Il 24 febbraio 2022 iniziava l’operazione militare russa in Ucraina. Un conflitto che ha avuto gravi conseguenze anche per i paesi europei. Questi finora si sono schierati in maniera compatta a favore del popolo ucraino, inviando materiali sia bellici che di supporto alla cittadinanza. Ma anche imponendo sanzioni alla Russia.
La questione dell’invio di armi in particolare è risultata particolarmente controversa e fonte di un acceso dibattito anche nel nostro paese. Da questo punto di vista è particolarmente importante valutare le posizioni assunte dai nostri rappresentanti in parlamento. Un tema di cui il parlamento ha discusso sia nella legislatura precedente che in quella appena iniziata.
Sono 2 in particolare i provvedimenti su cui il parlamento si è espresso con un voto. Si tratta dei decreti legge 169 (proroga della partecipazione dell’Italia alle attività della Nato) e 185 (proroga dell’invio di materiale, anche bellico, all’Ucraina) del 2022. Com’era prevedibile entrambi questi provvedimenti hanno ricevuto il voto favorevole delle formazioni di centrodestra che fanno parte dell’attuale maggioranza.
L’opposizione invece ha assunto posizioni diverse. Gli unici gruppi espressamente contrari sono stati infatti il Movimento 5 stelle e l’Alleanza verdi-sinistra (Avs). Più morbida invece la posizione assunta da Partito democratico e Azione-Italia viva che si sono astenuti nel primo caso e hanno votato a favore nel secondo.
La proroga dell’autorizzazione all’invio di armi
Il primo provvedimento che prendiamo in esame è il più recente dei due e forse anche il più rilevante politicamente. Si tratta del decreto legge 185/2022 che dispone la proroga fino al 31 dicembre 2023 dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari a favore dell’Ucraina.
L’11 gennaio scorso al senato il provvedimento è stato approvato in via definitiva con 125 voti favorevoli, 28 contrari e 2 astenuti. La camera si era già pronunciata alcuni giorni prima (215 favorevoli , 46 contrari e nessun astenuto) ma in quel caso l’aspetto più rilevante riguardava il numero di deputati che non hanno partecipato al voto: 138 di cui 72 assenti e 66 in missione. I parlamentari in missione non risultano fisicamente in aula perché impegnati in altre attività istituzionali. Sono però considerati come presenti ai fini del raggiungimento del numero legale ma di fatto non partecipano al voto.
Ad esprimersi in senso contrario su questo provvedimento sono stati solamente il Movimento 5 stelle e l’Alleanza verdi-sinistra (che al senato fa parte del gruppo misto). Tutti favorevoli gli altri gruppi. Occorre ricordare che questo decreto legge rappresenta una proroga di quanto già disposto dal Dl 14/2022 che era stato presentato dal governo Draghi. Non deve sorprendere quindi il fatto che anche gruppi di centro e centrosinistra come Partito democratico e Azione-Italia viva abbiano votato a favore del provvedimento. Dato che all’epoca del primo decreto facevano parte della maggioranza.
Sulle votazioni relative a questo decreto è interessante osservare quanto accaduto nelle fila del Partito democratico. Tra i Dem infatti si sono registrati alcuni voti in contrasto con il resto dei gruppi, sia al senato che alla camera. Quelli che definiamo “voti ribelli“.
Al senato i voti contrari sono arrivati da Andrea Giorgis e Valeria Valente. I 2 si sono affrettati a specificare che il loro voto in contrasto con il resto del gruppo sarebbe dovuto ad un semplice errore materiale. Tuttavia ai fini del conteggio il voto contrario rimane, anche se i due esponenti hanno richiesto che rimanesse a verbale la loro volontà di votare sì al provvedimento.
Al di là di questo però ci sono altri 3 voti ribelli all’interno del Pd. A conferma di come la questione ucraina sia delicata, specie in un partito che ha tra le proprie fila diverse anime e che vede al proprio vertice un segretario dimissionario, Enrico Letta. Al senato si sono astenuti l’ex segretaria generale della Cgil Susanna Camusso e Rando Vicenza. Alla camera invece il voto contrario è stato quello di Paolo Ciani.
Emendamenti e ordini del giorno
Per quanto riguarda il decreto legge in esame è molto interessante evidenziare elementi ulteriori. In particolare come il parlamento si è espresso su alcuni emendamenti e ordini del giorno.
Al senato in particolare sono stati presentati due emendamenti, uno da parte degli esponenti di Avs e l’altro, sostanzialmente identico, dal M5s che richiedevano un atto di indirizzo per ogni singolo invio di armi e materiali in Ucraina. Questa specifica è molto importante poiché il testo del Dl ha una formulazione più generica.
È prorogata, fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina. – Decreto legge 185/2022, articolo 1 comma 1
Data questa formulazione, l’interpretazione potrebbe essere che non sia necessario un atto di indirizzo parlamentare per ogni invio ma potrebbe esserne sufficiente uno per tutti. Emendamenti simili sono stati ripresentati anche alla camera dalle stesse forze politiche ma in entrambi i casi sono stati bocciati.
