Avevo letto con una certa incredulità la notizia dell’accordo raggiunto tra Commissione, Consiglio e Parlamento (il famoso “trilogo”) sulla decisione di non applicare le preferenze di accesso al mercato europeo ai Paesi poveri che non accettino di prendere indietro i migranti irregolari. Come lo vogliamo chiamare? Per me si chiama ricatto, ancora più bieco perché si può rivolgere soltanto verso i più deboli. Nel senso che i Paesi che non hanno i criteri per essere ritenuti poveri, possono infischiarsene bellamente. E chi dovrà subirlo questo ricatto? Naturalmente le popolazioni.
Per maggior chiarezza di chi legge conviene spendere qualche parola sul “trilogo”, introdotto al fine di accelerare le procedure legislative europee la cui base giuridica fa riferimento al Trattato di Maastricht (1993), ma la cui attuazione pratica è successiva, attorno al 2015. Esso consiste in riunioni negoziali informali tra Commissione, Consiglio e Parlamento da svolgersi durante la procedura legislativa al fine di favorire il compromesso tra le tre istituzioni e, di conseguenza, un più rapido iter. Ciò appartiene alla così detta “governance” che, per introdurre procedure più confacenti alla complessità delle decisioni, brucia anche la dialettica democratica, infatti, lo svolgersi del trilogo, ad esempio, anche prima della prima lettura del Parlamento, conferisce al suo “relatore” uno smisurato potere di rappresentanza così come non sfugge che, nell’intera procedura, è il Consiglio ad avere il maggior potere negoziale.
Tornando al merito, l’Europa, al pari di Trump, inaugura la politica dei dazi punitivi e discrezionali e si vanta del fatto che, finalmente, ha trovato uno strumento efficace, sempre verso i più poveri.
Cosa fanno i socialisti europei il cui rappresentante era relatore del provvedimento per conto del Parlamento? Cantano vittoria per aver ottenuto il prolungamento fino a 12 mesi dell’iter della procedura di rimpatrio e di aver aggiunto come condizionalità verso questi Paesi il rispetto di norme ambientali e sui diritti umani.
Non posso credere che chi propone questo tipo di “relazioni internazionali” si ritenga, allo stesso tempo, avanguardia nel rispetto dello Stato di diritto tanto da ritenere i Paesi poveri talmente inferiori da non essere neanche degni di un accordo ad hoc che separi la questione del rimpatrio dei migranti irregolari dall’accesso al sistema di “preferenze” nel mercato europeo.
Il trumpismo fa scuola anche da noi! Non è una buona notizia.
Segnalo tutto questo anche perché il testo dell’accordo dovrà essere comunque votato dal Parlamento in seduta plenaria e perché esso è solo il primo di una serie di provvedimenti riguardanti i migranti, in cui è già preannunciata un’alleanza nel voto tra Partito Popolare Europeo e i tre gruppi di destra, tanto da configurare, dopo il voto sul pacchetto ambientale, un vero e proprio cambio nella maggioranza a sostegno della Presidente von der Leyen.
I prossimi provvedimenti, infatti, riguarderanno la possibilità di rimpatrio dei migranti irregolari in Paesi terzi – “return hubs” – e l’ampliamento dei così detti “Paesi terzi sicuri”.
L’attuale accordo dei socialisti europei sui dazi potrebbe far dubitare perfino sul fatto che anche su questi provvedimenti vi sia, almeno, una significativa opposizione.
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