Articolo pubblicato su “Transform!Italia” il 15.05.2024.

Nel 2022, Wilhelmshaven, una città costiera del Mare del Nord, da secoli un importante porto commerciale e navale, ha assunto un nuovo ruolo. È diventata la sede del primo terminale di gas liquido galleggiante della Germania, un’arteria vitale per le forniture di gas per mantenere il flusso di energia sia in patria che in tutta Europa in un momento in cui il continente si stava avvicinando pericolosamente all’esaurimento.

L’infrastruttura del terminale di rigassificazione è stata costruita in soli 10 mesi mentre la Russia tagliava le forniture di gas all’UE dopo l’invasione dell’Ucraina, minacciando carenze e blackout. Riceve il gas naturale raffreddato a -160°C fino alla sua forma liquida, lo rigassifica e quindi lo invia nella vasta rete di gasdotti dell’Europa continentale. Una spedizione completa ha la capacità di fornire gas sufficiente ad alimentare 90.000 case per un anno. Non a caso la nave, di proprietà della compagnia di navigazione norvegese Höegh LNG, si chiama Esperanza, la parola spagnola che significa speranza.

Nel 2023, secondo Uniper, il colosso energetico tedesco che gestisce il terminale, la Esperanza ha fornito circa il 6% del consumo totale di gas della Germania, e la sua capacità sarà nuovamente utilizzata completamente quest’anno. “Con l’espansione di tale capacità di importazione, una quantità significativa di gas potrebbe essere deviata dall’Asia a breve termine per portarla in Europa, quindi è stata una parte davvero importante per affrontare la crisi”, ha affermato Michael Lewis, amministratore delegato di Uniper. Wilhelmshaven è stata la prima “unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione” (FSRU) a entrare in funzione durante la crisi, ma molte altre sono in lavorazione. Da quando la Russia ha iniziato a tagliare le forniture di gasdotti all’Europa nel 2021, sono stati pianificati o sono in costruzione almeno 17 terminali di gas naturale liquefatto (GNL)1. Questa serie di investimenti pianificati sono trattati come progetti UE di interesse comune, che beneficiano di procedure di autorizzazione snellite e, in alcuni casi, di cofinanziamento attraverso il Meccanismo per collegare l’Europa. Germania, Spagna, Francia, Italia, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi, Croazia, Polonia, Grecia, Finlandia e Lituania dispongono tutti di terminali GNL operativi. L’UE ha lanciato lo scorso anno il meccanismo di acquisto congiunto di GNL per i paesi membri, una delle tante misure di emergenza adottate durante la crisi.

Alcuni analisti ritengono che gran parte delle nuove infrastrutture per la rigassificazione del GNL potrebbero rivelarsi inutili con il calo del consumo di gas in Europa. I recenti sforzi dell’Europa per sviluppare le energie rinnovabili e ridurre il consumo di gas stanno dando i loro frutti. Dopo un’impennata delle importazioni di GNL nel 2022, nel 2023 le importazioni si sono stabilizzate. Con le nuove infrastrutture GNL in funzione, l’Europa sarà in grado di importare 406 miliardi di metri cubi di gas naturale entro il 2030, poco più dei 400 miliardi di metri cubi di gas naturale che si prevede consumerà in totale. Un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) rileva che la costruzione globale delle infrastrutture di GNL minaccia di creare un eccesso di offerta, che potrebbe far crollare i prezzi entro la fine di questo decennio.

In ogni caso, il GNL ricevuto dai terminali per la rigassificazione del GNL ha contribuito a sostituire quasi il 10% delle forniture di gas che in precedenza arrivavano nell’UE dalla Russia tramite gasdotti, contribuendo a ridurre i prezzi del gas dai livelli record di oltre 300 euro per megawattora nell’agosto 2022 a livelli quasi pre-crisi di oggi circa 30 euro per megawattora. Ciò nonostante, nel 2023 l’Europa ha comunque acquistato una quantità significativa di gas dalla Russia: le importazioni russe sono scese a un terzo dei livelli prebellici, ma non a zero (ancora quasi 50 miliardi di bcm, mentre 60 miliardi di bcm sono importati dagli USA). L’UE sta lavorando per imporre un embargo sul gas russo entro il 2027 (ha già vietato il petrolio russo), quindi dovrà sostituire quella fonte energetica mancante2.

La crisi energetica che gli europei temevano due inverni fa non si è verificata, grazie a una combinazione di interventi di politica energetica senza precedenti, tagli alla domanda e una buona dose di fortuna. In termini sia di livelli di stoccaggio che di prezzi “siamo in una posizione molto migliore ora di quanto avrei pensato tre anni fa”, afferma Anne-Sophie Corbeau, studiosa di energia globale presso il Center on Global Energy Policy della Columbia University.