Il senato inoltre si è espresso su un ordine del giorno (Odg) presentato sempre dal Movimento 5 stelle. L’atto chiedeva al governo di rendere noto il dettaglio di ogni cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell’Ucraina. C’è da dire che in questo la proposta di Odg aveva un chiaro fine politico dato che avrebbe richiesto la rivelazione da parte dell’esecutivo di documenti classificati.
Sull’ordine del giorno G1.2 esprimo parere contrario. Le ragioni del parere contrario sono che con l’accoglimento di questo ordine del giorno verrebbe meno il carattere di tempestività rispetto all’opportunità di inviare materiale militare all’Ucraina e, in secondo luogo, non potendo per ragioni di sicurezza nazionale, essendo classificato l’elenco dei materiali inviato, riferire circa lo stesso, verrebbe meno anche il concetto di dover riferire all’Assemblea. – Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla difesa
L’ordine del giorno è stato infatti respinto con solo 23 voti favorevoli. Il tentativo è quindi servito probabilmente a marcare il nuovo posizionamento dei pentastellati rispetto al conflitto in corso.
La partecipazione dell’Italia alle attività della Nato
Un altro decreto legge del governo su cui il nuovo parlamento si è espresso è il 169/2022. L’articolo 1 di questo provvedimento aveva disposto la proroga fino al 31 dicembre 2022 della partecipazione di personale militare italiano alle iniziative della Nato nell’ambito della forza ad elevata prontezza operativa, denominata Very high readiness joint task force (Vjtf).
Come si ricorda nella scheda di lettura predisposta dal servizio del bilancio del senato, successivamente all’aggressione militare della Russia nei confronti dell’Ucraina, il Governo ha adottato il decreto legge 28/2022 che ha previsto, tre le diverse misure, anche la partecipazione di 1.350 unità di personale militare, 77 mezzi terrestri e 5 mezzi aerei e 2 unità navali nell’ambito della Vjtf.
In fase di conversione del provvedimento poi la camera ha aggiunto altri 2 articoli sempre relativi ad attività militari. In particolare l’articolo 1-bis va a modificare l’articolo 538-bis comma 1 del codice dell’ordinamento militare. La modifica apportata consente al ministero della difesa di avviare le procedure per l’affidamento di diversi servizi (tra cui l’acquisto e la manutenzione di equipaggiamenti, mezzi, sistemi d’arma, sistemi per il comando e controllo, sistemi per le comunicazioni) finanziati dai provvedimenti di autorizzazione e proroga delle missioni internazionali delle forze armate anche nell’anno precedente all’effettivo impegno di spesa fino alla fase della stipulazione del contratto.
L’articolo 1-ter invece ha introdotto nel codice dell’ordinamento militare l’articolo 544-bis. Questa nuova disposizione autorizza il ministero della difesa ad acquistare materiali non d’armamento e alla realizzazione di lavori ed opere ai fini della successiva cessione a titolo gratuito.
È importante evidenziare che questo decreto è un cosiddetto “atto omnibus”: contiene cioè disposizioni che vanno ad intervenire in settori non omogenei tra loro. In particolare l’articolo 2 ha esteso di 6 mesi l’applicabilità delle misure a sostegno del servizio sanitario della Calabria attualmente commissariato. L’articolo 3 invece contiene disposizioni che riguardano l’agenzia italiana del farmaco (Aifa).
Questo è un elemento molto importante da tenere presente poiché il parlamento si è espresso sulla legge di conversione che contiene un unico articolo. Di conseguenza, con un solo voto, camera e senato hanno dato il via libera sia alla partecipazione italiana alle iniziative della Nato che alle altre misure riguardanti la sanità.
Al senato la votazione finale sul disegno di legge (Ddl) di conversione si è svolta il 30 novembre scorso. Il provvedimento è stato approvato con 86 voti favorevoli. Da notare che in questo caso i contrari sono stati solamente 28 ma c’è stato un numero significativo di astenuti (46) e di senatori che risultavano in missione (30). Alla camera invece il voto finale si è tenuto il 14 dicembre. I favorevoli sono stati 160 mentre i contrari 54. Anche in questo caso ci sono stati molti astenuti (76) e deputati in missione (49).
Anche in questo caso è particolarmente interessante vedere le diverse scelte fatte dai gruppi dell’opposizione. In particolare il Movimento 5 stelle e l’Alleanza verdi e sinistra hanno votato contro mentre Partito democratico e Iv e Azione (insieme a Per le autonomie al senato) si sono astenuti.
Da ricordare, anche in questo caso, che M5s, Pd e Iv facevano parte della maggioranza che sosteneva il governo Draghi. Finché hanno fatto parte del governo di unità nazionale, queste formazioni hanno votato a favore delle misure varate dall’esecutivo.
A differenza del M5s, Pd e Iv (adesso associata in parlamento al partito di Carlo Calenda Azione) non hanno modificato le posizioni filo atlantiste e favorevoli al sostegno all’Ucraina. Tuttavia, in questo caso, non hanno voluto votare a favore del provvedimento ed hanno quindi scelto di astenersi. Però anche nel caso in cui questi gruppi avessero votato contro, la norma sarebbe passata ugualmente con uno scarto di 12 voti al senato e 30 alla camera.
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