Materiali

Quando i pipistrelli hanno fame. Come il cambiamento climatico influenza la diffusione delle malattie infettive

Molte malattie infettive mutano e aumentano il loro raggio d'azione globale per via del climate change, spostandosi sempre più verso latitudini settentrionali. Il Covid-19 ne è stato un tragico ed evidente esempio
Pubblicato il 23 Febbraio 2023
Ambiente, Materiali, Scritti, Temi, Materiali

Per effetto della pandemia di Covid-19, il ben noto fenomeno per cui i virus che hanno origine negli animali possono compiere un salto di specie (“spill over”) e infettare l’uomo è diventato argomento di pubblico dibattito, alimentando non poche ansie e giustificati timori. Alla stregua dei famosi Uccelli di Hitchcock, i pipistrelli cinesi sono diventati un grave motivo di allarme per la nostra salute e questo ha sollecitato i ricercatori ad investigare meglio i fattori che aumentano la probabilità che questi mammiferi diffondano pericolosi virus in grado di contagiare l’uomo.

Un importante contributo lo ha dato, sulle pagine della prestigiosa rivista Nature, un team di ecologi australiani che ha studiato le abitudini delle “volpi volanti”, un tipo di pipistrello che vive in Australia ed è un serbatoio del virus Hendra, che può trasmettersi all’uomo attraverso l’infezione di un animale intermedio causando infezioni respiratorie spesso letali, anche se tuttora fortunatamente rare. Combinando i dati riguardanti il cambiamento dell’uso del suolo, i mutamenti climatici, il comportamento dei pipistrelli e la diffusione del virus dai pipistrelli ai cavalli nell’arco di 25 anni, i ricercatori hanno scoperto che a far aumentare le probabilità di spill over del virus Hendra sono alcuni cambiamenti nel comportamento dei pipistrelli, indotti dalla periodica carenza di cibo nel loro habitat naturale1. Tale carenza correlata alla minore disponibilità dei fiori di eucalipto, che sono il loro alimento principale, si manifesta in genere negli anni successivi alle ondate di El Niño, un fenomeno climatico che si verifica nell’Oceano Pacifico spesso associato a lunghi periodi di siccità nell’Australia occidentale, ma è stata anche favorita dalla riduzione di queste piante per effetto della diffusione di aree coltivate a scapito delle foreste. In risposta alla protratta penuria di cibo, i pipistrelli tendono a mutare le proprie abitudini, assumendo uno stile di vita nomade che li porta a spostarsi da una foresta all’altra alla ricerca di nettare, fino a stabilirsi in piccoli gruppi nelle aree urbane e agricole, dove vivono i cavalli e le persone.

Insomma, la perdita di un habitat naturale, correlata alla diffusione di insediamenti agricoli e urbani, associata alla periodica carenza di fioritura per cause climatiche, diventa il paradigma ideale per la trasmissione di una malattia dagli animali all’uomo.

Perché aumentano le malattie infettive trasmesse da animali all’uomo

Alle numerose insidie per la salute generate dal cambiamento climatico si aggiunge dunque l’aumento significativo di incidenza delle c.d. zoonosi, appunto delle malattie trasmesse dagli animali all’uomo, che includono sia quelle trasmesse dai vertebrati che quelle mediate da insetti e altri artropodi (malattie trasmesse da vettori). Fra le zoonosi meglio conosciute vi sono malaria, rabbia, leptospirosi, toxoplasmosi, listeriosi, SARS (che include il Covid-19), febbre gialla, Dengue e molte altre. Lo spostamento di animali selvatici e dei loro parassiti in nuove aree a causa del cambiamento climatico (ma anche della globalizzazione, dei viaggi e la riconversione di aree naturali a scopo agricolo o estrattivo) contribuisce in modo sostanziale al fenomeno. Si stima che ogni anno le zoonosi causino nel mondo circa un miliardo di casi di malattia, sicché, secondo alcuni esperti, le zoonosi di origine selvatica potrebbero rappresentare nel prossimo futuro la più consistente minaccia per la salute della popolazione mondiale2,3.

