Cultura, Temi, Interventi

Articolo pubblicato per la rubrica “Divano” su “il manifesto” del 04.03.2022

La guerra ha preso ad infierire tra le popolazioni d’Europa. I dispositivi della guerra agiscono letali sui corpi e, d’un solo tratto, sulle idee. La guerra richiede il coraggio dei corpi ed esige il coraggio delle idee. Massime in chi è contro ogni guerra. Le idee ovvero la cultura. Mi soffermo sulla cultura che l’Italia in questi giorni esprime.

La cultura di un paese non si esaurisce, per certo, nelle scelte, nelle propensioni o nei programmi che orientano e animano, volta a volta, le sue istituzioni accademiche, artistiche, museali che, pure, risentono della cultura del paese e, per più di un verso, sempre ne sono, se non un integrale portato, un illuminante riflesso, un significativo rispecchio. Un rispecchio che raramente deforma la realtà effettiva della cultura istituzionale: più spesso ce la restituisce nella sua vera natura, e capita che certi casi clamorosi ne mettano in luce quelle mende, quelle inadeguatezze e quei vuoti che le convenzioni ufficiali hanno premura di tenere ben mascherate. Come mostrano in Italia in questi giorni due casi.

Clamoroso è il caso che il Teatro alla Scala di Milano interdica la rappresentazione de La Dama di picche di Čajkovskij opera tratta dall’omonimo racconto di Puškin affidata al maestro Valerij Abisalovič Gergiev universalmente riconosciuto come uno dei più prestigiosi direttori d’orchestra dei nostri anni.

E clamoroso è il caso che l’Università degli Studi di Milano Bicocca disponga di annullare un seminario di studio sull’opera e la figura di Dostojevskij affidato allo scrittore Paolo Nori, studioso di letteratura russa, stimato traduttore, tra gli altri, di Lermontov, Puškin, Gogol’, Turgenev, Tolstoj.

I due casi hanno suscitato una eco nella stampa quotidiana e nei giornalieri consueti confronti che vanno intrecciando assortiti commentatori in servizio permanente a beneficio delle telecamere. In quegli scambi più o meno polemici sui nomi di Čajkovskij, di Puškin e di Dostojevskij hanno prevalso quelli di Giovanna Iannantuoni e di Giuseppe Sala. Lo considero un ulteriore indizio che dà conto della situazione culturale (dunque politica) in cui versa oggi l’Italia. La sconsolante constatazione da trarre pare a me la seguente: oggi in Italia una riflessione sulle opere di Čajkovskij, di Puškin e di Dostojevskij è superflua. Anzi va evitata: sono disdicevoli ed inappropriati i raggiungimenti di Čajkovskij ritenuti essenziali agli sviluppi della musica europea; fuorvianti e, quanto meno, inutili gli accrescimenti di consapevolezza che recano le forme narrative di Puškin e le stupefacenti esplorazioni dell’animo umano di Dostojevskij, ovvero due capisaldi della coscienza europea contemporanea. Disdicevoli, inappropriati, fuorvianti, inutili Dostojevskij, Puškin e Čajkovskij nel momento in cui dovrebb’essere sollecitato come un dovere per ogni cittadino europeo (e per ogni italiano dunque) riflettere, ragionare, meditare sull’Europa in guerra e intendere, capire e intraprendere le vie che portano alla cessazione dei massacri.

Il lettore perdonerà all’estensore di questa nota il sentimento di scoro che lo ha preso via via che la veniva scrivendo. Affido alla sua intelligenza la trascrizione dei seguenti commi della Costituzione della Repubblica italiana. Nella morta gora del nostro paese essi galleggiano come sparse membra d’un corpo lacerato e inerte. La loro luce è intensa, come accade dei frammenti delle opere grandi. Sta alla coscienza e alla dignità di ciascuno fornire a queste parole l’energia che le muta in atti.

Art. 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Art. 11: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Art. 33: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademia, hanno diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato».

Un commento a “Čajkovskij, Puškin, Dostojevskij, Iannantuoni, Sala”

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