Ma questo non significa che l’Unione Europea sia in acque sicure. È riuscita a sopravvivere alla peggiore crisi energetica degli ultimi decenni grazie alla riduzione della domanda del 15% e ad un paio di inverni miti, ma la capacità del continente di sopravvivere a un inverno freddo non è stata ancora messa alla prova (i maggiori rischi per il prossimo inverno includerebbero una ripresa della domanda cinese e interruzioni dell’offerta).

Inoltre, la risposta a breve termine alla crisi potrebbe aver creato problemi più grandi per il blocco in futuro, inclusa una forte dipendenza dai mercati del GNL storicamente volatili, con implicazioni sia per l’azione contro i cambiamenti climatici; sia per la competitività per le imprese industriali europee, sia per la transizione verde3.

L’Esperanza di Höegh, ad esempio, ha un contratto per rifornire la FSRU di Wilhelmshaven per dieci anni, molto tempo dopo che i gruppi ambientalisti speravano che la domanda di gas si sarebbe attenuata a favore di alternative più pulite. Sarà difficile rispettare gli impegni sanciti dagli accordi sul clima di Parigi del 2015 quando ci sono “un gran numero di centrali elettriche a gas che non hanno una data di pensionamento”, afferma Alexandru Mustață, attivista della campagna Beyond Fossil Fuels. “Siamo a un punto in cui non c’è molta chiarezza in tutta Europa”. D’altra parte, il cruciale Green Deal europeo – il pacchetto di politiche chiave per ridurre le emissioni di carbonio del blocco del 55% entro il 2030 e rendere l’Europa neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, lanciato in pompa magna dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, cinque anni fa – è da mesi che sta vacillando a seguito delle proteste degli agricoltori e dei pesanti attacchi delle forze politiche di (centro)destra in vista delle imminenti elezioni del 6-9 giugno.

L’utilizzo di gas naturale e, in particolare, di GNL, ha rilevanti effetti climalteranti. I ricercatori hanno scoperto che dalla catena di approvvigionamento del gas fuoriesce più metano di quanto si pensasse in precedenza, e il metano incombusto produce un effetto riscaldante molte volte più forte dell’anidride carbonica. Il GNL è una forma di gas che emette soprattutto carbonio. Al di là delle perdite di fondo nella catena di approvvigionamento del gas, i terminali GNL consumano grandi quantità di energia per la liquefazione e la rigassificazione. Nel frattempo, le petroliere consumano combustibili fossili per spostare il GNL attraverso i mari. Per mitigare davvero la crisi climatica, le considerevoli emissioni del ciclo di vita del GNL devono essere inferiori a qualsiasi fonte di energia che compensa, a cominciare dal carbone4. Questa è una questione che può essere indagata empiricamente, ma tracciare i gas invisibili attraverso i continenti e gli oceani è un affare complicato. La comprensione scientifica dell’intensità delle emissioni di GNL rimane, prevedibilmente, contestata. Uno studio del Dipartimento dell’Energia statunitense del 2019 ha stimato che le centrali elettriche europee che bruciano GNL statunitense producono emissioni nel ciclo di vita inferiori rispetto alla combustione di carbone europeo o di gas da gasdotto russo (quei tubi russi che perdono!). Ma il GNL emette molto più del carbone, secondo un nuovo studio di Robert Howarth, professore di ecologia e biologia ambientale alla Cornell University. Questo studio è ancora sottoposto a revisione paritaria, ma una versione preliminare con le risultanze è stata resa disponibile nel mezzo del dibattito pubblico statunitense sulle nuove approvazioni di impianti di produzione del GNL5. Il gas brucia in modo più pulito del carbone, ma il GNL crea emissioni sostanziali dall’estrazione alla consegna alle centrali elettriche. Affrontare le emissioni di gas upstream e downstream sarà fondamentale per ridurre l’impatto climatico.

Dal caos alla calma

Quattro giorni dopo che Vladimir Putin aveva lanciato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, i ministri dell’energia dell’UE si sono incontrati per discutere del grave danno che la Russia aveva inflitto alle infrastrutture energetiche ucraine e del rischio per le forniture energetiche dei propri paesi. Gli alti funzionari della Commissione europea a Bruxelles discutevano sul fatto se e per quanto tempo si sarebbero potute tenere accese le luci, riscaldare le case6 e far andare avanti l’industria.

Le forniture di gas erano la massima preoccupazione. Oltre a riscaldare milioni di case, il gas naturale è fondamentale anche per il settore energetico (la produzione di elettricità) e per i settori industriali dei fertilizzanti e petrolchimico e per le industrie pesanti come quelle siderurgica, chimica e del cemento7. Il suo prezzo all’ingrosso determina ciò che le persone pagano per le loro bollette energetiche.

Il blocco dipende dalle importazioni, attraverso gasdotti o spedizioni di GNL, per quasi il 90% delle sue forniture. Prima della guerra, i flussi provenienti dalla Russia attraverso quattro condotte principali rappresentavano circa il 40% delle forniture totali dell’UE.

Ancor prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, Mosca aveva iniziato a sfruttare quella posizione dominante, tagliando strategicamente le forniture all’UE e riducendo la quantità di gas destinato ad essere immagazzinato. L’UE era uscita dalla stagione invernale alla fine di marzo 2021 con i livelli di stoccaggio del gas più bassi degli ultimi tre anni, dopo un inverno freddo e prolungato. Le preoccupazioni per la scarsità delle forniture sono aumentate e i prezzi europei del gas naturale sono schizzati verso l’alto, mentre la Russia ha iniziato a inviare meno gas in Europa, in quella che è stata ampiamente percepita come una tattica per fare pressione su Germania e Bruxelles affinché approvassero l’avvio del controverso gasdotto Nord Stream 2.

Dopo l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, la Russia ha tagliato le forniture dei gasdotti più che mai, nel tentativo di fare pressione sui governi affinché riducessero il loro sostegno a Kiev. Quell’agosto, il prezzo della Title Transfer Facility di Amsterdam, il mercato di riferimento del gas in Europa, salì oltre i 340 euro per megawattora, un massimo storico. L’estate del 2022 è stata molto vicina a una tempesta perfetta.

I ministri dell’Energia dell’UE si sono incontrati altre sette volte nel 2022, più del doppio del numero di riunioni regolarmente programmate. Ogni vertice è diventato più acceso del precedente e sono stati concordati gli atti legislativi di emergenza che andavano dagli sforzi volontari di riduzione della domanda agli obiettivi di stoccaggio del gas e infine a un tetto massimo del prezzo del gas altamente contestato che è stato firmato nel dicembre 2022. Ogni incontro ministeriale successivo al precedente si è svolto in condizioni di stress maggiore perché prima si pensava che la situazione critica sarebbe passata più velocemente, e poi la sofferenza che i consumatori sentivano è diventata sempre più grande.

Eppure dopo la tempesta è arrivata una calma sorprendente. I prezzi del gas naturale sono tornati ai livelli pre-crisi, con il blocco ora in una posizione molto migliore per superare la crisi energetica.

Nel raggiungere così rapidamente uno stato di relativa stabilità, l’Europa ha beneficiato di una “fortuna assolutamente spettacolare”, dice Amund Vik, l’ex segretario di Stato norvegese per l’energia, ora consigliere senior presso la società di consulenza Eurasia Group.

Innanzitutto, c’è stato il tempo meteorologico favorevole. Con l’aggravarsi della crisi nel 2022, politici, analisti e trader temevano che un inverno freddo avrebbe prosciugato le riserve di gas del blocco e fatto salire alle stelle i prezzi del gas. Un mese estremamente freddo può consumare molto gas. Una giornata fredda di febbraio può consumare il doppio del gas di una normale giornata di febbraio. Tuttavia, l’UE ha registrato temperature invernali del 5% più calde rispetto alla media storica decennale nel 2022-23 e del 9% più calde nel 2023-24, ponderate in base alla popolazione.

Le temperature calde hanno permesso di accumulare riserve di gas. I livelli di stoccaggio del gas in tutta l’UE erano già superiori al 60% ad aprile e gli analisti prevedono che quest’anno lo stoccaggio sotterraneo di gas del blocco sarà pari al 90% ben prima dell’inverno.

In secondo luogo, molti dei principali fornitori alternativi alla Russia dell’Europa si sono fatti avanti come “amici nel bisogno” nel primo anno di guerra, aiutando l’UE a colmare il divario. L’UE e i suoi Stati membri hanno concluso circa 180 accordi di cooperazione energetica. La maggior parte di questi sono con paesi che figuravano tra i maggiori e più longevi fornitori di combustibili fossili dell’UE: 17 accordi con gli Stati Uniti, 9 con l’Azerbaigian, 9 con la Norvegia, 8 con il Qatar e 7 con l’Algeria. Altri accordi di fornitura sono stati successivamente siglati con Emirati Arabi Uniti, Nigeria, Mozambico, Angola, Namibia, Repubblica Democratica del Congo, Kazakhstan, Egitto, Libia, Arabia Saudita, Oman, Turchia.

Infine, il rallentamento dell’attività economica in Cina – in parte dovuto ai blocchi legati alla pandemia – ha fatto sì che il consumo di gas naturale sia diminuito nel 2022 per la prima volta in oltre tre decenni. Le importazioni di GNL nel Paese sono diminuite del 20% rispetto al 2021.

