Cultura, Temi, Interventi

Articolo pubblicato su “il manifesto” del 09.10.2021.

Non mi è qui possibile ripercorrere l’inestimabile contributo di Enzo Collotti alla nascita, allo sviluppo e all’arricchimento degli studi sulla storia del ‘900.

Mi limiterò solo ad accennare alle sue ricerche su Weimar, sulla Germania nazista e sulle due Germanie dal 1945 alla caduta del Muro di Berlino; a quelle sulla Seconda guerra mondiale, sul Nuovo Ordine Europeo e sulle sue diverse articolazioni territoriali (dall’occupazione della Polonia al Litorale Adriatico, alla Risiera di San Sabba, su cui Enzo testimoniò in un memorabile processo); alla storia dell’antifascismo in Italia e in Europa; al fascismo internazionale e a quello italiano; alla persecuzione degli ebrei e alla Shoah; alla verità sulle foibe; al movimento operaio europeo tra le due guerre e alla Vienna Rossa; al Pci e all’Italia repubblicana.

Al tempo stesso è d’obbligo ricordare di Enzo l’infaticabile e straordinaria opera di organizzatore di cultura, di coordinatore di ricerche profondamente innovatrici, di promotore di innumerevoli convegni e incontri scientifici in Italia e in Europa, di redattore e direttore di riviste, di lettore, di recensore e di protagonista nella circolazione delle idee e nella sprovincializzazione della storiografia contemporaneistica italiana, con il suo impegno pluridecennale nell’Istituto per la storia del Movimento di liberazione in Italia.

L’elenco dovrebbe essere molto più lungo, ma, anche se lo fosse, non sarebbe comunque esaustivo di quello che Enzo ha rappresentato per la comunità degli studiosi e per tutti noi.

E infatti aveva una rara capacità di coniugare rigore scientifico e impegno civile e una vera vocazione per la «battaglia delle idee» e per la trasmissione della conoscenza storica al di là di una cerchia ristretta di studiosi, di cui sono testimonianza la sua assidua collaborazione e i suoi interventi su quotidiani come il manifesto, tanto più preziosi nel momento in cui la sfera pubblica, i giornali di opinione, i rotocalchi e i talk show televisivi erano inondati dagli slogan e dagli stereotipi del cosiddetto «revisionismo storico», in un pervicace tentativo di diffamare l’antifascismo e la Resistenza e a neutralizzare e cancellare la memoria critica del fascismo, e per questa via delegittimare la Costituzione repubblicana.

Ma non meno importante, e molti potrebbero testimoniarlo, è stata l’autentica passione dedicata da Enzo Collotti all’insegnamento universitario, la sua capacità di fare partecipi generazioni di studenti della sua cultura e del suo immenso patrimonio di conoscenze, in un costante intreccio tra didattica e ricerca, la sua scrupolosa attenzione verso la preparazione delle tesi di laurea e la formazione dei suoi allievi e dei suoi collaboratori, ma anche la sua particolare sensibilità al confronto e all’aggiornamento continuo degli insegnanti della scuole, a cui ha dedicato, incurante anche dell’avanzare dell’età, incontri indimenticabili.

Questo perché Enzo Collotti era una persona che proprio non usava risparmiarsi. Al di là della sua patina di riservatezza, che era però un tratto di famiglia (Era molto riluttante a parlare di sé o che si parlasse di lui) egli era una persona estremamente disponibile e generosa.

Credo sia impossibile calcolare quante volte e quanti di noi abbiano ricorso a lui per un giudizio su un libro, per un’indicazione bibliografica, per sottoporgli le stesure provvisorie dei nostri lavori, per discutere dei nostri progetti di ricerca o coinvolgerlo nei nostri seminari universitari. Da questo punto di vista Enzo è stato nel senso più profondo del termine un grande e ineguagliabile Maestro per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di lavorare con lui.

Se posso qui ricorrere a una testimonianza personale, ricorderò il contributo essenziale di Enzo alla progettazione e alla realizzazione della Giornata della memoria a Cagliari, un work in progress durato più di quindici anni di cui conservava gelosamente le locandine nella casa piena di carte e di libri di Firenze, e insieme l’impronta profonda che lì ha lasciato in migliaia di studenti, colleghi e insegnanti delle scuole. Oppure i giorni che passammo insieme a Firenze a ricercare nella sua sterminata biblioteca gli opuscoli introvabili e le immagini di contesto storico della grande mostra su Tina Modotti che allestimmo a Udine nel 2015.

E infine l’episodio emotivamente più coinvolgente, e cioè il lavoro che facemmo per la pubblicazione delle Lettere dal carcere di Aldo Natoli in cui scrisse una bellissima testimonianza proiettandosi indietro al tempo in cui era ancora bambino. Si trattava di un evento eccezionale, perché accanto alle lettere di Aldo si era conservato integro l’intero carteggio con i familiari, e quindi vi era la possibilità di ricostruire giorno per giorno l’impatto sulla loro vita (anche attraverso le letterine e i disegni di Enzo) del carcere fascista.

Confesso che Enzo Collotti non era all’inizio favorevole che il volume assumesse la forma di una «storia corale» di una famiglia antifascista. Forse temeva che l’empatia facesse velo al rigore scientifico, oppure che in qualche modo potesse essere attenuato il massaggio etico-politico delle lettere di Aldo.

Tra le molte doti di Enzo vi era, tuttavia, la capacità di ascolto e il rispetto per i suoi interlocutori, e anche di convincersi e di lasciarsi convincere, e soprattutto quella di esplorare strade di ricerca non ancora percorse. Ed è questo uno dei non ultimi insegnamenti che ha lasciato a me e a molti altri e di cui gli rimarrò sempre infinitamente grato.

Un commento a “Enzo Collotti, storia maestra”

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