Malattie infettive sensibili al clima

Il riscaldamento del clima, alterando le caratteristiche dell’ambiente in cui gli animali vivono abitualmente, sia sotto il profilo termico che per la disponibilità di acqua ed altre fonti di nutrimento, finisce per modificarne il metabolismo e la riproduzione sicché, per trovare condizioni più favorevoli alla propria sopravvivenza, le specie capaci di movimento possono spostarsi verso latitudini diverse o a quote più elevate. Gli uccelli migratori, ad esempio, possono modificare i tempi di permanenza nelle zone di nidificazione o di svernamento, cosi come i periodi di riproduzione di piante e animali possono variare significativamente al variare delle temperature. In ultima analisi, il cambiamento climatico può avere un impatto significativo su quelle specie che ospitano patogeni (le specie “serbatoio”) o che li trasportano (i “vettori”), e pertanto sulla loro possibilità di infettare altre specie, incluso l’uomo. Se un microrganismo patogeno viene introdotto in un ambiente per la prima volta e riesce a trasmettersi da un ospite all’altro, il rischio di sviluppo di un focolaio di infezione o di una vera e propria epidemia è elevatissimo, come del resto abbiamo sperimentato in tempi assai recenti.

Quali malattie?

Attualmente, a causa della variazione relativamente più veloce delle temperature, sono le regioni settentrionali del pianeta quelle più esposte al rischio di malattie infettive. A queste latitudini sono state identificate quasi 40 potenziali malattie infettive clima-sensibili e, fra queste, particolarmente temibili appaiono quelle trasmesse da artropodi.

In Europa, Nord America ed anche in alcune regioni artiche della Russia è stata osservata una modificazione della distribuzione di alcune specie di zecche vettori di patologie quali il morbo di Lyme, una infezione simil-influenzale che si accompagna ad arrossamento cutaneo e può complicarsi con sintomi neurologici, l’encefalite mediata da zecche e la babesiosi. Quest’ultima è una malattia ancora relativamente rara, che può colpire i globuli rossi causando una grave anemia emolitica, ma è prevedibile che con il cambiamento climatico il suo impatto sulla salute sia destinato ad aumentare sensibilmente nel prossimo futuro4.

L’hantavirus, responsabile di malattie potenzialmente mortali come la febbre emorragica con sindrome renale e la sindrome polmonare da hantavirussi è diffuso negli Stati Uniti attraverso un roditore che non ama le basse temperature e dunque, a causa del riscaldamento climatico, ha esteso il proprio habitat al nord e a quote più elevate, aumentando quindi le probabilità di trasmissione del virus all’uomo.

La dermatite da cercaria è una infiammazione della pelle causata dalle larve di schistosoma, una famiglia di vermi che, allo stadio adulto, parassitano alcune specie di uccelli acquatici. Per effetto del clima particolarmente mite, questi uccelli, anziché migrare, sono diventati stanziali in molte aree, sia in Nord America che in Europa, provocando una anomala moltiplicazione dei vermi e delle loro larve e, quindi, delle infezioni umane, provocate per lo più dai bagni in acqua marina o di lago5,6.

Lo stesso meccanismo alimenta la diffusione della filariosi, malattia che colpisce la cute e il sistema cardiopolmonare di cani e gatti, causata da alcuni vermi nematodi che parassitano questi animali previa puntura di zanzare del genere Culex, Aedes e Anopheles. Le filarie possono costituire un rischio anche per l’uomo e, a causa del cambiamento climatico, vanno incontro ad estensione temporale dei periodi di contagio e delle aree geografiche esposte. In Italia, per esempio, è stata osservata una espansione verso nord dell’infezione da Dirofilaria immitis che, dall’area endemica sita originariamente nella Pianura Padana, si è estesa verso le regioni alpine.

Anche la zanzara tigre (Aedes albopictus), originaria delle aree tropicali e subtropicali, si è progressivamente estesa in America, Europa e Cina, favorita dal cambiamento climatico. Questo ha portato alla diffusione geografica di alcune patologie di cui è vettore, quali Denguee Chikungunya, una volta quasi sconosciute alle nostre latitudini6.

La Dengue, malattia causata da un Arborvirus, viene influenzata dall’innalzamento delle temperature e dell’umidità, che favorisce sia la replicazione della zanzara prolungando il suo ciclo vitale che la frequenza delle punture. Oltretutto, laddove la siccità obbliga al rifornimento di acqua e alla sua raccolta in appositi serbatoi o cisterne, la zanzara utilizza queste sedi per depositare le uova e moltiplicare la sua capacità di riproduzione che infatti, monitorata in Europa nel periodo fra il 1986 e il 2020, ha mostrato un incremento di quasi il 20% rispetto al 1951-1985. Contestualmente, sono aumentate la lunghezza del periodo stagionale di trasmissione e la percentuale di casi importati dalle regioni endemiche verso l’Europa.

Le probabilità di infezione da Dengue sono più elevate nelle zone metropolitane. Italia e Francia sono attualmente, nel contesto europeo, le nazioni maggiormente interessate, ma il rischio di epidemie nel prossimo futuro appare elevato in tutto il continente7,8. Per quanto riguarda la Chikungunya, questa si è resa recentemente responsabile di due epidemie in Italia, in Emilia Romagna e nel Lazio.

Interessante il caso del virus West Nileche ha ormai raggiunto una diffusione planetaria. Il virus viene trasmesso dalla zanzara comune (Culex pipiens), ha il suo serbatoio naturale in molte specie di uccelli, ma è in grado di infettare anche rettili e mammiferi, fra cui il cavallo e l’uomo nel quale può provocare gravi danni neurologici con esiti talora letali. Sporadica fino alla metà degli anni 90, l’infezione è arrivata dall’Africa con gli uccelli migratori ed ha generato a partire dalla prima decade di questo secolo centinaia di casi nella sola Europa, prevalentemente in Grecia e in Italia. Nel nostro Paese, i primi focolai sono stati osservati in Veneto nel 2008 ma il virus si è ormai trasformato da patogeno emergente in un virus endemico. Poiché, come detto, l’aumento della temperatura e la siccità incidono sul ciclo vitale delle zanzare e sui comportamenti degli uccelli, è presumibile che l’infezione sia destinata a spostarsi verso latitudini più settentrionali9,10.

All’opposto della siccità, anche l’aumento delle precipitazioni può contribuire a modificare i comportamenti sia delle specie che vivono in una determinata area sia dei microrganismi patogeni ad esse associati, modificandone le probabilità di sopravvivenza e quindi il rischio di diffusione.

Per esempio, le zanzare del genere Aedes, responsabili di patologie come la febbre della Rift Valley(RVF)in Africa orientale, proliferano particolarmente nei periodi di precipitazioni elevate associate alle fasi di attività di El Niño. Mancano al momento segnalazioni di RVF in Europa, ma la diffusione di altri virus africani trasmessi dalle zanzare al di fuori del continente fa temere che anche questa malattia possa diffondersi nel nostro continente fino alle latitudini settentrionali11.

Anche l’aumento di casi di malariaè stato associato a maggiori precipitazioni e temperature più elevate in diversi Stati africani4. La malaria, la cui diffusione endemica era stata praticamente eliminata attraverso massicci interventi di igiene e sanità pubblica negli anni ‘70 del secolo scorso, si sta nuovamente affacciando in Europa per l’effetto combinato dell’incremento dei viaggi e dell’immigrazione da Paesi ad alta endemia12 e della diffusione della zanzara del genere Anopheles, vettore del Plasmodio, favorita ancora una volta dai mutamenti climatici (figura 1)13. La trasmissione del Plasmodium vivax richiede abbondanti precipitazioni associate a temperature e umidità elevate: di fatto, è stato calcolato che i mesi favorevoli alla trasmissione sono drasticamente aumentati in tutta Europa14, ma le previsioni, al ritmo attuale di espansione dei vettori della malaria, lasciano ipotizzare, nel periodo compreso fra il 2050 e il 2080, una stagionalità ancora più estesa, fino a 6 mesi l’anno, soprattutto nell’Europa meridionale e sud-orientale15.

