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Nella fase storica in corso, in confronto alle formazioni della sinistra ufficiale – moderate, riformiste, radicali – qual è il carattere distintivo dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bündnis Sahra Wagenknecht, in tedesco)? Per il movimento, ora partito, guidato dalla leader cinquantenne originaria della Germania dell’Est, è il ritorno ai “fondamentali”: l’assunzione del punto di vista della variegata e variamente sofferente classe lavoratrice, intesa in senso ampio, ossia lavoratrici e lavoratori dipendenti, autonomi, professionisti, micro e piccoli imprenditori subordinati a chi ha forza di mercato. In sostanza, BSW intende dare rappresentanza e risposte ai loro interessi e al loro smarrimento identitario. Nulla di originale: è l’impianto culturale e la funzione svolta dai soggetti politici di riferimento del movimento operaio. Oggi, risalta in quanto avviene in un campo progressista segnato, ovunque in Occidente, dalla trentennale egemonia di culture politiche post-materiali e prive di senso del limite. BSW fa scandalo perché rimette al centro le condizioni materiali di vita e la domanda di protezione identitaria delle persone, e definisce un’agenda coerente per affrontarle.

L’agenda include, innanzitutto, le policy per un ordine internazionale multilaterale e, quindi, per il negoziato con la Russia e per relazioni commerciali ordinate con la Cina. Quindi, prevede la riconquista di un minimo di autonomia politica nell’interpretazione del vincolo atlantico da parte delle classi dirigenti tedesche umiliate dal sabotaggio “amico” del gasdotto North Stream 2. E, di conseguenza, assume come priorità l’inversione ad U della traiettoria di warfare percorsa a crescente velocità da popolari, socialisti, liberali, verdi e conservatori, nei governi e nei parlamenti nazionali, e a Bruxelles nella “maggioranza Ursula”.

Sono le posizioni prevalenti nella Left a Bruxelles. Fin qui, non vi sono problemi di linea. Le accuse di eresia “sovranista” si levano quando BSW, con senso della storia, evita l’autoinganno degli Stati Uniti d’Europa e propone con consapevolezza della dimensione nazionale dei popoli e della responsabilità democratica, l’integrazione europea come cooperazione tra democrazie nazionali per la realizzazione di beni comuni a scala adeguata. Nelle pagine dell’ampio e articolato programma per le elezioni del Parlamento europeo è scritto: “Il nostro obiettivo è un’Europa sicura di sé, fatta di democrazie sovrane, che si uniscono non attraverso la centralizzazione del potere nella Commissione europea, ma attraverso una cooperazione paritaria, progetti economici comuni, un mercato interno uniforme con regole giuste e scambi culturali. Siamo convinti che in definitiva si possano raggiungere una maggiore unità europea, una migliore cooperazione europea e più soluzioni europee comuni in questo modo piuttosto che attraverso l’integrazione politica”1. È la medesima prospettiva che, ora, Mario Draghi riconosce con realismo. Nel suo recente Rapporto sulla competitività, accantona la retorica sempre più surreale della “riforma dei Trattati” e indica la via inter-governativa come unica praticabile, finanche fuori dal perimetro giuridico dell’Unione2.

L’eresia di BSW viene denunciata anche sul versante della conversione ecologica. Ma BSW è, sempre in nome degli interessi di classe, attenta ai costi sociali della regolazione “verde” dei consumi e degli stili di vita e impegnata per la sopravvivenza dell’industria manifatturiera, traino sistemico delle condizioni materiali di vita di lavoratrici e lavoratori.

Ancora di più, BSW è fuori linea, scomunicata per “rossobrunismo” dai media “progressisti”, quando, con realismo e attenzione ai suoi riferimenti sociali, prospetta, da un lato, la regolazione dei flussi migratori in connessione alla effettiva capacità di integrazione dei migranti e, dall’altro, l’impegno alla cooperazione internazionale per promuovere il diritto a non emigrare. Nel richiamato programma per Strasburgo è affermato: “L’immigrazione e la convivenza di culture diverse possono essere un arricchimento. Tuttavia, questo vale solo fino a quando l’afflusso rimane limitato a un ordine di grandezza che non sovraccarica il nostro Paese e le sue infrastrutture sociali, a condizione che l’integrazione sia promossa attivamente e abbia successo […] Chiunque sia perseguitato politicamente nel proprio Paese d’origine ha diritto all’asilo. Ma le migrazioni non sono la soluzione al problema della povertà nel mondo”.

