Interventi
C’è un verso di Hölderlin che mi accompagna da tanto tempo:
.. Ho vissuto una volta Come gli dei: e di più non occorre.
Mi è capitato di dimenticarlo in diversi periodi della vita, ma poi è accaduto che mi tornasse in mente nei momenti più imprevedibili come una folgorazione, ogni volta con risonanze diverse e pur sempre adatte alla situazione mutata nel mio animo o nel mondo. E’ stato il primo pensiero quando ho deciso di scrivere queste pagine, cedendo alle care insistenze dei miei amici analisti. Così sono andato a riprendere Le liriche nella bella edizione Adelphi (1), turbata da pieghe e sottolineature inserite a suo tempo proprio per non dimenticare.
Nostalgia: scherzo della traduzione o del ricordo?
Un imprevisto, però, ha messo in discussione il mio incipit, almeno come lo avevo immaginato fino a quel momento. Il verso era scritto al tempo futuro:
.. Avrò vissuto un giorno come gli Dei, e più non chiederò.
Ma come è possibile? E’ un dolore grandissimo scoprire che il verso tanto amato non è mai esistito, che la connessione spirituale con il poeta era infondata, che tante suggestioni erano invenzione non poesia. Il primo moto è stato di dare la colpa ad uno scherzo della mia memoria. Mettiamo subito le cose in chiaro: sono portato al senso di colpa. Poi, però, mi sono ripreso e ho cominciato a dubitare della traduzione, finché rovistando nella biblioteca è uscita fuori l’edizione Einaudi degli anni cinquanta, nella bella versione di Giorgio Vigolo, con il verso al passato, nonché, bisogna dirlo, in perfetta corrispondenza con l’originale tedesco (2). Ne ricordavo perfettamente ogni parola, ma avevo dimenticato quella edizione, soppiantata nelle mie letture dalla successiva Adelphi. L’imprevisto ha arricchito l’incipit di una riflessione ulteriore. Bisogna prendere questi incidenti di lettura come segni inviati dal cielo. Il tema allora è come leggere quel verso contemporaneamente al passato e al futuro, come trasformare una forzatura del traduttore in un punto di vista altrettanto legittimo della parola hölderliniana, come rimanere in bilico senza mai confessare se è stato uno scherzo della traduzione o della memoria (3).
Qui il PDF dell’intero saggio

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