Cultura, Democrazia, Politica, Temi, Interventi

Articolo pubblicato su “il manifesto” del 07.02.2025.

Corrono dieci anni dalla scomparsa di Pietro Ingrao (1915-2015) e la Fondazione CRS – Archivio Pietro Ingrao promuove una serie di incontri, che si susseguiranno nel corso del 2025, dedicati alla sua figura e alla sua opera. Intanto Einaudi manda in libreria una ristampa di Volevo la luna, l’autobiografia che uscì nel 2006; e Bordeaux ha appena pubblicato un carteggio tra Ingrao e Attilio Lolini. Risale all’anno 2000 e prende spunto dalla terza raccolta poetica di Ingrao apparsa nel giugno di quell’anno presso il Saggiatore (L’azzardo della poesia. Nove lettere dell’anno duemila. Il volume è corredato da studi critici, tra gli altri, di Daniele De Amicis e Antonio Prete, Biancamaria Frabotta e Gianni D’Elia). Inoltre Bordeaux annuncia la imminente stampa di un saggio inedito di Ingrao scritto tra il 1967 e il 1969, dove si ragiona dei comunismi del Novecento e dei presupposti storici che li hanno motivati (da Lenin a Stalin alle vie nazionali e i partiti europei) e delle difficoltà che incontra la prospettiva di un superamento del capitalismo in Occidente.

Non v’ha dubbio che quella di Ingrao sia una delle figure rilevanti della vicenda politica italiana quale si è venuta articolando nel sessantennio che va dalla seconda guerra mondiale alla fine del secolo. Seguire il percorso di Ingrao nel Partito comunista italiano, permette di ricostruire una parte consistente delle questioni che hanno segnato la storia di quei decenni. Per i contributi recati, Ingrao vi ha un ruolo di rilievo. Ne richiamo alcuni. Le sue prese di posizione rispetto alla cosiddetta ‘pubblicità del dissenso’, rivendicata nell’XI congresso del Pci nel 1966 e intesa a configurare un rapporto nuovo tra gruppi dirigenti e organismi di base. Il giudizio sul capitalismo italiano da Ingrao formulato sulla base di analisi circostanziate, condotte con aggiornati strumenti d’ordine economico e sociologico e in sintonia con la novità operaia e la funzione del sindacato affermatasi negli anni tra Cinquanta e Sessanta e che mette capo alla discussione sull’‘attualità di un nuovo modello di sviluppo’. I convincimenti che Ingrao matura riguardo alle questioni connesse alla crescita ed al consolidamento della democrazia rappresentativa nel paese, che va alimentata nella valorizzazione della pluralità dei rapporti coordinati tra parlamento, regioni ed enti locali.

Ma chi intenda tornare sulla figura di Ingrao facilmente comprende che, alla ricostruzione ed alla comprensione delle sue scelte e delle sue indicazioni politiche (ed alla loro effettiva incidenza), è necessaria una attenta valutazione rivolta alla sua formazione culturale che, fin dagli anni Trenta, vede il giovane Ingrao inteso a investigare e tentar di comprendere i rapporti complessi e plurali tra rinnovamento dei linguaggi (la poesia, il cinema) e l’affermazione delle libertà omologate, compresse e monche nella relazione economico sociale capitalistica (a che si liberino il multiverso, il polimorfico, il poliedrico quali espressione di soggettività non alienate). Ingrao intreccia (detta in breve) operare politico e operare culturale.

Un episodio della sua vita illumina bene questo aspetto. Mi riferisco alla rinuncia, contro la volontà del partito, ad un secondo mandato come presidente della Camera, nel 1979. Ingrao motiva la sua decisione in una pagina de Le cose impossibili. Un’autobiografia raccontata e discussa con Nicola Tranfaglia pubblicata dagli Editori Riuniti nel 1990: «Io ero stato educato a una forte valutazione dell’azione collettiva. Se ricordi, quando abbiamo parlato della mia giovinezza, t’ho detto che quello era stato il punto di svolta che mi aveva gettato nella politica. Adesso volevo capire meglio come poteva vivere, nei fenomeni di disarticolazione che si producevano nella società e di fronte ai grandi processi di mondializzazione, quell’elemento di irripetibilità che reca con sé l’individuo, pure nella sua necessaria, obbligata ‘socialità’; e tutta la questione per me inedita della differenza sessuale. Queste cose avevo in testa, e mi sembrava difficile chiarirle dovendo stare sul seggio (difficile) di presidente della Camera».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *