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Carbonio

Pubblicato il 8 Aprile 2022
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Il carbonio è la spina dorsale di tutta la vita sulla Terra. Questo elemento è in grado di ospitare fino a quattro legami molecolari, grazie ai quali possiede una grande versatilità chimica e la capacità di assemblarsi in un’ampia varietà di molecole, da zuccheri, grassi e proteine che sono i mattoni della vita, agli idrocarburi complessi che hanno alimentato la rivoluzione industriale. In peso, il carbonio costituisce solo lo 0,03% circa del nostro pianeta, ma esercita una profonda influenza praticamente su ogni aspetto del Sistema Terra. E forse più di ogni altro elemento, è stato il soggetto di un intenso dibattito circa l’impatto dell’umanità sull’ambiente globale.

Sulla Terra, il carbonio è ripartito tra una serie di diversi serbatoi, tra cui la crosta e il mantello (99,95%), le forme disciolte e particellari di carbonio inorganico (0,049%), il materiale organico vivente nella biosfera terrestre e marina (0,00064%) e i costituenti secondari gassosi nell’atmosfera (un altro 0,00064%), inclusa l’anidride carbonica (CO2) e il metano (CH4). Questi gas “serra” assorbono la radiazione infrarossa in uscita dalla superficie terrestre, intrappolando il calore all’interno del sistema planetario come una coperta termica. Tra tutte le forme di carbonio, quella che recentemente ha ricevuto più attenzione è la CO2, le cui concentrazioni atmosferiche sono state notevolmente alterate dalle attività umane, con profondi impatti sul clima terrestre. Comprendere come viene controllata la concentrazione della CO2 atmosferica richiede un apprezzamento dei complessi processi che agiscono per regolare la distribuzione del carbonio tra i suoi diversi giacimenti globali.

Su scale temporali geologiche, il carbonio che fluisce dentro e fuori la Terra solida (principalmente la crosta continentale e oceanica) agisce per stabilizzare il clima, in un circuito di feedback negativo noto come ‘il termostato climatico della CO2’.1 Quando disciolta in acqua (compresa la pioggia), l’anidride carbonica ha comportamento acido. Per tale motivo reagisce con le rocce ignee [laviche] continentali e provoca il rilascio di minerali che vengono infine trasportati negli oceani, dove partecipano alla regolazione della chimica e dell’acidità (pH) dell’acqua di mare. Il calcio che viene rilasciato a causa di questo processo di erosione atmosferica delle rocce (weathering) reagisce con il carbonio disciolto nell’acqua di mare producendo carbonato di calcio (CaCO3) che precipita e attraversa la colonna d’acqua, restando sepolto nei sedimenti oceanici per centinaia di migliaia di anni o più. Questa sepoltura di minerali carbonati è la via principale per estrarre il carbonio dall’atmosfera e immagazzinarlo in serbatoi geologici a lungo termine. La velocità di questo processo di stoccaggio del carbonio dipende dal clima (temperatura e soprattutto precipitazioni), che a sua volta dipende dalla concentrazione di CO2 nell’aria. L’aumento delle concentrazioni atmosferiche di CO2 provoca a sua volta l’aumento della sua velocità di rimozione dall’atmosfera attraverso le reazioni prodotte dai processi di erosione atmosferica. Da qui il ruolo di termostato della CO2.

La coevoluzione del clima e della biosfera terrestre non è sempre stata del tutto fluida.2 A volte il termostato dovuto al waethering  sbanda verso set point più caldi o più freddi per un certo tempo, sfidando la biosfera ad adattarsi. Prendiamo, ad esempio, quegli episodi della storia della Terra in cui enormi inondazioni di lava vulcanica hanno rilasciato nell’atmosfera quantità di CO2 sufficienti a cambiare il mondo. I gas vulcanici si arricchiscono grandemente di CO2 quando il magma caldo riscalda rapidamente le rocce sedimentarie, facendole esplodere con rilascio di CO2, metano e altri gas. Al giorno d’oggi, una grande frazione delle emissioni vulcaniche di CO2 della Terra proviene da pochi vulcani, che si trovano principalmente ai tropici e sono associati a depositi sedimentari di carbonato di calcio. Ma le emissioni di CO2 di questi vulcani moderni sono minime rispetto alle enormi sorgenti vulcaniche del lontano passato geologico. La più grande delle estinzioni di massa, alla fine del periodo Permiano, 250 milioni di anni fa, è stata causata da una delle più grandi inondazioni vulcaniche nella storia della Terra, nell’attuale Siberia.3 Questo enorme rilascio di CO2 nell’atmosfera ha sopravanzato la capacità di regolazione del termostato di CO2, portando a un forte aumento delle temperature globali che ha cambiato radicalmente le condizioni ambientali sulla Terra, provocando un’estinzione di specie su larga scala.

A volte, la biosfera stessa oscilla improvvisamente verso una nuova direzione, con un impatto sul ciclo del carbonio e sul clima globale. Ad esempio, alla fine del periodo devoniano, circa 350 milioni di anni fa, le piante iniziarono a colonizzare la superficie terrestre, con l’evoluzione di radici, foglie e semi che consentirono loro di estrarre acqua dal terreno e riprodursi in modo diffuso. Queste prime piante terrestri hanno rafforzato la reazione agli agenti atmosferici a livello del suolo attaccando le rocce chimicamente e formando terreni come sottoprodotto. I più rapidi tassi di reazione hanno anche rimosso un’enorme quantità di CO2 dall’atmosfera, indirizzando il pianeta verso un’era glaciale. Inoltre, la colonizzazione della terra da parte delle piante ha portato a un massiccio rilascio di fosforo nell’oceano, che ha fertilizzato le alghe marine, provocando la riduzione e l’estinzione dell’ossigeno nelle profondità oceaniche.4

Avanti veloce di diverse centinaia di milioni di anni, o qualcosa del genere, e la CO2 sembra ancora essere la madre di tutti i problemi ambientali.5 Gli esseri umani hanno prima esercitato un impatto significativo sulla concentrazione di CO2 atmosferica liberando terreni per l’agricoltura o la gestione della selvaggina. Un secolo di deforestazione in Nord America e in Europa, dal 1800 al 1900, ha fatto sì che la superficie terrestre diventasse una fonte di carbonio per l’atmosfera. Più o meno nello stesso periodo l’uso del carbonio fossile da parte dell’umanità si è affermato per la prima volta in modo sostanziale, con l’invenzione della macchina a vapore a opera di James Watt, che ha fornito alla nostra specie i mezzi per generare energia meccanica su larga scala. Invenzione e ingegno hanno preso piede rapidamente, portando avanti una rivoluzione tecnologica senza precedenti che ha trasformato la vita sulla Terra in soli due secoli. In un batter d’occhio geologico, l’umanità ha consumato le enormi quantità di depositi di carbonio organico che si erano formate nel corso di centinaia di milioni di anni.

Dal 1750, gli esseri umani hanno rilasciato circa 330 miliardi di tonnellate di carbonio. Circa la metà di tutte queste emissioni si è verificata nell’ultimo mezzo secolo, dalla prima Giornata della Terra nel 1970. Ulteriori impatti umani sul ciclo del carbonio sono derivati dai continui cambiamenti nell’uso del suolo e dalla produzione di cemento su vasta scala (la fabbricazione del cemento può essere considerata come un processo opposto all’erosione atmosferica di fissaggio della CO”, che potremmo definire di “reverse weathering”). Mentre la superficie terrestre dell’Europa e del Nord America potrebbe ora, fortuitamente, riassorbire CO2 attraverso la ricrescita degli alberi, la deforestazione in altre regioni continua a fornire una fonte di CO2 all’atmosfera.6 Il futuro del pool di carbonio terrestre dipende in modo significativo dalle pratiche umane di uso del suolo, ma anche dalla stabilità di enormi depositi di carbonio organico congelato nei suoli del permafrost settentrionale. Il riscaldamento della tundra e del suolo artico sta accelerando lo scioglimento di questi depositi ghiacciati, che probabilmente rilasceranno più CO2 di quanta potrebbe essere eguagliata da qualsiasi altra parte della superficie terrestre.7 Nel loro insieme, queste perturbazioni umane del ciclo globale del carbonio sono analoghe alle emissioni vulcaniche di CO2 nelle ‘estinzioni serra’ del passato geologico. Le quantità totali di CO2 liberate naturalmente dai vulcani erano probabilmente maggiori di quelle che gli esseri umani potrebbero mettere insieme bruciando combustibili fossili, ma il tasso delle nostre emissioni di CO2 è probabilmente senza precedenti nella storia della Terra.

