Questo testo è la traduzione, con alcune modifiche, di un saggio di prossima pubblicazione dal titolo “Corteo, a Very Countercultural Game. Political struggle and ludic culture in Italy in the 1970s and 1980s”, incluso nel volume “EuroWarGames”, a cura di Jan Heinemann, Riccardo Masini, e Fred Serval (https://eurowargames.wordpress.com).
Il saggio è da considerarsi un lavoro a quattro mani. Ciononostante, la scrittura dei paragrafi è stata divisa come segue: paragrafi 1, 2, 4 – Alonge, paragrafo 3 – Fassone.
La traduzione è di Giulia Chiantia, a cui va la nostra sincera gratitudine.
1. Introduzione
Per dirla con le celebri parole di Karl von Clausewitz, “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”1. È questa la ragione per cui i giochi sulla politica differiscono di norma in modo sostanziale dai giochi sulla guerra: i mezzi impiegati per condurre una campagna militare sono piuttosto diversi da quelli a cui si ricorre per condurne una politica. Sin dalle sue origini, l’industria dei giochi da tavolo ha prodotto giochi ispirati a eventi, personaggi e rituali politici. Ci sono dozzine di giochi che raffigurano i processi politici americani, da Game of Politics (Parker Brothers, 1935) a 1960: The Making of the President (Z-Man, 2007). Esistono giochi basati su conferenze internazionali, ad esempio Churchill (GMT, 2015) e Versailles 1919 (GMT, 2020); giochi su conflitti diplomatici, come Origins of World War II (Avalon Hill, 1971); giochi su sfide economiche e ideologiche, come Wir sind das Volk! (Histogame, 2014), che simula l’antagonismo tra la Germania dell’Ovest e la Germania dell’Est durante la Guerra Fredda; giochi sulle disuguaglianze sociali, come Ghetto (Western Publishing Company, 1967), in cui i giocatori devono sopravvivere alla vita nei quartieri poveri della città, entrando a far parte della classe media, conseguendo una laurea al college, oppure sbarcando il lunario con sussidi pubblici e/o attività criminali. Esistono, ovviamente, anche giochi politici che hanno risvolti militari. Ad esempio, giochi che trattano guerre imminenti possono contenere riferimenti alle forze armate. Mentre in Origins of World War II non viene rappresentato alcun tipo di attività militare – le uniche pedine sulla plancia di gioco rappresentano “fattori politici” – in 13 Days: The Cuban Missile Crisis (Jolly Roger Games, 2016) e Fort Sumter: The Secession Crisis, 1960-61 (GMT, 2018) l’esercito costituisce uno degli elementi chiave delle meccaniche di gioco, seppur in modo molto astratto. In Twilight Struggle (GMT, 2005) il gameplay rimanda ai principali conflitti combattuti durante la Guerra Fredda, ma la guerra in sé è estremamente stilizzata, ridotta al semplice atto di giocare una singola carta (in un mazzo di centotre carte, ce ne sono sei sul tema della guerra: Guerra di Corea, Guerra Arabo-Israeliana, Guerra Iran-Iraq, ecc.)2. Anche giochi politici che “sembrano” wargame, come ad esempio The Plot to Assassinate Hitler, 1940-1945 (SPI, 1976), che ha pedine di cartoncino indicanti la capacità di spostamento e i valori di combattimento e una plancia di gioco con una griglia esagonale, in realtà costruiscono un tipo di conflitto – un mix di eversione, controspionaggio e assassinio – che, pur avendo la guerra come sfondo storico, non evolve mai in una campagna militare.
Anche se la grande maggioranza dei giochi politici ha legami deboli, se non del tutto inesistenti, con i wargame, esiste una sottocategoria in cui il legame è invece alquanto forte: si tratta della categoria di giochi in cui il confronto politico sfocia in quello fisico, ossia i giochi su manifestanti che si scontrano con le forze di polizia. Un precursore di questa tipologia di giochi può essere identificato nel gioco da tavolo del primo Novecento Suffragetto (Women’s Social and Political Union, 1909), un gioco a due giocatori, uno (o una) nel ruolo delle suffragette e l’altro in quello della polizia3. Prodotto da una delle principali organizzazioni politiche femministe del tempo, guidata dalla leggendaria leader suffragetta Emmeline Pankhurst, Suffragetto è un gioco di cattura stilizzato, non una simulazione politica. Tuttavia, benché i pezzi di gioco siano simmetrici e totalmente astratti nelle loro azioni, come nella dama e in altri simili giochi di posizione, la plancia di gioco contiene riferimenti espliciti a un luogo reale: la città di Londra. L’obiettivo delle suffragette è quello di fare irruzione nella Camera di comuni, mentre la polizia, il cui scopo è ovviamente quello di fermare le suffragette, deve entrare ad