Per far fronte al previsto deficit di approvvigionamento energetico, l’UE ha anche accelerato la diffusione delle energie rinnovabili. Insieme, eolico e solare hanno prodotto il 27% dell’elettricità dell’UE nel 2023, per la prima volta più di un quarto (sostanzialmente in linea con il fatto che ormai l’energia rinnovabile rappresenta il 30% della fornitura elettrica mondiale)8. Ciò ha consentito all’UE di risparmiare circa 15-17 miliardi di metri cubi di gas. I dati sulle emissioni a livello UE pubblicati in aprile mostrano che il blocco ha ridotto le emissioni climalteranti di un record del 15,5% su base annua nel 20239. È più economico costruire un nuovo impianto eolico o solare che gestire un impianto di gas esistente praticamente in tutta l’UE. Di fatto, l’economia di mercato sta lavorando contro il gas. L’energia eolica e quella solare a bassissimo costo stanno riducendo le ore di funzionamento degli impianti a gas, minando il loro modello di business e rendendo evidente l’esistenza di una enorme capacità produttiva sottoutilizzata. La riduzione dei tempi di funzionamento e l’indebolimento del sistema di business per i nuovi impianti di gas spingono al ribasso il consumo di gas previsto per il settore energetico. BloombergNEF prevede che il consumo di gas in Europa per l’elettricità diminuirà della metà entro il 2030.

Il problema è che l’uso del gas negli edifici e nell’industria pesante non sta diminuendo così velocemente. L’Europa ha installato un numero record di pompe di calore nel 2022 in risposta alla guerra in Ucraina, spostando il riscaldamento domestico dalla combustione del gas all’elettricità. Ma l’adozione delle pompe di calore rimane fortemente dipendente dalle politiche di sostegno, perché le pompe costano da tre a cinque volte il prezzo iniziale di una caldaia a gas nella maggior parte dei mercati europei10.

I costi del ritorno alla calma

L’UE non è riuscita a raggiungere questo livello di relativa stabilità senza subire colpi significativi. I prezzi record della crisi energetica hanno portato alla distruzione permanente della domanda nel settore industriale, con la chiusura di molte imprese e fabbriche ad alta intensità energetica.

Il settore chimico è stato quello più colpito, con una produzione totale in calo del 25% tra gennaio e dicembre 2022 e una scarsa ripresa dall’inizio del 2023, secondo il Center on Global Energy Policy della Columbia University. Anche le industrie del ferro e dell’acciaio, della carta e della pasta di legno, del legno e dei prodotti in legno, del vetro, dei metalli non ferrosi e dei minerali non metallici hanno subito pesanti perdite di produzione.

Alcuni analisti ora dicono che l’UE ha raggiunto la riduzione delle emissioni grazie ad una parziale decarbonizzazione del settore industriale e questo non è del tutto vero. La ragione principale è che l’economia ha semplicemente prodotto molto meno. L’anno scorso la produzione di acciaio è stata di 10 milioni di tonnellate in meno. In particolare, la Germania è stata colpita duramente, data la sua precedente dipendenza dal gas russo e la decisione politica del suo governo di chiudere gli impianti nucleari in seguito al disastro nucleare di Fukushima in Giappone.

Ma alcuni analisti sostengono che i prezzi elevati abbiano avuto un ruolo nel salvare l’Europa da una crisi energetica ancora più significativa che avrebbe costretto i governi a razionare l’energia o causare blackout continui. I prezzi più alti pagati in Europa hanno portato i commercianti di GNL a dare priorità alle consegne ai clienti europei rispetto a quelli asiatici. I cosiddetti “segnali del mercato” sono stati fondamentali per allocare le risorse laddove erano necessarie.

L’impero del gas GNL, le energie rinnovabili, l’idrogeno blu e lo spettro del “nuovo” nucleare modulare

Nuove infrastrutture come il terminale di Wilhelmshaven, entrato in funzione nel dicembre 2022, hanno consentito all’UE di diversificare i fornitori e le rotte utilizzate e di diventare il più importante importatore mondiale di GNL. Nel 2021, rappresentava solo il 20% circa delle importazioni complessive di gas naturale dell’UE. Nel 2023 rappresentava il 42%. I maggiori importatori di GNL nell’UE sono Francia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio e Italia.

Quasi la metà delle forniture dello scorso anno provenivano dagli Stati Uniti, ora il più grande esportatore di GNL al mondo dopo il boom dello scisto, e il blocco ha anche acquistato volumi significativi dal Qatar, il terzo maggiore esportatore, e dalla Norvegia. Ma per ironia della sorte, nello stesso periodo sono aumentate anche le importazioni di GNL russo da parte dell’UE. Tuttavia, gli Stati membri dell’UE stanno attualmente discutendo con la Commissione Europea su se e come il GNL russo possa essere sottoposto a sanzioni.

La ritrovata dipendenza dal GNL pone potenziali problemi per l’Europa in futuro, introducendo la dipendenza da diversi partner per il gas, esponendola a un mercato altamente volatile e ritardando potenzialmente i progressi del blocco verso un obiettivo giuridicamente vincolante di raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050.