Figura 1. Diffusione del Plasmodio della malaria in Europa
aggiornata al 202213

Una fonte diversa, ma altrettanto importante, per la diffusione di malattie sensibili al clima è rappresentata dal riscaldamento del mare. L’esempio più eclatante sotto il profilo epidemiologico viene dal colera, malattia causata da batteri del genere Vibrione che aderiscono allo scheletro di piccoli crostacei. L’esposizione umana a questi microrganismi tramite i bagni in acqua di mare può provocare gravi infezioni a livello gastrointestinale e cutaneo, talora con esito in setticemia e morte16. Il colera oggi è responsabile di circa 3-5 milioni di casi e 100-120.000 morti ogni anno in tutto il mondo. Il vibrione può avere una velocità di replicazione particolarmente elevata in presenza di alte temperature (sopra i 37 °C) e di una moderata salinità delle acque marine (dove esiste anche un apporto di acqua dolce nelle coste vicino alla foce dei fiumi) e questo spiega il suo riscontro abbondante anche in ambienti dove fino a pochi anni fa era quasi sconosciuto, come il mar Baltico e il mare del Nord, dove nel corso dell’ultimo biennio sono stati registrati picchi record di temperatura17. Di pari passo le infezioni hanno subito un netto incremento nei Paesi limitrofi come Germania, Polonia, Repubbliche baltiche, laddove l’elevata salinità del mar Mediterraneo tende a preservare, almeno momentaneamente, le nostre coste dal rischio di proliferazione di questa specie batterica.

Il riscaldamento dell’acqua può favorire anche la diffusione della cosiddetta mucillagine marina, una densa sostanza simil-schiumosa che si forma dalle secrezioni di organismi che vivono nell’acqua salata (preferibilmente nel Mediterraneo) e si accumula in condizioni ambientali alterate. Di fatto la sua concentrazione nei nostri mari è aumentata esponenzialmente negli ultimi 20 anni interessando in modo particolare il mare Adriatico settentrionale (figura 2).

Figura 2. Aree del Mar Mediterraneo in cui è stata documentata la presenza di mucillagine con relativi anni di comparsa8

La mucillagine costituisce l’habitat ideale per un gran numero di microorganismi, con concentrazioni fino a 100 volte superiori rispetto all’acqua di mare circostante, aumentando in caso di balneazione le probabilità di contatto con virus e batteri patogeni, fra cui spicca l’Escherichia coli18.

Considerazioni finali

I gravi problemi causati dalla pandemia di Covid-19 hanno messo a nudo l’estrema vulnerabilità dell’uomo nei confronti di alcune malattie infettive. Malattie che non solo contagiano un gran numero di individui in tutto il mondo con conseguenze devastanti in termini di mortalità, ma comportano anche pesanti ricadute economiche, se si pensa che negli USA il costo finanziario complessivo della recente pandemia è stato stimato attorno ai 16 trilioni (sic!) di dollari19.

Il problema, come abbiamo dimostrato, sta nel fatto che non si tratta di eventi occasionali: numerose malattie come Zika, malaria, dengue, Chikungunya, influenza, Ebola, MERS e SARS causano già ogni anno milioni di morti in tutto il mondo e una stima approssimativa indica che sono almeno 250 le malattie infettive potenzialmente aggravate dai cambiamenti climatici, in pratica circa il 60% delle infezioni storicamente conosciute20. Oltretutto, i meccanismi di contagio descritti in questa breve rassegna rappresentano solo una parte del problema, giacché le modalità con cui l’uomo viene in contatto con gli agenti responsabili delle malattie sensibili al clima sono molteplici ed i rischi per la salute si moltiplicano con l’aumentare della fragilità degli individui esposti. Come sottolinea un recente report pubblicato da un gruppo di esperti della Agenzia Europea dell’Ambiente13, per ridurre l’impatto del cambiamento climatico sulla salute occorrerebbe mirare non solo al tema pur importante della prevenzione (per es. attraverso una sorveglianza più stretta e diffuse politiche di vaccinazione), ma soprattutto ad un mutamento sostanziale del nostro ambiente di vita, specie quello urbano, oltre che delle condizioni e dei tempi di lavoro.