Albert Hall, luogo in cui le militanti della WSPU erano solite incontrarsi4. Passando dal Regno Unito dell’età edoardiana all’America degli anni del Vietnam, troviamo Chicago-Chicago! (SPI, 1970), un gioco ideato da James Dunning che simula i quattro giorni di guerriglia urbana, nell’agosto del 1968, tra gli attivisti pacifisti e gli agenti di polizia, nel corso della convention nazionale del Partito Democratico a Chicago. Il gioco viene giocato su una mappa del centro di Chicago, divisa in aree (non c’è alcuna griglia esagonale), dove i due giocatori muovono le proprie unità: gruppi di manifestanti di varie dimensioni contro unità della Guardia Nazionale. Come in un wargame, le forze contrapposte sono rappresentate da pedine di cartoncino con le relative capacità di movimento e di combattimento. Se, da un lato, osservando la sua mappa e le sue pedine, possiamo facilmente inserire Chicago-Chicago! nella categoria dei wargame, dall’altro potremmo dire che, nonostante sia stato ideato da uno dei designer più influenti nella storia dei wargame, esso non è un wargame in senso stretto, poiché rappresenta un conflitto non letale. Quella simulata da Chicago-Chicago! una battaglia totalmente ritualizzata: lo scopo di giocatori non è uccidere gli avversari, bensì ricevere attenzione dai media. Quando un giocatore guadagna punti vittoria, il suo indice di esposizione mediatica cresce, il che significa che sta ottenendo buona pubblicità nei programmi TV di prima serata. C’è persino una regola che stabilisce che, qualora nella ressa un poliziotto uccida un manifestante con un lancio di dadi estremamente sfortunato, la partita si concluda immediatamente con la vittoria dei manifestanti. Tuttavia, proprio nel suo essere un gioco su un conflitto completamente simbolico, in qualche modo Chicago-Chicago! ritorna alle origini primordiali della guerra stessa. Secondo Johan Huizinga, la guerra, nelle sue espressioni più arcaiche, aveva una componente ludica poiché la violenza era in qualche modo regolata e stilizzata:
Ancora in età assai evolute la guerra assume talvolta la pura forma d’un gioco. Il Famoso Combat des Trente nel 1351, in Bretagna, nei primi documenti non viene chiamato, è vero, esplicitamente un gioco, ma tuttavia dà proprio l’impressione d’una competizione; e non altrimenti è per la Disfida di Barletta nel 1503, nella quale tredici cavalieri italiani lottarono contro tredici cavalieri francesi. […] La guerra può essere considerata come funzione culturale finché si conduca nell’ambito di un gruppo i cui membri si riconoscano pari nel valore o almeno pari nel diritto. […] È stata la teoria della “Guerra totale” ad abbandonare gli ultimi resti della funzione culturale della guerra e dunque della sua funzione ludica5.
Il gioco che esamineremo in questo saggio, Corteo (I libri del No, 1979), appartiene alla stessa categoria di Chicago-Chicago!, pur essendo molto più dettagliato e complesso, e divertente da giocare. È una simulazione hex and counters di una manifestazione di massa (un corteo, appunto), in una città astratta e fittizia dell’Italia degli anni Settanta. Un giocatore gioca nel ruolo dei manifestanti, divisi in diversi gruppi, ognuno con diversa affiliazione ideologica: Autonomia Operaia, marxisti-leninisti, anarchici, femministe, ecc. L’altro giocatore gioca nei panni del Potere – il lessico del gioco è apertamente ironico e autoironico – e controlla le forze di polizia nei suoi vari rami: Celere, Carabinieri, unità con fumogeni, ecc. Corteo simula una delle tante manifestazioni di piazza che caratterizzarono la politica italiana tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, e che spesso videro scontri violenti e prolungati tra gli attivisti di sinistra e la polizia. Più precisamente, Corteo simula una manifestazione del 1977, l’anno che rappresentò il picco di quasi dieci anni dominati dall’estremismo politico e dalle proteste di piazza. Dopo il 1977, la partecipazione a questi cortei di sinistra iniziò a diminuire, con la perdita di interesse verso la causa da parte di molti militanti, mentre la violenza politica si trasformava in vero e proprio terrorismo. Come vedremo, Corteo è un gioco che ricalca lo stile dei wargame di Avalon Hill e SPI, ma è anche una riflessione ludica sulla storia politica italiana dell’epoca. Analizzeremo in primo luogo il rapporto tra Corteo e il canone dei wargame; successivamente, ricostruiremo la complessa storia dietro l’ideazione e la pubblicazione di Corteo, il suo legame sfaccettato con il contesto politico italiano, nonché la sua ricezione.