Il costo di importazione del GNL è molto maggiore rispetto al gas proveniente dalla Russia, il che significa che è probabile che i prezzi rimarranno più alti. Anche la ripresa della domanda dall’Asia manterrà i costi elevati poiché il blocco europeo compete con gli importatori per rifornimenti limitati11. I politici sperano che la legislazione messa in atto dall’UE, inclusa una riforma del mercato elettrico del blocco progettata per attenuare i picchi di prezzo e regolare le forniture di idrogeno e gas, permetterà al blocco di sopravvivere fino a quando gli Stati Uniti e il Qatar non riusciranno a immettere maggiori volumi di GNL sul mercato dal 2026.

I ministri dell’Energia dell’UE a dicembre hanno prorogato per un ulteriore anno diversi atti legislativi di emergenza introdotti durante la crisi, compreso il tetto al prezzo del gas, anche se il commissario per l’Energia Kadri Simson aveva affermato che non avrebbe dovuto essere ulteriormente esteso.

Il blocco si trova ad affrontare uno scenario difficile con prezzi dell’energia strutturalmente più elevati rispetto a Stati Uniti e Cina, i suoi rivali per la capacità di produzione di tecnologie pulite12. I prezzi europei dell’energia sono piuttosto elevati e non esiste una politica energetica a breve termine che possa influenzare i fondamentali. Ci vuole molto tempo (anni) per costruire risorse energetiche alternative.
I leader dell’UE si sono riuniti a Bruxelles all’inizio di aprile per discutere del declino della competitività del blocco, a fronte dei vasti programmi di sussidi in Cina e negli Stati Uniti con forniture sicure di “energia abbondante, conveniente e pulita” nella lista delle priorità.

Poi c’è l’agenda verde a lungo termine. La campagna Beyond Fossil Fuels ha scoperto che solo il 2% degli impianti energetici europei alimentati a gas ha una data di pensionamento programmata13, ma un recente piano elaborato dalla Commissione Europea su come il blocco potrebbe raggiungere una riduzione delle emissioni del 90% entro il 2040 afferma che l’uso di combustibili fossili dovrebbe essere ridotto dell’80% rispetto al 2021. Una quota significativa della rete di petrolio e gas potrebbe essere gradualmente riconvertita per e-carburanti (e-fuel, prodotti con energia elettrica da fonti rinnovabili, acqua e CO2), biocarburanti avanzati e idrogeno blu, prodotto con energie rinnovabili e a basso contenuto di carbonio14, si legge nel documento della Commissione, sebbene gli ingegneri siano scettici sulla fattibilità e sui costi della conversione di ex impianti alimentati a gas e gasdotti in infrastrutture per combustibili rinnovabili.

Uniper sta costruendo un impianto separato per l’importazione di ammoniaca lungo la costa dal terminal di Wilhelmshaven per incrementare la produzione di carburanti verdi, ma non ha condotto studi sulla trasformazione della stessa FSRU.

I politici sperano che la diversificazione delle forniture di gas e l’adozione di misure per incrementare la produzione di idrogeno blu e l’introduzione delle energie rinnovabili contribuiranno ad alleviare i timori sempre più profondi sul declino industriale in un continente che dipende dalle importazioni per l’approvvigionamento di carburante.

Gli ultimi due anni sono stati i più imprevedibili e anche i più impegnativi dal punto di vista energetico. Ci siamo trovati di fronte a una crisi alla quale non avevamo mai assistito prima”, ha affermato Tinne Van der Straeten, ministro dell’Energia belga. Ora, dice, “abbiamo bisogno di una visione lungimirante, abbiamo bisogno di resilienza, abbiamo bisogno che l’energia ritorni nelle nostre mani”.

Simson ha ribadito gli obiettivi dell’UE di avere quasi 600 GW di energia solare entro il 2030 e più di 500 GW di energia eolica: una grande accelerazione rispetto al lancio prima della crisi. La riduzione delle emissioni di gas serra va di pari passo con la sicurezza energetica, afferma. “Putin ha spento il gas. Non può fare lo stesso con il sole”.