Cosa succede a tutta la CO2 rilasciata dalle attività umane? Circa la metà è ancora nell’atmosfera, con la concentrazione che è salita da circa 320 parti per milione (ppm) nel 1970 a circa 415 ppm di oggi (un aumento di circa il 30%). Il resto del carbonio antropogenico è stato per lo più assorbito in una gigantesca pozza oceanica, che ha contribuito a stabilizzare sia la concentrazione atmosferica di CO2 che la temperatura della superficie terrestre (e quindi il clima globale). Solo negli ultimi cinquant’anni, gli oceani hanno assorbito circa 150 miliardi di tonnellate di CO2 dall’atmosfera, assorbendo anche quantità significative di calore. A breve termine, l’assorbimento oceanico di CO2 e calore sta attenuando l’effetto serra. A lungo termine, tuttavia, la CO2 e l’inquinamento termico immagazzinati nell’oceano verranno infine rilasciati nuovamente nell’atmosfera, rallentando qualsiasi futuro ricupero. Inoltre, l’assorbimento di CO2 da parte degli oceani ha un effetto significativo sulla chimica dell’acqua di mare, con un conseguente aumento dell’acidità (diminuzione del pH) poiché la CO2 idratata diventa acido carbonico. La risposta su scala globale del ciclo del carbonio oceanico a uno spostamento verso una maggiore acidità è difficile da prevedere, ma sappiamo che l’acidificazione degli oceani è stata una caratteristica importante dei precedenti eventi di estinzione di massa sulla Terra.

Il tempo necessario al pH dell’oceano per riprendersi da un brusco aumento delle concentrazioni di CO2 è dell’ordine di migliaia di anni: lungo per gli standard umani, ma geologicamente breve. E qui sta una distinzione fondamentale tra il carbonio dei combustibili fossili di origine umana e le fonti naturali di CO2 vulcanica. Mentre la CO2 vulcanica è stata rilasciata nell’atmosfera nel corso di milioni di anni, il carbonio dei combustibili fossili è stato rilasciato negli ultimi due secoli a una velocità che travolge la capacità dei processi di tamponamento chimico naturale. Le nostre rapide emissioni di CO2 porteranno quindi a un picco di acidità oceanica maggiore rispetto a qualsiasi precedente disturbo del ciclo del carbonio.8

I negoziati politici sulla questione climatica si sono concentrati sul tentativo di limitare l’aumento della temperatura globale al picco di 1,5°C.9 Un riscaltamento del genere renderebbe il pianeta più caldo di quanto non sia stato in milioni di anni, da molto prima dello sviluppo dell’uomo come specie civilizzata . Un riscaldamento di 2°C o più sarebbe certamente peggiore, ma la scelta di 1,5°C di per sé è in qualche modo arbitraria. Un vero confine di “sicurezza” potrebbe essere definito in termini di bilancio energetico del pianeta. Oggi, a causa dell’aumento della concentrazione di CO2, la quantità di energia fornita alla Terra dalla luce solare supera l’energia persa dal pianeta. Questo squilibrio energetico sta causando il riscaldamento del pianeta, con la maggior parte del calore in eccesso che finisce nell’oceano. La concentrazione di CO2 nell’aria che riequilibrerebbe il bilancio energetico della Terra, e quindi arresterebbe l’accumulo di questo inquinamento termico, è di circa 350 ppm. Questa soglia è stata varcata una trentina di anni fa. L’attuale concentrazione di CO2 atmosferica, 410 ppm, sta aumentando di alcune ppm all’anno.

Anche se le emissioni umane di CO2 si fermassero oggi, di punto in bianco, la concentrazione di CO2 nell’aria rimarrebbe al di sopra di 350 ppm per migliaia di anni; essenzialmente per sempre, dal nostro punto di vista. La progettazione di un ritorno a uno stato climatico stabile e ottimale può quindi richiedere la rimozione attiva della CO2 dall’atmosfera. Per farlo, esistono varie strategie possibili, inclusa la stimolazione della crescita delle piante (poi dovremmo seppellire il carbonio risultante), l’uso di scrubber chimici (come si fa sui sottomarini e le astronavi) e l’aumento artificiale dei tassi di erosione atmosferica (macinando determinati tipi di rocce che reagiscono con la CO2).10 Ma qualunque approccio adottiamo, limitare i livelli di CO2 atmosferica sarà estremamente difficile e costoso. Tornare a 350 ppm entro pochi decenni richiederebbe la rimozione di circa 440 miliardi di tonnellate di carbonio dall’atmosfera. Ottimisticamente, se rimuovere una tonnellata di carbonio dall’atmosfera costa $ 360,11 il conto totale sarebbe di $ 160 trilioni, circa 1,6 anni di attività economica mondiale.

Nella storia della Terra, innovazioni come lo sviluppo dell’attività mineraria – si tratti di vermi mangiatori di rifiuti, di radici che rompono le rocce o di frantumazioni prodotte da trivelle petrolifere – sono in grado di capovolgere il metabolismo chimico della Terra e alterarne il clima. Oggi l’umanità si sta ingozzando dell’energia dei combustibili fossili, mangiando il grasso della terra, come una muffa gigante che prospera su una vecchia crosta di pane. In un mondo di opportunismo biologico e di crescita, la conclusione sarebbe scontata: crescita esponenziale della popolazione consumatrice seguita da un collasso quando il nutrimento viene meno. Tuttavia, di tutti gli episodi climatici e le estinzioni nella storia del ciclo del carbonio, questo è il primo caso in cui l’agente dell’evento sta almeno iniziando a comprendere le conseguenze delle sue azioni.