2. Rinegoziando il canone dei wargame
I prodotti di Avalon Hill e SPI apparvero per la prima volta in Italia a metà degli anni Settanta6. Corteo prende dichiaratamente in prestito le caratteristiche principali dei wargame americani dell’epoca. Come già menzionato, la plancia con la mappa, che rappresenta una città italiana astratta (modellata principalmente su Roma, ma con diversi inserti da altre città italiane, come Torino e Milano), ha sovrapposta una griglia esagonale. Il terreno ha vari effetti tanto sul movimento quanto sul combattimento. I pezzi del gioco sono pedine di cartoncino di colori differenti, con acronimi, simboli e disegni stilizzati che identificano le varie unità, nonché numeri che ne indicano la capacità di movimento e i valori di combattimento. La sequenza di gioco è basata sullo schema prototipico dell’alternanza dei turni, che prevede prima lo spostamento, poi lo scontro, e infine la possibilità di avanzare dopo lo scontro. L’esito dello scontro è determinato con una Tabella dei Risultati dello Scontro chiaramente modellata su quelle dei giochi di SPI e Avalon Hill. In modo quasi inevitabile, trattandosi di un gioco ad esagoni e pedine, il regolamento di Corteo include il concetto chiave di Zona di Controllo. Inoltre, come molti altri wargame americani degli anni Settanta, come ad esempio Gettysburg (Avalon Hil, 1977), Corteo offre sia un livello di gioco basico, sia un altro avanzato, più complesso. In quanto wargame, Corteo punta ad essere una simulazione di un evento reale. Come abbiamo già menzionato (e come vedremo più nel dettaglio nella prossima sezione), Corteo è permeato di ironia e autoironia, ma la sua componente simulativa rimane elevata. Come in un qualsiasi gioco di Avalon Hill o SPI, il regolamento è molto specifico per quanto riguarda la scala del gioco. I pezzi dei manifestanti rappresentano gruppi tra le cento e le cinquecento persone, a costituire una dimostrazione di circa novemila persone. Le unità del Potere rappresentano squadre e plotoni tra i dieci e i cinquanta uomini ciascuno. Ognuno dei dieci turni che compongono un’intera partita rappresenta venti minuti di vita reale. Come in molti wargame, le condizioni di vittoria sono strutturate su diversi livelli (vittoria schiacciante dei manifestanti, vittoria limitata dei manifestanti, pareggio, ecc.), attraverso un sistema di punti vittoria, che i giocatori ottengono occupando specifici esagoni obiettivo (nel caso di chi tiene i manifestanti) o arrestando attivisti (nel caso di chi tiene il Potere).
Tre dei designer di Corteo con cui abbiamo parlato (come vedremo, il gioco fu il prodotto di un team relativamente ampio), Massimo Casa, Fabrizio Casa e Giulio De Petra, hanno citato come fonti d’ispirazione, da un lato, giochi su battaglie del diciannovesimo secolo, come Napoleon’s Last Battles (SPI, 1976) e il già menzionato Gettysburg, e, dall’altro, giochi ipertattici su scontri urbani nel ventesimo secolo come Sniper! (SPI, 1973) e Cityfight: Modern Combat in the Urban Environment (SPI, 1979). In Sniper!, le pedine rappresentano i singoli combattenti, i quali possono stare in piedi o proni, e rientrare in una delle quattro possibili condizioni fisiche (normale, ferito, incapacitato, ucciso). La mappa non rappresenta una città intera, come in Corteo, ma solo alcuni quartieri, e il suo stile minimalista e completamente astratto è l’esatto opposto del map design ricco di dettagli di Corteo.
Il rapporto con i wargame sulle battaglie ottocentesche è molto più profondo. Corteo raffigura una battaglia non letale, ma comunque una battaglia, il cui flusso è costituito da una complessa dialettica tra scontro e spostamento. Il giocatore nel ruolo del Potere deve circondare i manifestanti, in modo che non possano sparpagliarsi per la città e raggiungere gli esagoni obiettivo più lucrativi in termini di punti vittoria (i palazzi del governo, il tribunale, la prigione), e deve repentinamente inviare dei distaccamenti per bloccare delle formazioni nemiche piccole ma estremamente efficaci, i cosiddetti “spezzoni” (segmenti che si sono allontanati dal corteo principale), che diffondono il disordine nella città muovendosi con la metropolitana. Il giocatore nel ruolo dei manifestanti deve lanciare contro la polizia il grosso delle sue forze, guidato dalle “teste del corteo”, due unità molto potenti, supportate da migliaia di militanti che spingono alle loro spalle. Mentre le “teste del corteo” rompono la sottile linea blu della polizia, gli “spezzoni” vengono inviati in giro per la città a portare scompiglio e raccogliere punti vittoria. Massimo Casa paragona piuttosto efficacemente le teste del corteo ai grognard di Napoleone (i veterani della Guardia Imperiale) e gli spezzoni alla cavalleria leggera di Wellington.
Nel complesso, il gameplay e le meccaniche di Corteo non sono così diversi da quelle di Napoleon’s Last Battles e altri wargame sulle battaglie dell’Ottocento, ma ci sono alcune differenze rilevanti, che derivano dal fatto che quello simulato da Corteo sia uno scontro non letale:
1) Poiché lo scontro è non letale, il movimento è più importante del combattimento. Corteo è una sorta di gioco di cattura fatto wargame: la polizia deve arrestare i manifestanti, i quali devono scappare e nascondersi7. Per sottolineare l’importanza del movimento nel loro gioco, i creatori di Corteo hanno invertito la posizione standard della capacità di movimento e dei fattori di combattimento sulle pedine. In Corteo, i valori di combattimento sono sul lato destro della pedina, mentre la capacità di spostamento è sul sinistro. È come guidare in Inghilterra se si viene dall’Europa continentale: per un giocatore di wargame esperto che si approccia a Corteo, questo dettaglio è davvero disorientante in un primo momento.
2) Come già detto, le regole di Corteo includono la Zona di Controllo, ma con una significativa variazione rispetto alla norma. Come in molti wargame, quando un’unità entra in una Zona di Controllo nemica deve fermarsi e lo scontro è obbligatorio. Ma, mentre un’unità della polizia che comincia il proprio turno in una Zona di Controllo nemica non può muoversi, i manifestanti possono disimpegnarsi, consumando un punto movimento aggiuntivo. La ragione di questa incongruenza risiede nell’asimmetria tra le due forze contrapposte: mentre la polizia agisce seguendo una logica semi-militare e perciò non può cedere terreno al nemico, i manifestanti non sono soldati, bensì combattenti di strada politici, rivoltosi, che colpiscono e poi spariscono. Questa asimmetria, per quanto riguarda le Zone di Controllo, trova una specularità negli effetti del terreno sui movimenti. Le forze della polizia non possono entrare in certi esagoni, come i palazzi nei quartieri popolari o le stazioni della metropolitana. Il fatto che non possano entrare nelle stazioni sotterranee è una scelta dettata principalmente da ragioni di game design, perché se al giocatore nei panni del Potere fosse consentito occupare le stazioni della metro, per i manifestanti diventerebbe impossibile salire sui treni, che costituiscono per loro un’importante risorsa strategica. Al contrario, l’interdizione della polizia dai quartieri operai è puramente simulativa: si tratta di territorio ostile al Potere, un porto sicuro per i manifestanti.
3) La terza significativa differenza di Corteo rispetto agli schemi dei wargame tradizionali riguarda i punti vittoria. In Corteo, il giocatore nel ruolo del Potere guadagna punti vittoria arrestando i manifestanti. Non vengono uccisi, bensì soltanto imprigionati, ma la meccanica di gioco è identica a quella presente in Napoleon’s Last Battles: un punto vittoria per ogni fattore di combattimento nemico eliminato. Il giocatore nel ruolo dei manifestanti deve tenere un’unità nell’esagono obiettivo per un turno intero, resistendo a un possibile attacco della polizia, e poi andarsene, poiché quell’esagono diventa proibito per entrambi gli schieramenti. Come detto, il gioco è su una lotta di strada asimmetrica. Mentre il giocatore nei panni del Potere, per vincere, dovrebbe ottenere un controllo almeno parziale dello spazio urbano, per il giocatore nei panni dei manifestanti non è necessario controllare lo spazio: è sufficiente colpire e fuggire. Questa vocazione “anarchica” del gioco è particolarmente evidente nella sua seconda edizione, che include due scenari che simulano il puro disordine sociale, e che furono rimossi quando Corteo, dopo due edizioni indipendenti di gran successo, fu ripubblicato dalla casa editrice Mondadori Giochi, come vedremo nella prossima sezione.
3. Una storia orale di Corteo8
Nonostante sia stato pubblicato per la prima volta nel dicembre 1979, le radici culturali di Corteo possono essere fatte risalire ad almeno dieci anni prima. Alla fine degli anni Sessanta, dopo che il movimento studentesco del 1968 aveva mostrato come le università di tutta Europa fossero un terreno fertile per i conflitti politici, l’Italia vide un netto aumento delle tensioni sociali. Il movimento studentesco, in larga parte marxista9, riuscì a intessere alleanze con diversi filoni del movimento operaio, soprattutto a Torino. Il 3 luglio 1969, davanti ai cancelli di Mirafiori, una grande manifestazione vide studenti e lavoratori sottopagati scontrarsi con la polizia in quella che si trasformò in una giornata di tumulti. Questo evento, comunemente noto come “la battaglia di Corso Traiano”, dal viale in cui si svolse, è in genere ritenuto la miccia che accese l’“autunno caldo”, un periodo di tensioni sociali e politiche che avrebbe poi portato a un nuovo contratto standardizzato per i lavoratori delle fabbriche, segnando un’importante vittoria per i sindacati10. La rivolta di Corso Traiano, a Torino, segna simbolicamente l’inizio di un nuovo modo di organizzare e guidare i cortei in Italia, in cui gli obiettivi e le tattiche dei manifestanti non erano necessariamente stabiliti dai leader sindacali o da altri attori istituzionali, quanto piuttosto discussi da una vasta gamma di soggetti: organizzazioni studentesche, diverse componenti dell’estrema sinistra, gruppi spontanei ed effimeri, ecc. Questo cambio di passo fece sì che tanto i manifestanti, quanto le forze di polizia sviluppassero tecniche diverse, e diede vita a un movimento composito, generalmente allineato con l’estrema sinistra, che fece ricorso a mezzi meno tradizionali di auto-rappresentazione e propaganda. Durante la prima metà degli anni Settanta, si tenevano regolarmente manifestazioni politiche nelle più importanti città italiane, al punto da diventare una sorta di appuntamento settimanale in una città come Roma (gli intervistati fanno spesso riferimento alla “manifestazione del sabato”). Questo processo terminò quando, nel 1977, l’allora Ministro dell’Interno Francesco Cossiga, temendo un’escalation di violenza, vietò tutte le manifestazioni e i cortei a Roma; molte manifestazioni non autorizzate ebbero luogo nonostante il divieto e, proprio durante una di esse, la giovane militante Giorgiana Masi venne uccisa.