Ma, in modo assai preoccupante, i Paesi europei vogliono puntare anche sull’energia nucleare, dividendosi. Alcune aziende europee, in particolare in Francia, cercano di sviluppare piccoli reattori nucleari modulari (SMR) di quarta generazione, con il tentativo di creare un’alleanza nucleare europea fatto nel novembre 2023. Ma nello stesso momento, paesi come Italia, Belgio e Romania collaborano, attraverso RATEN, SCK CEN, Ansaldo Nucleare e l’ENEA, con la società americana Westinghouse Electric per sviluppare reattori modulari veloci raffreddati al piombo. Il divario di coordinamento gioca a vantaggio dell’influenza americana in Europa, come confermato da John Kerry nel settembre 2023. Nell’ambito del consorzio internazionale “Clean Fuel from SMR”, guidato da aziende americane, si sono riuniti la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Polonia, paesi selezionati per partecipare e che riceveranno supporto per studi di fattibilità del passaggio dal carbone all’SMR. Questi paesi dell’UE si rivolgono agli americani per costruire nuove centrali nucleari, principalmente a causa dei loro finanziamenti e delle loro competenze tecniche, mentre l’UE continua per ora a bloccare ogni sostegno ai progetti nucleari sviluppati sul suo territorio.

Per evitare di cadere da una dipendenza (dal gas russo) ad un’altra (dal GNL di USA, Qatar e Norvegia, e dal nuovo nucleare USA), gli Stati membri dell’UE dovrebbero innanzitutto lavorare di più per costruire reti energetiche realmente europee che siano in grado di favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili che possono alimentare il sistema elettrico. Ci vorranno accordi per creare reti estese e interconnesse su scala europea, che dovranno essere sviluppate dagli stessi Stati membri dell’UE. Inoltre, dovranno essere trovate le risorse finanziarie necessarie per il finanziamento dell’energia verde. A novembre, l’Osservatorio europeo sulla neutralità climatica ha avvertito che la mancanza di investimenti pubblici a livello UE nell’energia verde potrebbe far sì che il blocco non riuscirà a raggiungere i suoi obiettivi di zero emissioni nette. Invece di dare ascolto all’avvertimento, gli Stati membri hanno ridotto il fondo destinato alle energie rinnovabili e alle tecnologie pulite – la Piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (STEP) – a 1,5 miliardi di euro a febbraio.

Note

  1. Fin dai primi anni 2000 i governi e l’ENI hanno pensato che l’Italia dovesse sfruttare la propria posizione centrale nel Mediterraneo e in Europa, nonché le notevoli connessioni via gasdotto verso il Nord Europa, per proporsi come un hub energetico del gas naturale. L’idea era di importare gas liquefatto via nave, rigassificarlo ed esportare quindi il surplus verso l’Europa centrale e settentrionale. Per attuare questa strategia industriale si riteneva che l’Italia avesse bisogno di 11 rigassificatori di cui almeno 4 da avviare subito (possibili localizzazioni erano Brindisi, Livorno, Porto Empedocle, Priolo, Gioia Tauro, Trieste, Falconara Marittima, Ravenna, Taranto, Monfalcone, Rosignano, Porto Recanati e Piombino). Ma non se ne fece nulla per l’opposizione di una parte delle forze politiche, per le proteste dei cittadini e per i rilevanti costi economici previsti. In ogni caso, fino alla fine del 2022 c’erano solo tre rigassificatori: a 20 km al largo di Livorno (Olt) (gli azionisti sono: 46,79% E.ON, 46,79% Iren compresa la quota del 5,08% di ASA Livorno, 3,73% OLT Energy Toscana – gruppo Belleli, 2,69% Golar Offshore Toscana Ltd – gruppo Golar), al largo di Rovigo (gli azionisti sono: 70,7% ExxonMobil, 22% Qatar Petroleum, 7,3% Snam) e nel porto di Panigaglia (nel golfo di La Spezia) (l’azionista è GNL Italia, società del gruppo Snam). A marzo 2023 si è aggiunto il rigassificatore Golar Tundra nel porto di Piombino (azionista è la Snam che ha investito 450 milioni di euro) da 5 miliardi di bcm all’anno, nonostante l’opposizione di tutta la città, sindaco compreso. Sono in approntamento a Marina di Ravenna (nei 120mila metri del cantiere Rosetti Marino) le strutture di un terminal galleggiante della Snam previsto in Adriatico a 8,5 km dalla costa di Punta Marina, dove ormeggerà la nave rigassificatrice BW Singapore. La Snam ha investito un miliardo di euro nel progetto e la nave BW Singapore è in grado di immettere nella rete nazionale 5 miliardi di bcm all’anno. Gli impianti di Piombino e Marina di Ravenna sono destinati a coprire circa il 13% del consumo italiano di gas.
  2. Budapest si oppone a misure “che potrebbero avere un impatto negativo sul mercato del gas dell’UE” – una posizione che potrebbe vanificare gli sforzi dell’UE di comprimere le entrate del gas di Mosca. L’Ungheria ha espresso significative riserve sulla nuova proposta durante le conversazioni iniziali tra gli ambasciatori la scorsa settimana, rifiutandosi di opporsi apertamente alla misura ma rendendo evidente la sua diffidenza. Il principale inviato dell’Ungheria ha affermato che il suo Paese bloccherà qualsiasi sanzione che aumenti i costi energetici in Europa. Le sanzioni impedirebbero ai paesi dell’UE di riesportare il GNL russo, privando potenzialmente Mosca di profitti significativi. Francia, Spagna e Belgio sono stati i maggiori hub per le importazioni di GNL russo, gran parte del quale viene poi riesportato in paesi tra cui Germania e Italia. Ma le misure non fermerebbero gli acquisti dell’UE di gas russo né colpirebbero direttamente gli interessi commerciali dell’Ungheria. Tuttavia, l’Ungheria è fortemente dipendente dalle esportazioni russe – ha anche stretto nuovi accordi con il colosso statale dei combustibili fossili di Mosca Gazprom per aumentare le forniture durante i picchi di domanda – e si oppone da tempo a ulteriori sanzioni energetiche contro Mosca, che richiedono il sostegno unanime di tutti i 27 paesi dell’UE.
  3. Quando il presidente Biden ha sospeso le approvazioni federali per nuovi impianti di esportazione di GNL negli Stati Uniti nel gennaio di quest’anno, gli interessi del GNL si sono affrettati a criticare la mossa, sostenendo che limitare le esportazioni avrebbe rafforzato Putin e indebolito gli alleati degli Stati Uniti. I sostenitori della lotta contro i cambiamenti climatici, tra cui circa 60 membri verdi e di sinistra del Parlamento Europeo, hanno sostenuto a loro volta che con la transizione verso l’energia pulita in Europa ben avviata, il continente non ha bisogno di maggiori esportazioni dagli Stati Uniti, e che la domanda di gas continuerà a diminuire nella marcia inarrestabile verso l’elettrificazione e la decarbonizzazione.
  4. La sostituzione del gas con il carbone o il potenziamento delle vecchie turbine a gas con turbine moderne altamente efficienti rappresentano grandi successi. Ma la generazione greenfield alimentata a gas non sarà sostenibile e spesso sarà più costosa dell’alternativa rinnovabile. Anche in uno scenario credibile di zero emissioni, la domanda di gas probabilmente persisterà, sia per ragioni tecniche che per creare combustibili a basse emissioni di carbonio come l’idrogeno blu. Nel medio termine, il gas naturale può essere parte di una soluzione in cui lo sviluppo economico sostenibile è un corollario (o prerequisito) dell’azione per il clima.
  5. Haworth presuppone il 2,6% delle perdite di produzione di gas naturale dal giacimento, sulla base del tasso medio nella sua recente sintesi delle misurazioni effettuate nelle operazioni di scisto negli Stati Uniti. Tuttavia, i tassi di perdita sono una sorta di obiettivo mobile: se particolari progetti perdono meno del 2,6%, produrranno GNL più pulito. Gli Stati Uniti stanno implementando nuove regole per contenere queste perdite; l’amministrazione Biden ha pubblicizzato tale azione normativa alla COP28 dell’anno scorso. Cinquanta compagnie petrolifere e del gas in tutto il mondo si sono impegnate a ridurre le perdite allo 0,2% entro il 2030. Un altro grande fattore di emissioni è l’energia necessaria per convertire il gas da e verso il suo stato liquido. Haworth ipotizza da studi empirici che i terminali in genere bruciano l’equivalente del 9,8% del gas che stanno liquefacendo per alimentare la liquefazione, emettendo fumi di scarico nell’aria. Ma molti terminali statunitensi hanno scelto di acquistare energia dalla rete per eseguire queste operazioni, che possono consumare centinaia di megawatt, a seconda delle dimensioni. Intervenire sul processo di produzione dell’elettricità dovrebbe essere il modo più semplice per ridurre le emissioni di carbonio: gli esportatori devono solo acquistare elettricità pulita per i loro terminali. I più grandi giganti della tecnologia lo fanno da anni per alimentare i data center a basso costo e mantenere credenziali rispettose del clima, anche se in pratica dipendono dall’energia proveniente da combustibili fossili in determinate ore. Non c’è motivo per cui le società di GNL non possano concludere accordi simili con i parchi eolici e solari del Texas. Rodrigo Sandoval, sostenitore del GNL, che gestisce un gruppo chiamato LNG Cluster, spera che gli operatori terminalistici in Texas prendano in considerazione accordi di acquisto di energia rinnovabile abbondante e a basso costo prodotta nello Stato per gestire le loro operazioni di esportazione.
