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A galleggiare tra le onde del mare di Steccato di Cutro non sono solo i cadaveri dei migranti che hanno perso la vita nel naufragio del 26 febbraio scorso. Lì, in quelle acque, sono andati alla deriva e poi affondati i valori su cui poggia quell’idea di civiltà che amiamo tanto declamare. La democrazia, la libertà, la tutela dei diritti fondamentali, la solidarietà, pilastri inamovibili dello Stato italiano e dell’Europa “unita”, sgretolati nell’istante esatto in cui, nelle prime ore di quel tragico 26 febbraio, il caicco su cui viaggiavano circa 200 migranti si è infranto su una secca a pochi metri dalla riva.

Per quanto ad oggi è dato sapere, la sera del 25 febbraio, intorno alle 22 circa, un aereo Frontex impegnato nel pattugliamento dei mari ha avvistato il caicco segnalando la probabile presenza a bordo di numerose persone ed informando le autorità Italiane. A quel punto due motovedette della Guardia di finanza sono uscite in mare per una operazione di law enforcement, che vuol dire tecnicamente una operazione di polizia, non di soccorso. A causa delle condizioni meteomarine le motovedette della GDF sono state costrette a rientrare, ma non è scattato alcun allarme, la Guardia costiera non ha attivato nessuna operazione SAR (di ricerca e soccorso) e si è giunti così, alle 4:30 circa del mattino di domenica 26 febbraio, al momento della tragedia, quando, a qualche centinaio di metri dalla riva, il caicco si è infranto su una secca distruggendosi e tutte le persone a bordo sono finite in mare in balìa del proprio tremendo destino.

I primi a intervenire, allertati da una telefonata quando ormai il disastro era avvenuto, sono stati alcuni carabinieri della stazione di Crotone che, una volta giunti sul posto, si sono immediatamente tuffati cercando di salvare i naufraghi, insieme ad alcuni pescatori del luogo.

Nessuna imbarcazione della Guardia costiera o della Guardia di finanza in quel momento era presente sul posto.

Sono ancora diversi e fondamentali i punti oscuri di questa vicenda su cui le inchieste della magistratura dovranno fare luce. Si dovrà dare risposta a una domanda su tutte: perché in quella notte maledetta non è partita una missione di ricerca e soccorso? Perché non si è fatto tutto il possibile per salvare quelle vite?

Appresa la notizia della tragedia, una delle più gravi di sempre degli ultimi decenni, le comunità di Cutro e di Crotone si sono mobilitate immediatamente, partecipando alle operazioni di ricerca e cercando di fornire tutto il sostegno possibile ai superstiti. Il PalaMilone, palazzetto dello sport di Crotone, è stato trasformato in camera ardente per le oltre 70 vittime del naufragio a oggi accertate e tutti i cittadini, il giorno stesso della strage, hanno dato vita spontaneamente a un “presidio contro la disumanità” con una fiaccolata, momenti di raccoglimento e di preghiera per esprimere in modo composto la partecipazione a un dolore immenso.

Bambini, mamme, papà, studenti, insegnanti, nonni, lavoratori, volontari hanno vegliato sui feretri, li hanno accuditi, hanno reso quei corpi sconosciuti, identificabili solo con un freddo codice, i nostri padri e le nostre madri, i nostri figli, i nostri fratelli e le nostre sorelle.

Hanno restituito dignità a uomini, donne e bambini che alcuni vorrebbero ancora solo numeri, “carico residuale”.

E lo Stato? A poche ore dalla tragedia il ministro dell’Interno Piantedosi ha raggiunto la Prefettura di Crotone e in una conferenza stampa “a caldo” ha pronunciato delle parole incomprensibili rispetto all’accaduto, arrivando addirittura ad addossare la responsabilità delle morti agli stessi naufraghi “irresponsabili” che decidono di scappare dai loro Paesi e di affrontare i viaggi della speranza.

Parole a dir poco scandalose, che però danno il senso di una visione politica chiara rispetto al tema dei migranti, una visione che il Governo sta attuando con provvedimenti volti, di fatto, a contrastare le operazioni di salvataggio delle vite in mare, soprattutto contro le ONG che sembrano essere divenute il bersaglio principale.

Mentre il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni era all’estero, evidentemente sorda al grido di dolore e di indignazione levatosi dalla provincia di Crotone, tra le più disagiate d’Italia in termini di qualità della vita ma certamente ai primi posti in termini di generosità e di accoglienza, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, giungeva a Crotone a portare la doverosa vicinanza dello Stato alle vittime della tragedia ma anche alle comunità di Cutro e di Crotone, travolte e sconvolte da questo drammatico evento.

E mentre il ministro delle Infrastrutture Salvini, dopo un lungo silenzio, ripete senza sosta che non c’è stata nessuna omissione di soccorso, tra una denuncia all’Europa che non si impegna abbastanza lasciando da sola l’Italia a gestire il fenomeno migratorio e l’attacco agli scafisti criminali e trafficanti di uomini, giorno dopo giorno il naufragio di Cutro si configura sempre di più come una strage di Stato.

Le responsabilità politiche della vicenda appaiono chiare e stanno animando un intenso dibattito politico con la richiesta di dimissioni da parte del ministro Piantedosi che giunge da più parti.

La società civile, i movimenti e i comitati, gli enti del terzo settore insieme a tantissimi cittadini, ritengono che sia giunto il momento di mettere la parola fine alle stragi in mare. È giunto il momento di fare chiarezza sulla strage di Cutro istituendo un’apposita commissione d’inchiesta Parlamentare. È giunto il momento di attivare un programma di ricerca e salvataggio europeo. È giunto il momento di attivare corridoi umanitari e di predisporre tutti gli strumenti necessari a garantire alle persone in fuga da persecuzioni, guerre, violenze un transito verso l’Europa nel pieno della sicurezza e della legalità. Basta con le politiche di esternalizzazione delle frontiere, basta accordi bilaterali che non prevedono il rispetto dei diritti umani, basta con la strumentalizzazione politica dei fenomeni migratori.

Per tutte queste ragioni abbiamo deciso di organizzare per il prossimo sabato 11 marzo, alle ore 14:30, una manifestazione nazionale sulla spiaggia di Steccato di Cutro, per esprimere la nostra indignazione e la solidarietà con le vittime e le loro famiglie. Questa vuole essere la prima di una serie di iniziative per obbligare il Governo a un deciso “cambio di rotta” sulle politiche migratorie.

Chi non potrà essere presente a Cutro per la manifestazione, può indossare una fascia bianca in segno di adesione dovunque si trovi e condividere sui social delle fotografie con l’hashtag #fermiamolastrage.

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Un commento a “Fermiamo la strage. Il giorno in cui l’orrore ha risvegliato le coscienze”

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