Nello stesso anno, il 1977, un gruppo di amici, alcuni dei quali avevano avuto un ruolo attivo nell’organizzazione delle “manifestazioni del sabato” degli anni precedenti, decise di ideare un gioco da tavolo che simulasse un corteo. “Dato che non potevamo manifestare [per via del divieto imposto da Cossiga], decidemmo di progettare un gioco sulle manifestazioni”, ci ha detto Massimo Casa, uno dei creatori, assieme a suo fratello Fabrizio, Giulio De Petra, Alvaro Lojacono, Piergiorgio Maoloni e Sergio Zoffoli, del gioco che sarebbe diventato Corteo. Il gruppo di amici, in seguito conosciuto come CUNSA (“Collettivo un sacco alternativo”, poi “Cooperativa un sacco alternativa”), condivideva l’interesse per i wargame. I futuri autori di Corteo si riunivano nell’appartamento di Massimo Casa e giocavano ai wargame di SPI e Avalon Hills. Più tardi, a partire dall’inizio degli anni Ottanta, i membri della CUNSA sarebbero stati tra i clienti di Strategia e Tattica, ancora oggi un vero e proprio punto di ritrovo per la comunità dei giocatori di Roma, che negli anni precedenti aveva anche svolto il ruolo di centro di distribuzione per la rivista Il Male, un giornale satirico che rappresentava la voce sardonica e a tratti avanguardista dei movimenti di estrema sinistra italiani11. Questa convergenza di impegno politico, passione per i wargame, e, forse, il presagio della fine di un’era per gli attivisti, costituirono la provetta in cui un gioco come Corteo poté essere concepito. Secondo Massimo Casa, il gioco fu il risultato della pervasività dell’auto-rappresentazione ironica come pratica comune all’interno della sinistra radicale romana. I diversi gruppi interni al movimento spesso si dedicavano a battibecchi fortemente satirici, e ciò si riflette nel regolamento di Corteo. Per esempio, i “Gruppetti” della Sinistra vengono descritti così: “sono piccole formazioni di larghe vedute, spesso impegnate in sottili dissertazioni”, mentre i Marxisti-Leninisti sono “interpreti fedeli di alcune costanti ideologiche del Movimento Operaio internazionale […]. Sono un po’ lenti e pesanti”. Un simile intento ironico è osservabile nella nomenclatura delle strade e delle piazze di Corteo: il gioco è ambientato in una città fittizia, un collage di diverse location italiane ed europee, i cui toponimi rivelano un gusto per l’assurdo, dove giochi di parole e battute contribuiscono a demistificare il rigore solitamente associato ai wargame. Stando a Fabrizio Casa e Giulio De Petra, lo stesso processo di design nacque dalle pratiche di creazione collettiva molto diffuse negli anni Settanta. I designer, insieme ad amici e altre conoscenze, si radunavano abitualmente attorno a un tavolo per discutere del gioco; alcuni contribuivano con i loro suggerimenti, mentre altri ascoltavano soltanto, o chiacchieravano di altri argomenti. Nessun ruolo specifico fu mai assegnato, ma si può affermare che, benché lo spirito generale di game design che pervade il gioco possa essere attribuito alla collettività, la matematica del gioco – ad esempio, i rapporti numerici che regolano gli scontri e i movimenti – è ascrivibile a Sergio Zoffoli, mentre fu Piergiorgio Maoloni12 ad occuparsi principalmente della grafica e delle illustrazioni. Quest’ultime, in particolare, spiccano come un’altra significativa deviazione dall’estetica tradizionale dei wargame: mentre nei wargame le mappe sono in generale di natura simbolica – ossia puntano a riprodurre le caratteristiche del territorio con simboli facilmente leggibili – Corteo fa uso di una più raffinata combinazione di cartografia e illustrazione, in cui edifici e monumenti sono contraddistinti da una precisa identità visuale.
La natura informale del processo di design e il fatto che nessuno dei designer si dedicasse a tempo pieno alla realizzazione di Corteo portarono a un ciclo di sviluppo lungo più di due anni. La prima edizione di Corteo, contenuta in una cartellina di cartone e stampata in circa 1800 copie per essere distribuita principalmente a Roma da Edizioni del No, una piccola casa editrice alternativa, apparve nel dicembre 1979. La natura collettiva del lavoro non fu l’unico fattore in gioco nel processo piuttosto lento che portò alla pubblicazione di Corteo. Gli autori raccontano delle difficoltà incontrate nel rendere il gioco bilanciato per i due giocatori, ma il problema non era tanto di natura tecnica, quanto piuttosto simbolica e ideologica. Alcuni membri di CUNSA, infatti, sostenevano che fosse necessario alterare l’equilibrio del gioco in favore dei manifestanti, come messaggio politico affidato al game design. Altri membri ritenevano invece che un design più bilanciato avrebbe generato un’esperienza più coinvolgente. Sebbene questa diatriba possa sembrare un dettaglio di minore importanza nella storia di Corteo, è in realtà indicativa dei diversi valori che furono attribuiti al gioco nel corso della sua esistenza. Sia i game designer, sia i giocatori che siamo riusciti a intervistare sostengono di aver considerato Corteo una variazione interessante della classica formula dei wargame piuttosto che un’esplicita presa di posizione politica. Ciononostante, i disaccordi interni al team di design e la storia della creazione del gioco – in cui wargame e attivismo sono intrinsecamente legati – rivelano come Corteo possa essere visto sia come un’innovativa reinterpretazione del canone del wargame, sia come modo di esprimere le proprie posizioni politiche, o in generale la propria visione del mondo, attraverso il game design piuttosto che le parole13.
