La chiave della prossima campagna elettorale a Roma, per la sinistra, dovrebbe essere la discontinuità, ovvero la prospettiva di cambiare verso alla gestione politica del Campidoglio rispetto alla gestione attuale e a quelle precedenti, anche di centrosinistra. Questa discontinuità va realizzata, più precisamente, nei confronti della degenerazione consolidata dell’insieme dei rapporti politica-amministrazione-affari. Questo insieme, a partire dalla politica, viene inquinato dall’impiego del potere pubblico, normativo ed anche economico, non per fini generali ma per fini particolari, “privati” o comunque di parte. Dall’altra parte, i soggetti economici grandi, medi e piccoli troppo spesso influenzano l’esercizio del potere pubblico a proprio vantaggio attraverso strumenti estranei al mercato, dall’appoggio della stampa controllata al finanziamento alla corruzione. In mezzo le burocrazie delle amministrazioni, apparati e aziende pubbliche, anche a regime privatistico, che troppo spesso operano per sé, per mantenersi e rafforzarsi, e non per assolvere al meglio le funzioni loro affidate, con un atteggiamento di sostanziale subalternità verso i partiti e verso gli affari. Regione, Roma Capitale, le ASL, le grandi Aziende di servizi ancora pubbliche, le Agenzie private con funzioni pubbliche, gestiscono decine di migliaia di rapporti di lavoro con relative assunzioni e promozioni, amministrano un grande patrimonio immobiliare, distribuiscono appalti per miliardi, dalle grandi opere alla piccola manutenzione stradale, intrecciando autoreferenzialità e subalternità agli interessi forti. Si è creato, così, un sistema fondato sulla distorsione del potere pubblico a vari livelli di gravità, e perciò a diversi livelli di consapevolezza e di responsabilità dei decisori, sia politici che amministrativi.
La distorsione più frequente si ha quando si impiega il potere pubblico sotto la pressione di un soggetto esterno per realizzare un determinato interesse pubblico, suggerito dal soggetto esterno per i propri fini, a discapito di un interesse pubblico più importante dal punto di vista istituzionale.
(Il Comune ha concesso varianti in deroga al PRG sotto la pressione dei grandi costruttori per consentire massicce edificazioni nell’Agro romano, anche oltre il GRA, con lo scopo dichiarato di favorire lo sviluppo edilizio e quello economico, ma compromettendo strutturalmente l’assetto urbanistico della città.
La Regione, col consenso di Roma Capitale, ha concesso alla ASL Roma 1 la proprietà del complesso del Santa Maria della Pietà, per contribuire così alla riduzione del debito accumulato dalla precedente gestione della Sanità del Lazio, sottraendo all’uso della cittadinanza sia i Padiglioni che il Parco. In contrasto con norme di legge e con precedenti deliberazioni comunali, sotto la pressione degli apparati della Sanità pubblica).
Nei casi di questo genere l’obiettivo del decisore politico è l’esercizio del potere fine a sé stesso, e la sua risposta alle contestazioni è che si tratta di valutazioni politiche, censurabili solo dall’elettorato.
Più evidente è la distorsione che si realizza per ottenere un vantaggio di parte in termini di consenso al decisore politico e/o al suo partito, in cambio di un provvedimento a favore di un gruppo ma in contrasto con l’interesse pubblico. (Il Sindaco ha concesso la distribuzione della retribuzione accessoria in misura uguale a tutti i dipendenti comunali, prescindendo dalle condizioni specifiche previste dalla legge e dal CCNL).
Lo scambio con provvedimenti di favore può realizzarsi anche per ottenere l’appoggio o fermare il contrasto di un giornale controllato (Il Messaggero), o per ottenere un finanziamento più o meno diretto al partito, alla corrente o ad una Fondazione (vicende stadio della Roma). Ma qui si arriva al limite della legalità, oltre il quale v’è la corruzione e poi la connivenza con le organizzazioni criminali.
In ogni caso, questo sistema malato ha prodotto nella città una situazione insostenibile che si è ulteriormente aggravata per l’emergenza COVID. Il PNRR prevede per Roma miliardi di euro da investire con appalti e migliaia di posti di lavoro negli apparati, con concorsi “veloci” e assunzioni discrezionali di dirigenti esterni. I rischi che queste risorse vengano impiegate secondo le distorsioni del sistema sono evidenti, e rafforzano l’esigenza di cambiare verso.
Naturalmente questa degenerazione non è solo romana, anche se qui è più grave. Nasce da un fenomeno più ampio, ovvero il ritrarsi della politica rispetto alle dinamiche dell’economia globale ed alle loro conseguenze, per una scelta deliberata di adesione all’impostazione neoliberista o, a sinistra, per l’obiettiva difficoltà di ridefinire una alternativa credibile a livello globale e a livello nazionale. Anche sui territori la frammentazione sociale e la pressione degli interessi forti, in un quadro di riduzione delle risorse, hanno prodotto una riduzione della sfera pubblica e delle politiche pubbliche. E perciò una frammentazione degli interventi pubblici caso per caso, emergenza per emergenza, su richiesta del singolo gruppo o del singolo attore, per far fronte al problema particolare, nella misura del possibile. Da qui il proliferare della regolamentazione giuridica e la disarticolazione degli apparati amministrativi e tecnici, in relazione ai singoli interessi da tutelare.
Questa tendenza generale si è affermata anche a Roma, anche a sinistra. Com’è noto, nell’evoluzione, spesso in negativo, della società cittadina si sono smarriti i rapporti con vasti settori della popolazione e ci si è ristretti nella rappresentanza dei segmenti sociali di riferimento, più o meno organizzati, per difenderne gli interessi all’interno di un quadro comunque dominato dagli interessi forti, rispetto ai quali si è ritenuto inevitabile non solo il riconoscimento ma la piena accettazione delle relative logiche. Anche in buona fede. Così, si è affidata la ricomposizione politica solamente alla leadership di turno, un personaggio credibile da proporre come Sindaco alla generalità degli elettori, secondo il modello dell’“uomo solo al comando”, tenendo sullo sfondo una narrazione rielaborativa dei valori generali. Retorica perché astratta, priva degli snodi applicativi nelle situazioni concrete bloccati dall’egemonia altrui.
Questo vale soprattutto per il PDS-DS-PD, che nelle successive trasformazioni ha sempre più introiettato nelle sue correnti e cordate le dinamiche di collegamento sia con gli interessi rappresentati che con gli interessi forti, utilizzando il controllo delle funzioni di governo e di settori dell’amministrazione.
Anche attraverso accordi di spartizione del potere con la destra fino al coinvolgimento di diversi personaggi negli scandali di Mafia Capitale. Trascorsi i quali la distorsione del sistema di rapporti politica-amministrazione-affari è sostanzialmente rimasta con la giunta Raggi, con modifiche degli assetti ma ancora con accordi di spartizione.
La disarticolazione della presenza e dell’azione politica vale anche per la sinistra, tra quanti hanno puntato a rappresentare singole situazioni sociali (occupazioni) in situazioni di conflitto col governo della città, e quanti hanno cercato di partecipare al governo della città per proteggere gli interessi dei singoli gruppi sociali di riferimento (cooperative, associazioni), nella liquefazione sul web delle narrazioni di riferimento e affidandosi sempre più al protagonismo di singoli personaggi. In buona fede, comunque, contribuendo alla frammentazione dell’intervento pubblico.
Naturalmente, la disarticolazione della presenza politica e degli interventi proposti è connaturata alle associazioni monotematiche che compongono l’area del “civismo”, preziosa nel supplire all’assenza delle forze politiche tradizionali rispetto alle singole tematiche e ai problemi reali, ma alla quale non si può certo chiedere di fare sintesi, neppure parziali. (I comitati dei pendolari delle linee periferiche delle FF.SS., per Nettuno, Ostia, Civitavecchia, Viterbo non riescono ad avere un confronto comune con le FF.SS., nonostante i problemi siano gli stessi, per l’ovvia concorrenza sulle risorse).
La questione della discontinuità con le pratiche di governo della città, perciò, riguarda tutto l’arco delle forze di sinistra e di centrosinistra, pur se in termini fortemente differenziati.
Oggi la gravità della crisi richiede in tutta evidenza una maggiore incisività ed una migliore qualità dell’azione dei pubblici poteri, nell’interesse della città. Più “pubblico” e un “pubblico” migliore. Il punto chiave è la riconversione del potere pubblico, sia politico che amministrativo, dal perseguimento di fini “privati” alla realizzazione dei fini istituzionali, nell’interesse generale della cittadinanza. Il punto di partenza, perciò, è la ridefinizione dell’“interesse generale”. È noto che l’interesse generale in astratto diventa spesso in concreto l’interesse delle classi dominanti. Nel senso comune prevalente a Roma, tra le forze politiche e sulla stampa, l’interesse generale della città è la prosperità economica, dunque sviluppo e mercato, ed una amministrazione efficiente, ovvero funzionante come un’impresa privata. Dietro questa concezione vi sono gli interessi della rendita urbana, delle imprese di costruzioni e di lavori pubblici, delle banche, in aggregazione con la piccola proprietà e la piccola impresa, il commercio e il lavoro autonomo.
Oggi, tuttavia, questa idea dell’interesse generale viene investita in pieno dalla crisi, insieme all’aggregazione sociale sottostante.
Sta emergendo perciò la possibilità di ridefinire l’interesse generale come l’aggregazione strutturata degli interessi e delle esigenze degli esclusi, dei ceti popolari e dei ceti medi in crisi, ovvero la grande maggioranza dei cittadini, con l’obiettivo di una migliore soddisfazione delle esigenze comuni attraverso una riduzione delle disuguaglianze sociali. Nella situazione in atto, questa ridefinizione comporta un distacco, un confronto ed anche un conflitto con gli interessi forti e con chi li rappresenta, nella politica e nell’amministrazione.
Sono già in campo esperienze e proposte che vanno in questa direzione. (Il reddito di cittadinanza tiene a galla i disoccupati ma sostiene anche il piccolo commercio di periferia. La proposta di tassazione delle grandi ricchezze avvantaggerebbe i ceti popolari destinatari delle risorse così reperite ma anche i ceti medi in crisi, introducendo una distinzione fondamentale tra la piccola proprietà con valore d’uso e la grande proprietà avente valore come capitale).
Sono questioni poste a livello nazionale, ma le soluzioni indicano la direzione da seguire anche per l’azione di governo della città.
L’aggregazione degli interessi dei diversi strati sociali può realizzarsi aggregando gli interventi pubblici lungo precise politiche di settore. Qui c’è il vero punto di discontinuità, nel senso del superamento della frammentazione degli interventi pubblici secondo coordinate politiche coerenti in senso progressista. La destra, anche a Roma, non elabora politiche di settore ma narrazioni funzionali al consenso (prima gli italiani; basta chiusure e restrizioni per COVID), seguite dall’accettazione delle esigenze degli interessi forti e poi da singoli interventi per ottenere voti o consentire affari, secondo il sistema vigente. Perciò, elaborare e realizzare politiche di settore è in sé una posizione contraria alla destra.
In primo luogo, naturalmente, vi è la politica finanziaria che reperisce e impiega le risorse economiche, articolata in una politica fiscale redistributiva nel senso sopra indicato, nella rinegoziazione del debito e nelle altre proposte che qui diamo per note. Così come diamo per noto l’elenco delle diverse politiche e l’elenco delle proposte già avanzate per ciascuna di esse, da quella urbanistica, alla casa, ai trasporti fino alla sanità territoriale. Per realizzare l’interesse pubblico con le strutture e le procedure del pubblico, anche utilizzando se del caso le imprese, grandi e piccole, e le associazioni del terzo settore.
Il passo successivo è quello di coordinare gli interventi proposti nei diversi campi così da evitare contraddizioni, stabilire sinergie, sommare gli effetti positivi, lungo l’indirizzo generale di collegare la difesa dell’ambiente, del lavoro e dei diritti. Indirizzo generale ormai affermatosi come nuova narrazione progressista, ma che deve essere tradotto nella situazione specifica della città, secondo una visione generale che comincia a delinearsi.
Al riguardo, sia sull’indirizzo generale sia sulle politiche di settore, sono disponibili molti materiali di pregio: analisi approfondite (Monni), valide elaborazioni di carattere generale (ForumDD), e specifiche sulla città (Tocci), disegni di legge (riforma degli assetti istituzionali) progettazioni settoriali e proposte puntuali, prodotte dall’Università, da centri di ricerca, da forze politiche ed associative. Si tratta di metterle insieme in un quadro generale ampio ed aperto, anche articolato ma, nelle grandi linee, coerente. La discontinuità comincerebbe da qui.
È necessario, a tal fine, un salto di qualità nella capacità di conoscenza, elaborazione e sintesi delle forze progressiste. Soprattutto, nella loro volontà di procedere in questo senso. È un passaggio che da più parti si sta cercando di fare. L’emergenza COVID ha aggravato la crisi anche nelle forze politiche, soprattutto – ma non solo – a sinistra. La consapevolezza della necessità di cambiamenti radicali sta penetrando in profondità tra gli elettori, i militanti, i dirigenti in buona fede, anche a costo di mettere in discussone rapporti di potere consolidati, comunque oggi a rischio.
Il salto di qualità, perciò, appare possibile per tutti. E chi salta più in alto si troverà in vantaggio.
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