Secondo “Venticinque aprile” dell’era meloniana: si sentono già i “ma non si dichiara antifascista” e altre cose abbastanza prevedibili. Dalla nostra torneremo sulla questione più avanti, presentando il nuovo corso su fascismo e antifascismo ma intanto segnaliamo quanto la sinistra si presenti sempre debole e timida alla prova dei fatti.
A Roma è un giusto fiorire di “a ottanta anni da” (Fosse Ardeatine, Rastrellamento del Quadraro, a giugno Liberazione): iniziative lodevoli e partecipate, peccato però che alcuni eventi vengano dimenticati, eppure potrebbero rafforzarci, raccontando quanto la Resistenza fosse forte e avesse messo sotto scacco l’occupante nazi-fascista. Non è stata, per esempio, fatta alcuna iniziativa pubblica della messa del 16 aprile 1944 in ricordo di Pilo Albertelli, Gioacchino Gesmundo e Salvatore Canalis, i professori uccisi alle Fosse Ardeatine, alla basilica di Santa Maria Maggiore. È un episodio di grande importanza nella storia della Resistenza romana, perché la cerimonia si svolse in pieno giorno, in pieno centro cittadino e con una partecipazione consistente. Esso ha rappresentato uno dei momenti più alti della Resistenza civile, con un’organizzazione congiunta delle associazioni di studenti e professori. Ha costituito inoltre una risposta al trauma provocato dalla strage del 24 marzo, una dimostrazione di forza decisa e sfrontata, con comizi e volantinaggi e la reazione armata al primo accenno di intervento da parte dei fascisti. I partiti del Ccln, infatti, avevano garantito un servizio d’ordine armato in supporto alla manifestazione, e il tentato arresto di Alfredo Reichlin durante il volantinaggio si concluse con l’uccisione di un fascista da parte del partigiano (e mitico personaggio che ebbi la fortuna di intervistare) Arminio Savioli che, per questo, venne decorato.
Il Centro per la Riforma dello Stato vanta da anni un’attenzione costante ai fenomeni legati alla destra e al neofascismo, in particolare sotto la guida di Pasquale Serra. È purtroppo rarità bibliofila ma lettura fondamentale il numero monografico di Democrazia e Diritto dedicato alle Destre e risalente al 1994.
Il 1994 annus mirabilis per il MSI, che si trova, dopo l’endorsment di Berlusconi per Fini alle prime elezioni dirette dei sindaci a Roma nel dicembre 1993, a governare per la prima volta l’Italia. Da allora, fra alti e bassi, cambiamenti di nome, il MSI/AN/PdL/FdI è stato al potere a tutti i livelli di governo locale e centrale. Nel numero monografico di DeD molte cose erano preannunciate ma, senza cadere nella vanagloria, porrei l’attenzione sul testo di Valerio Marchi (indimenticabile mentore) sul ruolo delle cosiddette sottoculture giovanili nell’ambito dell’affermazione della destra. Le sottoculture hanno quel “fascino di uno stile innaturale”, per richiamare il testo fondamentale di Dick Hebdige, utile a capire la percezione che un giovane ha di sé nella società capitalistica di massa, potendo accedere ai consumi culturali e “di moda” che più lo rappresentano e lo identificano magari contro o comunque “sotto” la cultura dominante. Erano gli anni Novanta gli anni dei nazi-skin che, unendo una lettura distorta delle sottoculture proletarie inglesi a un’adesione al neofascismo, imperversavano nelle strade delle nostre città picchiando immigrati e militanti di sinistra. Marchi identificava in questa scelta “proletaria” un possibile stratagemma per conquistare i giovani di periferia. Ora, trent’anni dopo, aldilà delle biografie dei nazi-skin (oramai inseriti nel “potere” meloniano), ci interessa ancora indagare l’universo sottoculturale per capire quanto la percezione del “giovane di destra” sia modificata.
Per questo, per la seconda edizione del corso “fascismo-antifascismo” (i cui incontri si terranno nei giovedì di maggio) abbiamo chiesto una stretta (e proficua!) collaborazione a Valerio Renzi, che, a distanza dalla scomparsa di Marchi (avvenuta nel 2006), ha ripreso quel tipo di analisi e di approccio. L’idea di fondo è che, ben lungi dall’essere egemone, la destra (e il Governo Meloni) cerchi di accreditarsi, a ogni livello, come forza capace e seria. In questa “accreditamento” allontana da sé ogni elemento sotto o (peggio) controculturale. Ma si tratta di un allontanamento sempre provvisorio e mai definitivo, in nome non solo delle “radici comuni” (essenzialmente più il neofascismo degli anni Settanta che il fascismo storico) ma anche per paura, alla bisogna, di dover tornare nei ceti di periferia. L’antifascismo appare (ahinoi!) troppo spesso, un “giocare di rimessa”: pensare la destra forte (che “censura”) abbaglia innanzitutto noi stessi e, peggio, può dare la stura alla “profezia che si autoavvera”.
Per questo, rispetto alla prima edizione, daremo più spazio all’attualità, mettendo in evidenza una serie di tematiche sotto/controculturali (ambientalismo, differenza di genere, critica dell’intelligenza artificiale, uso pubblico della storia) su cui possiamo/dobbiamo fronteggiare la montante marea nera. E sarà proprio Renzi a inaugurare il corso con una lezione sulla questione ambientale e come la destra, negli anni, abbia seguito la cosa: da “Fare Verde” (in cui il MSI negli anni Ottanta provò ad aprire al mondo ambientalista) al negazionismo climatico attuale. Sarà poi la ricercatrice Loredana Guerrieri a indagare la questione del genere vista da destra; Benedetta Pierfederici, del collettivo Nicoletta Bourbaki, invece, ci mostrerà come avvenga a destra l’uso pubblico della storia; la lezione finale sarà di Sergio Bologna a partire dal suo libro su estremismo di destra e classi medie. Ci sarà poi un’appendice sulle pericolose liaison fra la destra mondiale e i padroni delle ferriere elettroniche.
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