  6. Ogni anno circa 130 milioni di famiglie in tutta Europa bruciano quasi il 40% del consumo totale di gas del continente per riscaldare le proprie case. Le caldaie a gas contribuiscono a più di un quinto delle emissioni di gas serra dell’Europa. Molti hanno avvertito che il predominio delle caldaie a gas minaccia di far deragliare gli obiettivi climatici globali, mantenendo l’Europa dipendente dalle importazioni di gas e incatenata a costi energetici più elevati. Per la maggior parte delle case europee, la risposta è probabilmente una pompa di calore elettrica ad aria, mentre i governi cercano di ripulire le emissioni di carbonio.
  7. Il gas è particolarmente viscoso per gli usi industriali, perché esistono poche, se non nessuna, alternative commerciali competitive per fornire calore elevato senza emissioni di carbonio. Alcuni utenti industriali necessitano anche del gas come materia prima per i loro prodotti, come la produzione di fertilizzanti o idrogeno. Numerose startup stanno lavorando su tecnologie per trasformare l’energia rinnovabile in calore elevato. Ma per ora, le previsioni sono che la domanda del settore industriale di gas rimarrà costante fino al 2050.
  8. Tra i grandi paesi europei, la Francia ha raggiunto solo il 22,2% di energie rinnovabili nel suo consumo finale lordo di energia nel 2023. Deve raggiungere almeno il 44% nel 2030, il che non è un’impresa facile senza aggiustamenti. In ogni caso, dal 2022 il governo ha annunciato diverse misure per accelerare lo sviluppo delle energie rinnovabili. Le ultime: l’annuncio del calendario dell’eolico offshore al 2035 e al 2050 e l’accelerazione delle procedure amministrative, mentre il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, il 15 maggio si è recato in Normandia per inaugurare il parco eolico offshore da 500 MW al largo di Fécamp.
  9. Secondo uno studio recente, diversi paesi europei hanno raggiunto alcuni dei loro obiettivi energetici sostenibili per il 2030 con un decennio di anticipo, ma permangono grandi lacune a tutti i livelli. Tutti gli Stati membri dell’UE hanno compiuto progressi dal 2010 verso il raggiungimento del settimo obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che prevede l’accesso a “energia accessibile, affidabile, sostenibile e moderna per tutti” entro il 2030. La classifica mostra che il paese più vicino all’obiettivo generale è la Svezia, seguita da Danimarca, Estonia e Austria. Malta è quella che ha registrato i maggiori miglioramenti, con grandi guadagni anche a Cipro, Lettonia e Belgio, anche se questi paesi hanno tutti molta strada da fare. La Bulgaria è la più lontana dall’obiettivo.
  10. Le vendite di pompe di calore sono diminuite nel 2023 per la prima volta in un decennio, suggerendo che l’impennata del tempo di guerra non è necessariamente sostenibile. A febbraio, l’Associazione europea delle pompe di calore ha accusato i paesi di stare abbandonando le politiche che hanno contribuito a stimolare le installazioni record nel 2022.
  11. Le importazioni asiatiche di GNL sono aumentate notevolmente a marzo poiché la regione dei principali acquirenti ha approfittato dei prezzi spot più bassi per allontanare i carichi dall’Europa. Un totale di 24,16 milioni di tonnellate di GNL sono sbarcate in Asia a marzo, in aumento rispetto ai 22,73 milioni di febbraio e anche in aumento dell’11,5% rispetto ai 21,67 milioni di marzo 2023. La Cina è il più grande importatore di GNL al mondo e tende ad acquistare più carichi spot quando il prezzo è inferiore a 10 milioni di dollari per Btu poiché ciò consente al carburante di rimanere competitivo in alcune aree del mercato cinese del gas naturale parzialmente regolamentato. Il Giappone è il secondo maggiore acquirente di GNL al mondo e importa circa 6 milioni di tonnellate al mese.
  12. Riempiendo in parte lo spazio vuoto lasciato da Mosca, gli Stati Uniti sono diventati il principale produttore ed esportatore di GNL verso l’Europa. Negli ultimi due anni oltre il 60% delle esportazioni di GNL degli Stati Uniti è andato in Europa. Questo sviluppo favorisce il commercio statunitense mentre i costi energetici interni vengono mantenuti bassi, ampliando ulteriormente il divario di prezzo, con l’Europa che sperimenta l’inflazione energetica e minando la sua competitività relativa e l’attrattiva per l’industria ad alta intensità energetica.
  13. Le utility tedesche SEFE e EnBW, ad esempio, hanno firmato contratti di 15 anni, a partire dal 2028, per il gas naturale liquefatto con la Compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi (ADNOC).
  14. Secondo i dirigenti delle aziende energetiche europee, i governi dovranno offrire alle aziende energetiche sussidi e supporto normativo per produrre idrogeno blu per effettuare la transizione verso combustibili puliti da combustibili fossili. Produrre idrogeno blu è da quattro a dieci volte più costoso del gas naturale. L’Unione Europea mira a produrre 10 milioni di tonnellate e importare 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile entro il 2030 mentre il blocco si muove per ridurre le emissioni di carbonio. Un passaggio all’idrogeno blu su larga scala richiederà una nuova domanda significativa, che potrebbe avvenire solo con investimenti in infrastrutture per ridurre i costi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *