Interventi

Che si tratta di una pandemia lo sappiamo da un anno, che ha colpito durissimamente tante vite umane portandosele via e tutte le vite di ogni essere umano cambiandole nel profondo ce lo dicono i numeri, impietosi, dell’Europa e del mondo intero. E in questo contesto una riflessione puntuale andrebbe fatta sulla brutta prova di governo fornita in particolare da tutte le democrazie occidentali. Non per mettere in discussione la democrazia, ma semmai il modello di sviluppo e le politiche economiche, sociali e sanitarie scelte dai governi occidentali. E non va dimenticato neppure il ritardo con il quale questi paesi hanno compreso l’entità del fenomeno cui si trovavano di fronte. La Cina è stata sicuramente colpevole di omissioni e di informazioni tardive una volta isolato il virus, ma anche quando le informazioni ci sono giunte, molti paesi occidentali hanno tardato settimane o mesi prima di prendere le prime misure di contenimento.

Adesso però, dopo un anno, siamo in una fase diversa. È vero che il virus è ancora molto attivo in tutta Europa, in Africa, Brasile, India e negli USA, e che tanti paesi sono ancora in lockdown, ma negli Usa ora c’è un Governo che ha deciso di affrontare il problema. E soprattutto da qualche mese sappiamo di avere a disposizione vari tipi di vaccino. Questo dato segna una svolta. Non insisterò sulle differenze tra un vaccino e l’altro, sul fatto che tutti sono nati grazie a ricerche di laboratori di aziende farmaceutiche multinazionali private anche se fortemente finanziati da risorse pubbliche (salvo quello cubano, ancora in fase di sperimentazione e tutto pubblico, e quelli russo e cinese sui quali ho meno informazioni sulle case produttrici). Qui voglio trattare un solo punto: abbiamo vari tipi di vaccini, ma dopo il primo mese di vaccinazioni sono emersi limiti sostanziali.

Il vaccino per tutti, che sarebbe “la cura di cui ha bisogno il mondo” per immunizzarsi in tempi più brevi possibili, non è disponibile per tutti e ha costi altissimi che i paesi poveri non potranno mai permettersi. Le multinazionali farmaceutiche si sono accaparrate tantissimi contratti e commesse e non riescono a far fronte alla domanda, neppure a quella dei paesi ricchi. E per questo, in tutta Europa, ogni piano vaccinale nazionale sta saltando o ritardando di molti mesi. E detto per inciso, se non riusciremo a vaccinare entro il prossimo inverno il 60/70% della popolazione europea, non ci sarà Recovery Plan che tenga: le cifre della crisi economica crescente lo travolgeranno. Mentre i paesi poveri non potranno mai arrivare al vaccino.

Abbiamo vissuto una situazione analoga, pur con tutte le differenze del caso, quando l’Hiv imperversava in tanti paesi del mondo ma soprattutto in Africa, focolaio principale, e la cura aveva costi proibitivi per tutti i paesi poveri. Dopo lunghi mesi di lotte, manifestazioni, dopo la sollevazione popolare in tanti paesi e la solidarietà estesa di mezzo mondo, Nelson Mandela, Presidente del Sudafrica, e altri leader di paesi africani riuscirono a strappare all’ONU all’OMS e al WTO l’impegno di togliere i brevetti, cosi che i farmaci potessero essere prodotti anche in Africa diventando quantitativamente sufficienti ed economicamente accessibili a tutti i paesi poveri. Fu una svolta. Che riportò sotto controllo una malattia che già aveva mietuto un numero enorme di vittime.

Una svolta analoga va fatta oggi se vogliamo che il vaccino sia per tutti e non in base al Prodotto interno lordo. Durante una guerra, o in condizioni particolarissime, i brevetti su medicinali salvavita possono essere superati, e i Governi possono avere voce in capitolo. Una pandemia non è una guerra, ma è, incontestabilmente, un flagello che sconvolge un pianeta intero. Dunque da questo assunto bisogna prendere le mosse.

I risultati della ricerca scientifica, delle sperimentazioni e dunque anche i vaccini, tutti i vaccini che avranno l’approvazione sono un bene comune e vanno messi in comune. Non esiste il mio vaccino e il tuo vaccino. Esistono i vaccini e sono l’unico rimedio per curare il mondo in questo momento. Angela Merkel, che non a caso oltre che una leader di Governo è anche una scienziata, ha opportunamente sottolineato giorni fa che, nonostante le forti divergenze dalla Russia e dalla Cina sui diritti civili, la democrazia e le divergenze in politica estera, lei è pronta, se i vaccini russo e cinese saranno approvati da EMA, a collaborare e a fare accordi per produzioni comuni. Un approccio che condivido; quando è in pericolo la sopravvivenza umana, i risultati della scienza e la cura del mondo vanno condivisi.

Ma un passo deciso l’Europa non l’ha ancora fatto, si discutono eventuali ricorsi e revisione dei contratti con le aziende produttrici. Strade impervie che hanno tempi biblici e mille cavilli da scavalcare. Se poi hai fatto contratti discutibili e ti sei impiccato con le tue mani a penali inesistenti, e poco cogenti, allora davvero è inutile incamminarsi per queste vie.

Oramai è accertato che Pfizer ha accettato più ordini di quanti poteva evaderne, e anche con gli stabilimenti ristrutturati non siamo certi riesca a mantenere tutti gli impegni presi. A questo si aggiunge il ritardo di molti mesi di Astrazeneca (un vaccino non ancora approvato e che pare avere qualche problema di efficacia da risolvere) e la scelta di Moderna di produrre soprattutto per gli USA che contano di farne un milione al giorno. E ancora molto indietro stanno Sanofi e Johnson & Johnson. Che fare allora?

L’Unione Europea, il WTO e l’OMS (come chiede la Petizione promossa da mesi dai Governi sudafricano e indiano e da Medici senza Frontiere) devono mettere subito in comune tutti i vaccini approvati e quelli in via di approvazione (compresi quelli cinese, russo e cubano) e deliberare in fretta il superamento dei brevetti. Il mondo intero non può restare appeso alle ristrutturazioni di una o due multinazionali, alle loro oscillazioni sul prezzo, alle incertezze e ai rallentamenti cui ogni produzione può incorrere. Se vogliamo tornare a vedere uno spiraglio di luce entro il 2021 servono al nostro pianeta miliardi di vaccini e per averli bisogna da subito mettere in comune le ricerche, le conoscenze e soprattutto i processi produttivi. Togliendo i brevetti i vaccini potranno essere prodotti in tante aree del mondo e arrivare dovunque, in ogni paese, come giustizia sociale e democrazia esigono.

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Un commento a “Togliere i brevetti, in fretta”

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