Il 23 dicembre 1979, mentre era in corso la distribuzione della prima edizione di Corteo, la polizia requisì dodici copie del gioco dalla casa di un uomo che era stato brevemente coinvolto, e subito scagionato da ogni accusa, nel cosiddetto processo “sette aprile”, che puntava a provare l’esistenza di una leadership unitaria dietro gli atti di violenza politica del 1977-1979. Corteo era stato scambiato erroneamente per una sorta di manuale tattico, pensato per radicalizzare i giovani e prepararli alla guerriglia urbana. Le copie non vennero mai restituite – gli autori del gioco a tutt’oggi chiedono scherzosamente un risarcimento per le copie requisite – ma nei giorni seguenti la notizia dell’operazione fu diffusa da stazioni radio della sinistra e altri canali politici. Quest’improvvisa, e per molti versi indesiderata, popolarità spinse CUNSA a stampare una seconda edizione del gioco. Oltre a correggere diversi errori di stampa, la seconda edizione, uscita all’inizio del 1980, conteneva alcune varianti progettate per offrire un’esperienza più variegata. Inoltre, questa seconda edizione comprendeva le “pagine gialle”, che descrivevano tutti i toponimi sulla mappa, e includevano una serie di pubblicità e annunci surreali che consolidavano ulteriormente la natura ironica di Corteo14. L’aggiunta delle pagine gialle attesta la volontà degli autori di realizzare un gioco che si relazionasse con il più ampio clima culturale e politico; Corteo non è una mera simulazione della guerriglia urbana del 1977, bensì una capsula temporale delle idiosincrasie e contraddizioni dell’attivismo di sinistra nell’Italia degli anni Settanta.
Nella seconda metà del 1980, un altro evento inaspettato incrociò l’orbita di Corteo. Alla fine degli anni Sessanta, Mondadori aveva inaugurato Mondadori Giochi, ramo dell’azienda destinato alla pubblicazione di giochi da tavolo. Nel 1979, Mondadori Giochi pubblicò la versione italiana di Class Struggle (Avalon Hill, 1978), pubblicizzandolo su diverse riviste con una vignetta in cui Karl Marx, Enrico Berlinguer e Gianni Agnelli sono seduti attorno a un tavolo, intenti a giocare al gioco. Lo slogan recita: “È scoppiata la rivoluzione. Era circa mezzanotte quando, a casa di Enrico, i capitalisti sono stati sconfitti.” Dopo una produzione piuttosto scarna nel corso degli anni Settanta, Mondadori Giochi tentò di dare nuova vita al proprio portfolio pubblicando giochi controversi, dalla forte carica politica, che avrebbero attratto giocatori adulti disposti a provare qualcosa di diverso da Risiko e Monopoli. Corteo era la scelta perfetta per questa strategia di rinnovamento. Il consulente di Mondadori Giochi, Sergio Masini, una figura di spicco nella cultura italiana dei wargame15, fece da tramite tra gli autori e l’editore e, a fine 1980, fu pubblicata una nuova edizione del gioco. Sebbene fosse identica sul piano delle meccaniche alle prime due edizioni, la versione pubblicata da Mondadori Giochi comprendeva alcune differenze di rilievo per quanto riguarda la presentazione del gioco. In primo luogo, una prefazione al regolamento, firmata da Masini, introduceva i giocatori ai giochi di simulazione, e legittimava Corteo, e i wargame in generale, come passatempo culturalmente rilevante. Questo inquadramento culturale è in sintonia con l’altra iniziativa di Masini, la rivista Pergioco, il cui primo numero fu pubblicato nell’ottobre 1980. Nei suoi articoli e nelle sue recensioni, la rivista sviluppa l’argomentazione principale di Masini nell’introduzione a Corteo: i giochi da tavolo sono una forma significativa di produzione culturale, e pertanto andrebbero valutati e discussi con rigore intellettuale. Lo slogan “Rivista di giochi ‘intelligenti’ per adulti”16 è di certo eloquente. L’edizione di Corteo targata Mondadori Giochi elimina, inoltre, due degli aspetti più problematici del gioco. Due delle varianti non sono incluse nell’edizione Mondadori: la variante “folleggianti”, che incoraggiava il giocatore a violare le regole del gioco, viene chiaramente ritenuta troppo astratta, mentre lo scenario “blackout”, ispirato dal blackout di New York City del 1977, con razzie e rivalità tra gang, è considerato troppo provocatorio. Alcune battute politiche – ma non tutte – vengono rimosse, e i componenti del gioco vengono aggiornati per riflettere gli standard produttivi di Mondadori Giochi. Dell’ultima edizione di Corteo vengono stampate venticinquemila copie, e, da curiosità locale, il gioco si trasforma un autentico prodotto mainstream, anche se, a detta degli autori, forse fu acquistato più per il suo valore di gadget che non per il suo gameplay vero e proprio. In sostanza, sostengono gli autori, è possibile che molti fra quelli che lo comprarono, non ci giocarono mai.
L’edizione di Corteo di Mondadori Giochi offrì al gioco e ai suoi autori un certo grado di esposizione. La rivista settimanale L’Europeo pubblicò una recensione notevolmente positiva, scritta da Giampaolo Dossena, secondo il quale un simile gioco meritava attenzione anche al di fuori della cerchia dei wargame17. L’articolo di Dossena segnala un’importante crescita dei wargame come hobby in Europa e concorda con Masini nell’auspicio di una sua più ampia accettazione anche nella cultura di massa italiana. In modo ancor più interessante, l’opera di CUNSA sembra aver ispirato direttamente almeno un altro gioco. Nella primavera del 1980, qualche mese dopo le traversie legali di Corteo, la rivista Panorama (di proprietà del Gruppo Mondadori) pubblicò Il golpe18, inspirato dalla minaccia di un colpo di stato che in Italia fu percepito come imminente per tutti gli anni Settanta. L’idea di usare la formula dei wargame per simulare eventi politici recenti e controversi può essere fatta risalire a Corteo, ma, al di là di ogni filiazione incerta, la realizzazione di due giochi del genere nel giro di un anno è una testimonianza del fatto che in una breve finestra di tempo i wargame politici, in Italia, aspirarono a raggiungere il successo di massa.
4. Conclusioni
Come abbiamo visto, Corteo fu realizzato da un gruppo legato alla sinistra extraparlamentare. La contraddizione politica insita nel fatto di pubblicare la terza edizione del gioco con una delle principali case editrici “capitaliste” italiane, che di lì a pochi anni sarebbe stata acquisita da Silvio Berlusconi, fu risolta utilizzando i soldi dell’anticipo di Mondadori per contribuire ai fondi per la difesa degli accusati nel processo del sette aprile. Corteo fu ideato alla fine del cosiddetto “lungo 1968 italiano”, il decennio di estremismo politico, che andò dal 1968 al 1977. La cultura politica delle rivolte giovanili degli anni Sessanta e Settanta mescolava la severità insita nel marxismo con l’ironia e la leggerezza, sotto lo slogan “una risata vi seppellirà”. Nei movimenti del 1977, l’ironia, assieme alla violenza, era un aspetto particolarmente rilevante. Negli anni a seguire, durante la realizzazione di Corteo, la componente ludica del “lungo 1968 italiano” sarebbe stata cancellata del tutto dalla cupa coltre del terrorismo19.
Secondo Huizinga, “nella nostra coscienza il gioco s’oppone alla serietà”20. Si potrebbe affermare che i giochi politici siano intrinsecamente più inclini all’ironia dei wargame perché trattano conflitti non letali. Il regolamento di Cold War (Victory Games, 1984), per esempio, parlando di politica internazionale, utilizza occasionalmente espressioni ironiche come “skullduggery on a worldwide scale” e “dirty tricks”21. Ma Corteo va ben oltre la singola battuta qua e là: l’ironia e l’auto-ironia sono il fulcro stesso del progetto. Scegliere un gioco come modo di ragionare sul lungo 1968 italiano fu anche un modo per salvare le sue radici ludiche, e tenerne viva l’eredità.
Note
1 Von Clausewitz, Karl: Della guerra, Milano, 1970 [1832], p. 38.
2 Sul perché Twilight Struggle non sia un wargame si veda Alonge, Giaime / Fassone, Riccardo: Twilight Struggle, or: How We Stopped Worrying About the Hexagons, in Brown, Douglas / MacCallum-Stewart, Esther (eds.): Rerolling Boardgames. Essays on Themes, Systems, Experiences and Ideologies, Jefferson, NC, 2020, pp. 48-68.
3 Le regole e la plancia di gioco di Suffraggetto possono essere scaricati a questo indirizzo: https://www.playsuffragetto.com
4 Sulle diverse tipologie di giochi da tavolo, si veda Parlett, David: The Oxford History of Board Games, Oxford 1999.
5 Huizinga, Johan: Homo Ludens, Torino 1973 [1938], pp. 104-105.
6 Una delle prime volte – se non forse la prima in assoluto – in cui i wargame sono stati menzionati in una pubblicazione italiana di grande diffusione è stato in un articolo del 6 marzo 1977, pubblicato sul settimanale L’Espresso. È un articolo molto lungo, dedicato alla cultura ludica in generale, e scritto dal giornalista e storico del gioco Giampaolo Dossena, assieme a Raffaele Rinadi. Le pagine 138 e 139 sono dedicate ai wargame, che in Italia – come scrivono gli autori – “sono arrivati da un paio di mesi e vengono venduti (con grande successo) solo in una manciata di negozi specializzati” (p. 138). Il primo libro in assoluto sui wargame scritto in italiano, Le guerre di carta. Premessa ai giochi di simulazione di Sergio Masini (Napoli, 1979), è apparso un paio di anni più tardi, pubblicato dalla casa editrice Guida.
7 Questo aspetto è stato già sottolineato da Chiara Asti, in un contributo dedicato parzialmente a Corteo. Cfr. Chiara Asti, Quando, dove, come. La Storia in gioco sul tavolo, in Id. (a cura di), Mettere in gioco il passato. La storia contemporanea nell’esperienza ludica, Milano, Unicopli, 2019, p. 144.
8 Questo paragrafo è stato redatto utilizzando i dati raccolti attraverso interviste approfondite ai designer del gioco e altre fonti di rilievo. Gli autori di questo saggio desiderano ringraziare Massimo e Fabrizio Casa, Giulio De Petra, Sergio e Riccardo Masini, Andrea Angiolino, Fulvio Pegolo e i membri del gruppo Facebook “Casus Belli” che hanno dedicato il loro tempo a rispondere alle nostre domande.
9 Nel suo libro sui cosiddetti “anni di piombo”, Vladimiro Satta sostiene che il movimento studentesco del tardo 1968 fosse “egemonicamente marxista”. Si veda Satta, Vladimiro: I nemici della Repubblica. Storia degli anni di piombo, Milano, 2016.
10 Un’interessante ricostruzione dei fatti di corso Traiano si può trovare in Giachetti, Diego: La rivolta di corso Traiano. Torino 3 luglio 1969, Pisa, 2019.
11 Si dice spesso che quello dei wargame, soprattutto negli anni Settanta, fosse un hobby che attraeva militanti e simpatizzanti della destra. Seppur ciò possa essere vero in alcuni contesti, la situazione romana era significativamente più diversificata. Lo testimonia il fatto che il negozio specializzato Strategia e Tattica fosse di proprietà, tra gli altri, di Roberto Flabiani. Nei locali che avrebbero in seguito ospitato il negozio, nei tardi anni Settanta Flaibani gestiva la SADE, un centro di distribuzione che aveva contribuito alla diffusione Corteo, de Il Male e di numerose altre pubblicazioni di sinistra. Il logo della SADE, ritraente il personaggio di Arzach dell’illustratore Moebius, sarebbe diventato il logo di Strategia e Tattica. Sulla relazione tra wargame e politica, si veda Alonge, Giaime: Playing the Nazis. Political Implications in Analog Wargames, in Analog Game Studies, 8(1), 2019.
12 Maoloni (1938-2005) è stato uno dei più grandi grafici dell’editoria italiana. Contribuì a progettare e ridisegnare i caratteri e la composizione di importanti giornali, come La Stampa, L’Unità, Il Messaggero.
13 Una simile duplicità viene descritta da Jaroslav Švelch nel suo studio sullo sviluppo dei videogiochi nella Cecoslovacchia degli anni Ottanta. Si veda Švelch, Jaroslav: Gaming the Iron Curtain. How Teenagers and Amateurs in Communist Czechoslovakia Claimed the Medium of Computer Games, Cambridge, MA, 2018.
14 Ad esempio, le pagine gialle della seconda edizione del gioco, annoverano tra i giornali che hanno sede in città Il Corriere della Serva e Rinascita, la cui descrizione recita: “settimanale di politica, economia e pollicoltura”.
15 Si veda la nota 6.
16 Sul secondo numero della rivista, lo slogan viene accorciato in “Rivista di giochi intelligenti”.
17 Dossena, Giampaolo: Corteo, “L’Europeo”, 52, 27 dicembre, 1979, p. 70.
18 Il gioco fu pubblicato su Panorama, numeri 728, 729, 730, tra marzo e aprile del 1980.
19 Chiara Asti, nel saggio che abbiamo già citato alla nota 8, offre una lettura sottile del rapporto tra Corteo, un gioco che fa proprio il modello del wargame, e una rappresentazione dei movimenti degli anni Settanta tutta incentrata sulla loro deriva “militare”, con lo sbocco nel terrorismo: “Corteo, mettendo in scena gli scontri tra manifestanti e forze di polizia come se si trattasse di una guerra a tutti gli effetti, ricalca e ripropone questa visione di quegli anni, sebbene con molta ironia” (Chiara Asti, Quando, dove, come, cit., p. 145).
20 Huizinga, Johan: Homo Ludens, Torino 1973 [1938], p. 8.
21 Glynn, Lenny / Prados, John: Cold War – Rules Booklet, New York 1984, p. 1.
Qui il link all’iniziativa “Giochi di politica” che si volgerà giovedì 23 giugno alle ore 18:00, in via Edgardo Ferrati, 3A, a Roma, organizzata da Moby Dick e CRS. Conducono Giaime Alonge e Riccardo Fassone. Partecipano Andrea Angiolino, Massimo Casa, Fabrizio Casa e Giulio De Petra.
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