Articolo pubblicato su “Left” n.45 6-12 novembre 2020
“España Puede” – la Spagna può – è il titolo ottimista e significante del bilancio 2021 per lo stato spagnolo, già avallato dal consiglio dei ministri e presentato al congresso dei deputati dal presidente del consiglio Pedro Sánchez e dal suo vicepresidente Pablo Iglesias. Sono i nuovi conti per rilanciare il paese, assolutamente eccezionali per il contesto e l’elevato volume di investimenti pubblici che mobilitano.
È un bilancio pensato in piena emergenza sanitaria mentre una seconda ondata di Covid-19 impenna le cifre di contagi e decessi, quando si stabilisce di prorogare lo stato d’allarme per tutto il paese fino alla prossima primavera e le comunità autonome decidono anche il confinamento perimetrale e alcune restrizione d’orario per le attività legate allo svago e alla socializzazione fuori dall’ambito produttivo.
In un quadro di crisi economica e sociale già avanzato, dove lo “scudo sociale” attivato dal governo progressista non è riuscito a proteggere proprio coloro la cui situazione precaria li spingeva già ai margini del sistema prima della crisi: l’economia sommersa, lavoratrici e lavoratori senza contratto, le e i migranti in situazione irregolare sono, come sempre, coloro che restano fuori dai pacchetti di aiuti governativi.
Quindi ecco un bilancio generale con tre obiettivi chiari: ricostruire la Spagna dopo la pandemia, modernizzare il modello produttivo e sostenere lo stato sociale.
“Questo è un bilancio progressista, essenziale per la modernizzazione del nostro paese e per sostenere la ripresa” Sánchez l’ha ripetuto tre volte nel corso della conferenza stampa e ha aggiunto: “Dopo il durissimo colpo della pandemia potevamo ripiegare nell’austerità e nei tagli oppure alzarci in piedi e avanzare con energia. Con questo Bilancio generale per il 2021 abbiamo scelto il secondo cammino”.
In Spagna si parla della “manovra più a sinistra della storia” e il governo Psoe-Podemos dice con chiarezza ad un paese impaurito e depresso, non solo economicamente, che per uscire dalla crisi economica e sociale bisogna investire, nei prossimi anni, ben 240 miliardi di risorse pubbliche, oltre il 10% in più dei bilanci precedenti.
I 240 miliardi di investimenti pubblici sono davvero tanti, ma ancora più significativa è la decisione presa di recuperare parte di queste risorse attraverso la giustizia fiscale secondo l’idea spregiudicata, per quanto logica, che “chi più ha, più paga”, per lasciarsi alle spalle il percorso di austerità neoliberista. Aumenteranno le tasse, ma solo sui redditi più elevati e per quelle imprese che allegramente eludono il fisco: aumento del 3% della tassazione sui redditi da capitale oltre i 200mila euro, del 2% per i redditi da lavoro che superano i 300mila euro; incremento dell’1% della patrimoniale per i capitali privati oltre i 10 milioni di euro e imposte su dividendi e plusvalenze. Quindi piccoli prelievi su grandi e grandissimi patrimoni, niente che possa mandare sul lastrico chi, anche durante l’emergenza sanitaria, ha continuato tranquillamente ad arricchirsi. Una patrimoniale! ha tuonato la borghesia e qualche giornale conservatore ha evidenziato l’indignazione imprenditoriale per un bilancio “irreale e ideologico”. Più banalmente si tratta di chiedere uno sforzo a chi può permetterselo, per fare della Spagna una delle principali protagoniste europee della lotta al cambiamento climatico, con 11 miliardi previsti per la riconversione sostenibile dell’economia e oltre 70 miliardi, fino al 2022, per il piano di digitalizzazione.
Per l’istruzione e la ricostruzione del sistema educativo saranno aumentate le risorse del 70% con oltre 500 milioni in più per le borse di studio e oltre un miliardo per la formazione professionale; per la sanità pubblica vengono destinati 3 miliardi in più, un incremento del 151%, e ben 2,4 miliardi dei fondi europei stanziati per l’acquisto dei vaccini e per rafforzare la sanità territoriale piegata dalle privatizzazioni; un impegno consistente anche nella ricerca e sviluppo con investimenti che crescono dell’80% e il bilancio del ministero della Scienza e innovazione incrementato del 60%. Aumentano del 46% i fondi destinati per l’assistenza alle persone non autosufficienti e il 59% sarà l’aumento delle spese previste per contrastare la povertà infantile; il 150% in più per il commercio e turismo, incremento del 29% per sostenere l’impiego. Rivalorizzazione delle pensioni, misura che riguarda oltre 9 milioni di persone, 700 milioni di fondi per migliorare l’assistenza agli anziani, per progettare un modello basato sull’assistenza domiciliare e superare l’attuale modello residenziale, mandato in tilt proprio dalla pandemia. Aumento di stipendio dello 0,9% per oltre 2 milioni di impiegati pubblici. Circa 200 milioni destinati alla conciliazione e alla corresponsabilità nelle famiglie con figli minori di 14 anni, primo passo verso la realizzazione di un Piano Statale della Cura che liberi le donne ancora più impantanate, per la crisi sanitaria, nell’aumento del fabbisogno del lavoro domestico e di cura.
Tutta questa manovra economica è stata siglata solo dopo che Psoe e Podemos sono riusciti, non senza baccagliare tra loro, a trovare un accordo su due temi specifici e rilevanti per le politiche sociali: regolamentare il prezzo degli affitti e migliorare i criteri di accesso al reddito minimo vitale, che viene anche aumentato. Il governo ora si impegna a calmierare gli affitti delle case, per scongiurare bolle speculative, e a estendere la copertura del reddito minimo vitale per facilitare le esigenze tra giovani o persone che vivono insieme sotto lo stesso tetto. Perché, come ha detto Iglesias “non ci sono scuse burocratiche” perché il reddito non raggiunga “le persone che ne hanno bisogno”.
Ora i punti di criticità sono la maggioranza che può approvare un progetto di queste dimensioni e il tema di maggiore equità fiscale che irrompe nel dibattito europeo.
Il governo rosso-viola vuole trovare rapidamente un consenso sul progetto di manovra finanziaria per arrivare in tempo e spezzare la maledizione di perpetuare, per un altro anno, il bilancio lacrime e sangue del governo delle destre e ottenere, finalmente, nuovi conti pubblici. Il calendario parlamentare prevede tempi ridotti al minimo per arrivare all’approvazione definitiva entro la fine di gennaio e tempi ridotti alla metà per la presentazione degli emendamenti.
In questi mesi il presidente del consiglio Sánchez ha lavorato per disarticolare il fronte delle opposizioni temendo che l’egemonia dell’estrema destra di Vox, esercitata sul PP, potesse cavalcare e organizzare la rabbia sociale che la crisi pandemica ha sedimentato. È davvero difficile pensare che una simile manovra di bilancio possa passare con una maggioranza diversa da quella che ha permesso la formazione del governo di coalizione e l’esecutivo punta a trovare l’appoggio della sinistra basca e di quella catalana per non inciampare in qualche trappola dell’opposizione.
Altra vera preoccupazione resta il rapporto con l’Europa perché questa manovra prevede di alzare l’asticella del deficit: invece dell’1,3% concordato sarà dell’1,8% senza, per ora, la prospettiva di ricorrere ai fondi del Mes e con l’idea di utilizzare solo la quota di trasferimenti e non dei prestiti del Next Generation UE.
Il cuore è stato giustamente lanciato oltre l’ostacolo, ma la corsa per sovvertire i paradigmi economici è appena iniziata.
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