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Dopo “giornate soffocanti” nelle quali la Sardegna “brancolava nel buio in cerca di finestre, l’affermazione del centro sinistra in queste elezioni regionali ha, finalmente, aperto uno spiraglio di luce.

Al termine di una campagna elettorale tesa e difficile che, con la presa di posizione di Renato Soru, una scelta individualista, di spaccatura, che ha rischiato di spegnere il sogno di rinascita di un’intera isola, il campo largo ha maturato un risultato nel quale in tanti/e abbiamo sperato e creduto fino alla fine.

Molti gli aspetti su cui riflettere: il prima, il cammino, il poi. Su tutti, due donne come filo rosso, Alessandra Todde ed Elly Schlein.

In merito al prima. Non possiamo dimenticare la complessa fase di individuazione del candidato/a, la consapevolezza del valore di una coalizione ampia e unita; di una sinistra che, nel rispetto delle sue diversità, ha saputo mediare nell’interesse del territorio e costruire la via per camminare insieme intorno a un progetto per la Sardegna.

Non possiamo dimenticare le resistenze, gli attacchi (da entrambe le parti), la paura della sopraffazione dell’uno da parte dell’altro. Il coraggio di scegliere, insieme, l’unica strada utile all’isola; di guardare alla politica come servizio e non come ambizione personale; di privilegiare l’opzione che avrebbe potuto consentire alla Sardegna e al suo popolo di risollevarsi. Soprattutto la scelta di leggere con attenzione il territorio, guardare ai bisogni delle persone e lavorare sui contenuti. Sul cambiamento.

Da qui il cammino, lungo e tortuoso, ma deciso. Tracciato sull’ascolto e la progettazione delle azioni utili a offrire risposte. L’individuazione di una figura competente, questa sì forte e fiera di essere sarda. Di lavorare per la sua terra, per i suoi abitanti, per far rientrare chi è dovuto andar via non per scelta ma per assenza di opportunità, per accompagnare chi sente offesa la sua dignità per la mancanza di un lavoro, per tutelare e valorizzare un paesaggio che costituisce un bene prezioso. Per alimentare la conoscenza come presupposto indefettibile per costruire. Nulla si disegna, si inventa, si programma in assenza del sapere. Non sono sufficienti le parole, occorre dimostrare di avere gli strumenti per andare oltre. Così è stato.

Alessandra Todde ha iniziato la sua campagna elettorale utilizzando una frase che nel 1926 Grazia Deledda, appena insignita del Nobel per la letteratura, in seguito alle critiche mosse nei suoi confronti da Luigi Pirandello, amareggiato per la mancata vittoria, scrisse al presidente della Fondazione Nobel: “Tutto, forse, può essere vinto”.

Una frase che non esprime solo un sogno, ma consapevolezza delle potenzialità, impegno per costruire, superare i punti di debolezza e lavorare sui punti di forza per realizzare un obiettivo. Per vincere.

Parte di quel sogno si è avverato, si è vinta la competizione elettorale. Ora si deve lavorare per conquistare l’altra parte del sogno, della vittoria. Perché “tutto” possa essere vinto. Per superare il “forse.

Arriviamo, così, al dopo.

La vera vittoria è, infatti, come Giano bifronte: da un lato l’esito elettorale, la fiducia del popolo sardo; dall’altro la capacità di rispondere come la Sardegna merita, assolvere l’impegno assunto: maturare gli obiettivi prefissati. Non tradire la fiducia di un’isola provata, stanca, delusa, in difficoltà. Dove i giovani vanno via e chi rimane coglie nella società un divario crescente, una profonda distanza tra chi è povero e chi dispone delle risorse. Tra chi deve scegliere se curarsi o alimentarsi e chi può, invece, trovare da sé la risposta a ciò di cui ha bisogno.

La vera vittoria, va, dunque, oltre il risultato elettorale. Tutto, forse, può essere vinto.

La vera sfida inizia ora. Non solo in Sardegna.

Nell’isola il lavoro di una sinistra unita, che si rispetta, che conosce i problemi, ascolta, discute e disegna insieme; che lavora per le persone e il territorio e non per soddisfare interessi di singoli/e, consentirà di maturare l’obiettivo con l’impegno di tutti. Favorirà l’entusiasmo di tornare alle urne per voler essere parte di un risultato prezioso. Anche questo è parte del sogno.

Oltre il mare potrà essere una finestra che si apre e fa entrare la luce, un’occasione per mettersi in discussione. Per riflettere sugli errori commessi, sull’inutilità dei personalismi. Sul valore dell’unità come sorgente di idee e progetti. Per riscoprire il valore dei partiti alla luce della Costituzione: concorrere con metodo democratico a determinare la politica, nel senso più alto del termine. Insieme.

La vittoria in Sardegna deve essere questo. Una grande emozione per una grande occasione: tutto, forse, potrà essere vinto.

*Paola Piras è docente di Diritto amministrativo all’Università di Cagliari.

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Un commento a “Dalla Sardegna un bagliore di luce”

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