L’eresia di BSW si aggrava ulteriormente nell’attenzione rivolta alla tradizione quale fonte spirituale dell’umano. BSW rifugge il politically correct, anche con urticanti provocazioni anti-woke. Interpreta in chiave umanista i diritti civili. Prevede limiti all’individuo-consumatore sovrano, attraverso il mercato, anche sul sacro. Segnala il lavoro culturale ed esperienziale necessario al riconoscimento dell’altro. È Wolfgang Streeck, Direttore emerito del Dipartimento di Studi sulle Società dell’Istituto Max Plank di Colonia, principale intellettuale organico di BSW (si veda Globalismo e democrazia, Feltrinelli 2024) a esplicitarne la visione antropologica. È una visione alternativa a quella liberal-progressista à la Habermas. In una recente intervista a Die Zeit, Streeck afferma: “Non siamo umani habermasiani; non socializziamo sulla fragile base di una Costituzione comune, ma ci sono costumi e tradizioni, per così dire, il cui aspetto visibile promuove la fiducia”3.

Costumi e tradizioni. Qui sembra di ritrovare Mario Tronti. In uno dei suoi ultimi scritti sosteneva: “La tradizione, ben compresa, ben usata, è una grande potenza di trasformazione dell’esistente. La tradizione è popolo, e il popolo è tradizione. Se non ti radichi lì dentro, non c’è nessuna possibilità di cambiare il fondo delle cose”.

Le richiamate discontinuità culturali e politiche, a lungo coltivate, sembrano portare frutti. I risultati elettorali arrivati a pochi mesi dal debutto indicano la capacità di BSW di riconquistare fasce di popolo. Le analisi del voto di settembre scorso in Sassonia e in Brandeburgo svolte dalla Konrad Adenauer Stiftung sono chiarissime4. In riferimento alle elezioni del 2019, BSW è l’unico partito che sottrae una quota consistente di consenso ad AfD e, in parallelo, anche alla CDU. A differenza del voto ai partiti della sinistra ufficiale, il consenso a BSW è concentrato tra i lavoratori meno scolarizzati e la classe media in difficoltà.

Insomma, BSW si sporca le mani e l’anima con le contraddizioni immanenti alla dimensione nazionale-popolare. Non è l’ultima arrivata in campo, a tempi supplementari scaduti, per il “momento populista europeo” (da Podemos al M5S). È l’avanguardia consapevole, culturalmente attrezzata, per proteggere le periferie sociali nel “momento Polanyi” in corso in Occidente. Esprime una cultura di governo. Punta ad “addomesticare il capitalismo” per renderlo sostenibile sul piano economico e spirituale. È un’iniziativa rischiosa. Scrive Franco Cassano ne “L’umiltà del male” (Laterza, 2011): “Chi non vuole rimanere richiuso nel narcisismo etico rischia molto, è esposto continuamente al pericolo di perdersi, all’illusione di dominare ciò che in realtà lo sta dominando”. Ma “la cosa peggiore che si può fare è lasciare l’altro uomo solo, perché prima o poi alla sua porta busserà l’ombra del Grande Inquisitore”. Insomma, senza rischiare, si rinuncia a fare politica e si rimane, compiaciuti tra “i buoni”, nella testimonianza.

Note

1 Qui il programma completo, tradotto in italiano.

2 The future of European competitiveness, Cap. 6 – Strengthening governance.

3 Wolfgang Streeck, Der Kapitalismus muss domestiziert werden, Zeit online, 04.09.2024.

4 Si veda qui per l’analisi del voto in Sassonia, e qui per l’analisi di quello in Brandeburgo.

2 commenti a “Sahra Wagenknecht interroga la sinistra europea”

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