Note e riferimenti

1 Eby P, Peel AJ, Hoegh A, et al. Pathogen spillover driven by rapid changes in bat ecology. Nature 2023; 613:340.

2. Morse SS, Mazet JAK, Woolhouse M, et al. Prediction and prevention of the next pandemic zoonosis. Lancet 2012 380:1956-65.

3 Vos T, et al. Global burden of 369 diseases and injuries in 204 countries and territories, 1990–2019: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2019. Lancet 2020; 396, 1204–22.

4 Mills JN, Gage KL, Khan AS. Potential influence of climate change on vector-borne and zoonotic diseases: a review and proposed research plan. Environ Health Perspect 2010; 118: 1507-14.

5 Mas-Coma S, Valero M A, Bargues M D. Effects of climate change on animal and zoonotic helminthiases. Rev Sci Tech 2008; 27:443-57.

6 Semenza JC. Climate Change and Human Health. Int J Environ Res Public Health 2014; 11, 7347-53.

7 Astrom C, et al. Potential distribution of dengue fever under scenarios of climate change and economic development. Ecohealth 2012; 9:448-54.
8 Schaffner F, Mathis A. Dengue and dengue vectors in the WHO European region: past, present, and scenarios for the future. Lancet Infect Dis 2014; 14: 1271-80.

9 Farooq Z, et al. Artificial intelligence to predict West Nile virus outbreaks with eco-climatic drivers. Lancet Regional Health Europe 2022; 17:100370.

10 Paz S, Semenza J. Environmental drivers of West Nile fever epidemiology in Europe and Western Asia — a review. Int J Environ Res Public Health 2013;10: 3543-62.

11 Simons RRL, Croft S, Rees E, Tearne O, Arnold ME, Johnson N. Using species distribution models to predict potential hot-spots for Rift Valley Fever establishment in the United Kingdom. PLoS One 2019; 14:e0225250.

12 Alenou, LD, Etang, J. Airport malaria in non-endemic areas: new insights into mosquito vectors, case management and major challenges. Microorganisms 2021; 9: 2160.

13 Kaźmierczak A (EEA), et al. Climate change as a threat to health and well-being in Europe: focus on heat and infectious diseases. EEA Report No 07/2022. https://op.europa.eu/en/web/general-publications/publications).

14 van Daalen KR, et al. The 2022 Europe report of the Lancet Countdown on health and climate change: towards a climate resilient future. Lancet Public Health 2022.

15 Kulkarni MA. Charting the evidence for climate change impacts on the global spread of malaria and dengue and adaptive responses: a scoping review of reviews. Globalization and Health 2022;18.

16 Vezzulli, L, Colwell RR, Pruzzo C. Ocean warming and spread ofpathogenic vibrios in the aquatic environment. Microb Ecol 2013; 65: 817–25.

17 Fleischmann S, et al. Prevalence and distribution of potentially human pathogenic Vibrio spp. on German North and Baltic Sea coasts. Front Cell Infect Microbiol 2022; 12: 846819.

18 Danovaro R, Fonda Umani S, Pusceddu A. Climate Change and the Potential Spreading of Marine Mucilage and Microbial Pathogens in the Mediterranean Sea. Plos One 2009; e7006.

19 Cutler DM, Summers LH. The COVID-19 pandemic and the $16 trillion virus. JAMA 2020; 324, 1495–96.

20 Mora C, McKenzie T, Gaw IM, et al. Over half of known human pathogenic diseases can be aggravated by climate change. Nature Climate Change 2022; 12: 869–75.

Qui il PDF

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *