L’accesso all’istruzione, fin dai primi anni di vita, è uno dei fattori cruciali dell’inclusione scolastica e del successo educativo degli studenti nel percorso futuro. Questa relazione è stata individuata in modo nitido dalla letteratura, italiana e internazionale.
È per questo motivo che la possibilità di accesso alle scuole dell’infanzia è così importante. A maggior ragione per i bambini stranieri, per i quali l’apprendimento della lingua può essere un ostacolo rilevante nel percorso educativo. Così come la mancanza di contesti in cui conoscere e socializzare con coetanei di nazionalità diverse dalla propria.
Anche per questo motivo, le politiche formulate in sede europea puntano a rendere pressoché universale l’accesso alla scuola dell’infanzia. Dal 2021, l’Ue ha stabilito l’obiettivo che, entro il 2030, almeno il 96% dei bambini tra i 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico partecipi all’istruzione pre-primaria. Attualmente l’Italia si attesta a circa 3 punti da questo target.
Sono però profonde le differenze tra i bambini con cittadinanza italiana e quelli di altri paesi. Come abbiamo avuto modo di raccontare, il tasso di scolarità tra i minori stranieri nella fascia 3-5 anni è molto inferiore rispetto a quello dei bambini italiani. Meno dell’80%, a fronte del 95% circa dei coetanei con cittadinanza.
Evidentemente, ciò può avere un impatto sul percorso scolastico successivo di bambine e bambini che, solo pochi anni dopo, cominceranno la scuola dell’obbligo. Spesso con un ritardo in termini di apprendimenti, ma anche di esperienze e relazioni sociali con i coetanei e gli adulti. Aspetti che rendono molto più difficile un processo effettivo di inclusione.
L’inclusione dei minori stranieri, fin dalle scuole d’infanzia
Nelle scuole dell’infanzia appaiono sottorappresentati i bambini con cittadinanza non italiana. I minori stranieri sono infatti il 14% dei residenti tra 3 e 5 anni, ma solo l’11,7% degli iscritti all’istruzione pre-scolare. Un divario di oltre 2 punti percentuali.
Questa tendenza pone alcune problematiche in termini di integrazione, perché significa che molti bambini stranieri restano fuori da percorsi educativi dai primissimi anni di vita. Esclusi quindi da esperienze che non sono solo di istruzione in senso stretto, ma anche sociali, con la possibilità di frequentare i coetanei e di apprendere la lingua, quando necessario.
Tendenze che possono essere particolarmente problematiche per i minori stranieri. La recente indagine Istat sulla condizione di bambini e ragazzi ha indicato che è sistematicamente superiore la percentuale di minori stranieri che non vedono amici nel tempo libero. Così come è più elevata la quota di coloro che si dichiarano “non molto bravi” a scuola, non sanno quale percorso intraprendere dopo le medie oppure che non continueranno gli studi dopo le superiori.
FONTE: elaborazione Openpolis - Con i bambini su dati ISTAT
Come cambia il divario nell'inclusione sul territorio
L'inclusione scolastica fin dalle scuole dell'infanzia può offrire un contributo importante nella riduzione di questi gap sociali ed educativi.
Attualmente, la disparità tra la quota di minori residenti e quella degli iscritti all'istruzione prescolare è fortemente variabile nel paese. E in alcuni casi tende a essere più ampia nelle province dove anche i risultati Invalsi mostrano maggiori carenze educative nei gradi scolastici successivi.
Prato è la provincia con il maggiore gap tra la quota di minori stranieri (32,7% dei residenti 3-5 anni nel 2022) e quella di iscritti stranieri nelle scuole d'infanzia (25,6% del totale nello stesso anno). Sebbene serva cautela nel confrontare i due dati - che sono di fonte diversa, raccolti con metodologie differenti – si tratta comunque di circa 7 punti di distacco.
FONTE: elaborazione Openpolis - Con i bambini su dati MIM e ISTAT
Seguono, con un divario superiore ai 4,5 punti, La Spezia, Parma, Livorno, Latina e Pavia.
Le province dove, al contrario, la quota di iscritti stranieri alla scuola d'infanzia è in linea (o addirittura supera) quella dei residenti della rispettiva fascia d'età sono Pordenone (19% di bambini tra 3 e 5 anni stranieri e 20,7% di iscritti), Bolzano, Cremona, Trento, Aosta e Ravenna.
Inclusione nelle scuole d'infanzia e apprendimenti
È interessante notare che nelle rilevazioni Invalsi del 2022 Prato sia risultata la provincia del centro-nord con la seconda quota più elevata di studenti con competenze alfabetiche non adeguate (dopo quella di Bolzano). Il 46,5% degli alunni in terza superiore del territorio ha raggiunto risultati insufficienti nei test alfabetici, a fronte di una media nazionale del 38,6%.
Anche in questo caso, si tratta di un dato non direttamente comparabile con i precedenti, dal momento che riguarda gli alunni in terza media. Tuttavia offre un contesto rispetto alle carenze educative di un territorio con forte presenza di minori stranieri che non partecipano all'istruzione prescolare.
Per avere un termine di paragone, nelle province con maggiore equilibrio tra iscritti e popolazione straniera, anche la quota di alunni con competenze alfabetiche inadeguate è generalmente più bassa. Con l'eccezione di Bolzano, per cui valgono considerazioni diverse, anche legate al bilinguismo dei residenti, nelle altre province citate la quota di studenti insufficienti in italiano si colloca al di sotto della media nazionale.
Pordenone è la 16esima provincia su 107 per minore incidenza di alunni insufficienti (31,8% nel 2022, contro il 38,6% medio), Trento la 21esima (32,4%), Aosta addirittura la seconda dove il problema incide meno (27,5% degli alunni). Più vicine alla media nazionale Cremona (36,6%) e Ravenna (33,6%), tuttavia il trend complessivo emerge osservando tutte le province.
Perché contrastare i divari educativi dai primi anni
Se si escludono le province dove l'incidenza di minori stranieri è residuale, contenuta al di sotto del 6%, emerge una relazione da non sottovalutare. I territori in cui l'incidenza dei minori stranieri nelle scuole d'infanzia è in linea con quella nella popolazione, sono in molti casi anche quelli in cui appare più contenuto il fenomeno degli apprendimenti inadeguati. Viceversa, dove l'inclusione è inferiore, spesso anche gli apprendimenti lo sono.
FONTE: elaborazione Openpolis - Con i bambini su dati ISTAT, MIM e Invalsi
Questi dati, come ricordato, devono essere presi con cautela, considerando le criticità puntualizzate in precedenza. Tuttavia segnalano come i divari educativi rispetto alla cittadinanza dello studente restino ancora molto ampi. Confermando dei gap verificabili anche alla fine del percorso di studi. Tra i giovani 18-24 anni con cittadinanza italiana la quota di abbandoni prima del diploma si attesta al 9% nel 2023. Tra i ragazzi stranieri è invece circa 3 volte superiore: 26,8%. Partire dai primi anni di istruzione è l’unico modo per colmare questo divario, prima che sia troppo tardi.
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