Articolo pubblicato su “RavennaeDintorni.it” il 17.04.2023.
«Non permetteremo mai più di giustificare delocalizzazioni, licenziamenti, precariato con la scusa della crisi climatica. Né permetteremo di giustificare con la difesa dei posti di lavoro un rallentamento o una deviazione nella transizione ecologica e climatica. La transizione ecologica, se reale, deve misurare la propria efficacia anche sui tempi, e non è più concepibile alcun rallentamento. Il pianeta è in fiamme, da ogni punto di vista, e ogni secondo sprecato è un crimine. In una reale transizione ecologica non c’è spazio per il greenwashing da parte di Stati o grandi aziende, ma solo per misure sociali e ambientali adeguate all’urgenza della situazione. In una reale transizione ecologica il lavoro inquinante cessa gradualmente di esistere: non si lavorerà più a discapito dei diritti, dell’ambiente, della salute e della pace, ma si passerà per una ridefinizione democratica di cosa è realmente necessario produrre, definendo modelli di produzione, trasformazione e consumo al servizio della comunità piuttosto che del capitale, nei limiti delle biocapacità del pianeta».
Questa la dichiarazione del Collettivo di Fabbrica Gkn di Firenze (la cui storia è ben nota), il cui contenuto politico è la convergenza tra movimento operaio e movimenti ambientalisti, a dimostrazione che è possibile ideare – grazie a una mobilitazione dal basso – un’alternativa al modello dominante di transizione ecologica unendo teoria e prassi, riflessione e militanza.
Oltre al coinvolgimento di massa di una società civile – consapevole dell’importanza di iniziare a cambiare radicalmente stili di vita per affrontare il processo tramite il quale le società umane si relazionano con l’ambiente fisico – si rende parimenti necessario un intervento pubblico che promuova una domanda alternativa. Governare la transizione ecologica presuppone saper fare chiarezza sulle immanenti questioni globali, sui cambiamenti climatici, sull’inquinamento, l’acidificazione degli oceani, i consumi di acqua e di risorse, sulle trasformazioni dei suoli e sulla distruzione della biodiversità, da una prospettiva che metta in evidenza le interconnessioni tra le parti del pianeta in cui viviamo.In azioni concrete, affrontare la transizione ecologica significa orientare la domanda pubblica verso settori ad alto valore aggiunto e basso impatto ambientale che si traduce nella capacità di mettere a punto: una strategia di medio-lungo periodo, un quadro complessivo dei settori che vanno ristrutturati per ridurre l’impatto ambientale e dei nuovi settori da promuovere, l’individuazione delle fasi di sviluppo del progetto e, quindi, dei tempi e delle modalità di realizzazione.
Tutto ciò, nel nostro territorio, non sta avvenendo. Al largo delle coste di Ravenna, dall’autunno 2024, sarà operativo un impianto di rigassificazione che, potrebbe più avanti essere affiancato anche da un secondo rigassificatore proveniente da Piombino. Si tratta di impianti che possono essere realizzati a terra, in alto mare, su strutture offshore, o su particolari navi, le cosiddette unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione o FSRU Floating Storage and Regasification Unit come quella prevista al largo di Ravenna.
Il rigassificatore galleggiante BW Singapore acquistato da Snam/Società Nazionale Metanodotti (società di infrastrutture energetiche attiva nel trasporto, nello stoccaggio e rigassificazione del metano) è lungo 300 metri; verrà ormeggiato a circa 8 km dalle coste di Ravenna, si prevede entri in funzione nel 2024 e sarà collegato alla rete di trasporto gas già esistente. Il collegamento sarà composto da un tratto di metanodotto a mare (sealine) di circa 8,5 km e uno a terra, completamente interrato, di circa 34 km. All’impianto industriale per la rigassificazione del gas naturale liquefatto (Gnl) – che consiste nel cambiare lo stato del gas, da liquido/Gnl a gassoso, riscaldandolo e utilizzando acqua di mare – si accosteranno navi metaniere cargo, che a loro volta avranno bisogno di rimorchiatori.
Si tratta di opere non “neutre”, pericolose per la sicurezza e per la salute, classificate dalla legge Seveso III sugli incidenti industriali (D. Lgs. 2003/105/CE) «fra gli impianti ad alto rischio di incidente rilevante», nocive anche per la qualità dell’aria che, a Ravenna, come riportato dal report di Legambiente Mal Aria di città. Cambio di passo cercasi, già nel corso del 2022, aveva una concentrazione di polveri sottili che sfiorava i limiti di legge per 59 giornate a fronte di un limite di 35 imposto dalla normativa. Gli impianti in oggetto emettono anche inquinanti, soprattutto ossidi di azoto (NOx), in concentrazioni non affatto trascurabili (centinaia di milligrammi/metro cubo), per il trattamento di alcuni miliardi di metri cubi di gas/anno e che rilasciano in mare quantità enormi di acqua marina raffreddata (svariate tonnellate/ora), arricchita di ipoclorito di sodio, noto disinfettante (dall’amuchina alla candeggina) dagli effetti ambientali da valutare attentamente.
Secondo gli analisti la costruzione di nuovi gasdotti e rigassificatori implica costi di lungo termine e tempi di realizzazione considerevoli e «rischia di essere sbagliata rispetto a una crisi acuta che potrebbe risolversi in una bolla o comunque normalizzarsi in tempi più brevi rispetto a quelli di realizzazione». Si tratta di infrastrutture che rischiano di “arrivare tardi” ed entrare in funzione quando la crisi dei prezzi dell’energia potrebbe essere ormai alle spalle ma che continueranno a pesare sui consumatori nei prossimi decenni, risultando inefficaci nel ridurre i costi in bolletta.
Ma non dobbiamo altresì dimenticare che i rigassificatori, declinato al plurale, perché molti altri ne arriveranno di qui a qualche anno in Sardegna, in Calabria, e in altri luoghi ancora, sono solo la punta dell’iceberg di un disegno molto più complessivo, che sta facendo dell’Italia lo snodo fondamentale di tutto il sistema delle fonti fossili, con il potenziamento delle trivellazioni in mare e a terra, la costruzione di centinaia di chilometri di nuovi gasdotti e tante altre strutture collegate; un disegno che alla schiavitù del fossile ci legherà definitivamente.
L’agire politico è collettivo ed è frutto di un’intelligenza comune che si realizza con la partecipazione politica di ogni cittadina/o e si pone come agire nelle pubbliche assemblee, luoghi sovrani della decisione politica collettiva e anche negli atti di disobbedienza, con scioperi e cortei.
Ho aderito fin dal suo nascere al Coordinamento Ravennate del Comitato per il Clima Fuori dal Fossile; quando mi è stato possibile ho partecipato a mobilitazioni nazionali che denunciavano scelte politiche assoggettate a poteri economici che non prendevano in considerazione un serio ridimensionamento del modello estrattivista.Sabato 6 maggio parteciperò alla manifestazione nazionale “Per uscire dalla schiavitù del fossile” indetta dalla Campagna per il Clima Fuori dal Fossile, dalla Rete No Rigass No Gnl, dalla Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia Romagna che si terrà anche a Ravenna (fuoridalfossile.coordravenna@gmail.com).
“Insorgiamo” è il motto dei lavoratori metalmeccanici fiorentini della GKN che, dall’arrivo delle ormai famose email di licenziamento, ha consolidato un rapporto collettivo tra lavoratori e le/i solidali e tra chiunque non voglia cedere alla tentazione della desistenza. Insorgiamo anche noi, riempiamo le strade della nostra città in tante e tanti contro il sistema che difende i combustibili fossili.
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