La nostra perturbazione del ciclo del carbonio è principalmente un problema energetico, così fondamentale per le nostre vite che è difficile immaginare di cambiarlo abbastanza rapidamente. Ma c’è molta energia intorno a noi, dal sole e dal vento. Se ora stessimo semplicemente esaurendo i combustibili fossili, la nostra civiltà crollerebbe davvero? Gran parte dell’attività umana sul pianeta Terra è guidata e guidata dal nostro sistema finanziario; quando ci sono soldi da fare immediatamente, siamo estremamente intelligenti e adattabili.

Nel 1858, le fogne di Londra sfociavano direttamente nel Tamigi. Certamente, le massicce revisioni del sistema fognario all’epoca debbono aver creato controversie, ma il business as usual non era più un’opzione possibile. E non è piu’ un’opzione praticabile ora, poiché dovremmo aver capito che i nostri rifiuti di CO2 non sono così diversi dai vasi da notte dei londinesi vittoriani. La sfida sta nel prendere la decisione. La portata globale delle emissioni di CO2 significa che tutti devono collaborare alla soluzione finale, anche se i benefici della bonifica sono molto meno immediati per gli individui. È una questione di etica contro finanza, analoga all’istituzione della schiavitù, che è stata in gran parte eliminata più volte nella storia umana. In molti modi, alcune cose stanno andando nella giusta direzione, con i costi dell’energia senza emissioni di carbonio che diventano competitivi con l’energia a carbone esistente, ad esempio. Al momento, però, i nostri progressi, guidati dal nostro sistema decisionale orientato al denaro, sono troppo lenti.

Il presente lavoro è riprodotto sotto la licenza Creative Commons CC BY4.0 traducendo con trascurabili adattamenti editoriali il lavoro originale di David Archer, Carbon, in Philippe Tortell (ed.), Earth 2020: An Insider’s Guide to a Rapidly Changing Planet. Cambridge, UK: Open Book Publishers, 2020, https://doi.org/10.11647/OBP.0193.

Riferimenti

1. J. C. G. Walker, P. B. Hays and J. F. Kasting, ‘A negative feedback mechanism for the long-term stabilization of Earth’s surface temperature’, Journal of Geophysical Research, 1981, 86, 9776–82, https://doi.org/10.1029/JC086iC10p09776

2. P. Brannen, Ends of the World: Volcanic Apocalypses, Lethal Ocean and Our Quest to Understand Earth’s Past Mass Extinctions, New York: Harper Collins Publishers, 2017.

3. S. Z. Shen et al., ‘Calibrating the end-Permian mass extinction’, Science, 2011, 334, 1367–72, https://doi.org/10.1126/science.1213454

4. T. J. Algeo and S. E. Scheckler, ‘Terrestrial-marine teleconnections in the Devonian: links between the evolution of land plants, weathering processes, and marine anoxic events’, Philosophical Transactions of the Royal Society B-Biological Sciences, 1998, 353, 113–28, https://doi.org/10.1098/rstb.1998.0195

5. P. P. Tans, ‘An accounting of the observed increase in oceanic and atmospheric CO2 and an outlook for the future’, Oceanography, 2009, 22, 26–36, https://doi.org/10.5670/oceanog.2009.94

6. On deforestation, reforestation and afforestation, see ‘Forests’ by Sally N. Aitken in this volume.

7. S. M. Natali et al., ‘Large loss of CO2 in winter observed across the northern permafrost region’, Nature Climate Change, 2019, 9, 852–57, https://doi.org/10.1038/s41558-019-0592-8

8. K. Caldeira and M. E. Wickett, ‘Anthropogenic carbon and ocean pH.’, Nature, 2003, 425, 365, https://doi.org/10.1038/425365a. On ocean acidification and warming, see also ‘Oceans 2020’ by David M. Karl in this volume.

9. H. J. Schellnhuber, S. Rahmstorf and R. Winkelmann, ‘Commentary: Why the right climate target was agreed in Paris’, Nature Climate Change, 2016, 6, 649–53, https://doi.org/10.1038/nclimate3013

10. On carbon dioxide removal (CDR) and negative emissions technologies, see ‘Geoengineering’ by D. G. MacMartin and K. L. Ricke in this volume.

11. D. W. Keith, G. Holmes, D. St. Angelo and K. Heidel, ‘A process for capturing CO2 from the atmosphere’, Joule, 2018, 2, 1573–94, https://doi.org/10.1016/j.joule.2018.05.006

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