato.
Macron? Qualche barbaglio neo-gollista (l’Europa dall’Atlantico agli Urali) e mitterrandiano non è sufficiente a marcare la divaricazione di interessi tra UE e USA.
Aggiungo due riflessioni che mi sono sorte leggendo l’articolo di Napolitano:
1. – Quando si parla di NATO si usa come sinonimo il termine di “alleanza (atlantica)”. In realtà si tratta di una “organizzazione”, non di una alleanza, cioè a dire di un organismo intrinsecamente non paritetico, i cui partecipanti pesano a seconda della loro forza. Di qui la assoluta dipendenza della NATO dal socio di gran lunga più potente, gli USA, che “organizzano” gli altri paesi membri;
2. – Ripensando a Solana e confrontandolo con Borrell, non si può non rilevare l’annoso sistema da “nomenklatura” con cui i diversi paesi europei hanno scelto e scelgono chi mandare alla UE: quasi sempre seconde file a livello nazionale (Michel), addirittura sgradite (von der Leyen dalle forze armate tedesche) e comunque sempre alquanto mediocri (Borrell oggi, ma anche in passato la PESC ha visto alla sua testa personalità non proprio di primo piano). Questo perché non debbono disturbare i veri attori della politica europea, che restano saldamente i diversi governi nazionali. Cambierà qualcosa?
Grazie.