Interventi

Articolo pubblicato su “Plaza Dignidad – lettere dal Cile” l’11.10.2020

Jose Antonio Viera-Gallo è un signore di settantasette anni, avvocato, politico di lungo corso, già ministro e presidente della Camera, docente universitario, ambasciatore. A ventisette anni entra nel governo di Allende, col golpe va in esilio a Roma, dove vi passa dieci anni. Tornato a Santiago, partecipa ai governi di centro sinistra della Concertación (1990-2005) che guidano il Cile nella transizione democratica. Durante i tumulti del 2019, innesco del processo costituente in atto, si è dedicato a tradurre Machiavelli. Viera–Gallo è un esponente eclettico dell’élite progressista del paese, conosce il potere poiché lo ha esercitato e studiato, ha una passione politica e una curiosità per la vita che a volte trabocca nella nostra conversazione. Parlare con lui ci permette capire la posta in gioco del referendum del prossimo 25 ottobre, quando si sceglierà se adottare una nuova Costituzione, superando quella di Pinochet.

<<Il momento costituente cileno è privo dell’epica della Costituente italiana, della volontà di ricostruire il paese distrutto dalla guerra e dal fascismo. E privo dei grandi leader della Costituente spagnola, che pur di superare la dittatura accettarono la monarchia, la stessa che combatterono nella guerra civile. Per questo credo si debba puntare sull’essenziale: un ruolo più ampio dello Stato in economia; ridurre i quorum iper-maggioritari; decentralizzare lo Stato; riconoscere i popoli originari: il dramma del Cile odierno; allargare i diritti sociali e politici. Fare queste cose è già tanto, cambierebbe il paese. Tuttavia, il processo ha una sua originalità: l’assemblea che dovrebbe redigere la nuova Costituzione avrà perfetta parità di genere, un unicum al mondo. Questo è il risultato di un voto trasversale in parlamento che mi fa pensare che alcuni risultati per l’uguaglianza di genere siano ormai irreversibili>>.

Ad ottobre 2019, un aumento di pochi pesos del biglietto della metro fu il detonatore di un movimento popolare che per mesi riempì le piazze del paese, con la richiesta di un nuovo patto sociale e ottenne la convocazione del referendum previsto tra due settimane.

<<La protesta di ottobre 2019 nasce da un movimento ampio, senza leader né richieste precise. Va inquadrata nei grandi movimenti globali, dagli USA a Hong Kong. Ci sono grandi aspettative verso la nuova Costituzione, ma è bene chiarire che molte richieste di cambiamento non riguardano la Carta, ma politiche pubbliche e cambi culturali: penso alle pensioni basse. L’incognita del voto del prossimo 25 ottobre non è la vittoria del Sì, ma la partecipazione. C’è paura del virus e abbiamo un problema storico di partecipazione elettorale. Una bassa affluenza potrebbe depotenziare le domande di cambiamento>>.

Non è la prima volta che si cerca di superare la Costituzione di Pinochet, un tentativo fu fatto dalla presidente Michelle Bachelet (2012-2017), esponente del Partito Socialista di cui è membro Viera-Gallo. << Lei sapeva di non avere la maggioranza parlamentare, ma avviò ugualmente un processo al quale parteciparono oltre 200mila persone, attraverso consultazioni dal basso. Come sostiene Papa Francesco, è più importante avviare processi che occupare spazi. E oggi grazie al processo Bachelet la società cilena è più preparata a quanto sta avvenendo>>.  Tuttavia, quel tentativo fallì <<Bachelet non aveva la maggioranza. Caratteristica comune quasi a tutti i governi, che sommata ai quorum iper-maggioritari ha bloccato le richieste di cambiamento di una società che si evolveva a una velocità maggiore della politica>>.

Gli alti quorum, eredità della dittatura, impediscono apportare modifiche sostanziali alla carta costituzionale e adottare politiche pubbliche audaci. <<Penso alla pressione fiscale, oggi circa il 20% del PIL, dovrebbe crescere per poter rispondere alle nuove domande sociali. Ma per aumentarla è necessario un accordo trasversale che non si trova. Non va dimenticato: la destra è forte, vale almeno il 40%. È il risultato di Pinochet del referendum che perse nel 1989>>. Viera-Gallo ricorda il voto con cui il dittatore cercò di prolungare il suo mandato, perse clamorosamente e si aprì il cammino verso il ritorno della democrazia.

Per superare il problema dei governi senza maggioranze che depotenziano il potere dell’esecutivo, Viera-Gallo indica l’opportunità del nuovo testo costituzionale per <<adottare il modello Westminster, dove si governa con maggioranza semplice e inserire contrappesi che controllino il governo>>.

Le manifestazioni del 2019 sono state interpretate come il risultato della distanza tra l’alto e il basso della società cilena, un malcontento nato nella frattura tra élite-popolo. <<Per Machiavelli la tensione tra élite e popolo è inevitabile. La élite non prende il trasporto pubblico, non vive in periferia, non ha debiti da pagare. È storicamente così, il problema è l’assenza di un canale istituzionale che governi la frattura>>.

L’altra grande frattura, interna alla sinistra cilena, è generazionale: tra la vecchia generazione sopravvissuta alla dittatura e protagonista nel ritorno alla democrazia e la nuova generazione. I giovani cileni non si riconoscono nei partiti tradizionali e alcuni di loro hanno dato vita a una nuova alleanza, Frente Amplio, che insidia le storiche formazioni di sinistra.

<<Anche noi contestavamo i partiti tradizionali>>. Viera-Gallo nel 1970 entrò nel governo Allende come esponente del MAPU, una scissione di sinistra della Democrazia Cristiana.  << La gioventù è impetuosa, crede che la volontà cambi le circostanze. Col tempo ci si rende conto che i processi sociali sono lenti, guidati da fattori fuori dal nostro controllo. Ma è una frattura utile alla società. Gli adulti fanno un bilancio della loro vita e pensano che l’orizzonte del possibile sia il loro punto di vista, mentre i giovani dicono che è possibile andare oltre. Ma a volte provocano effetti controproducenti. È una dinamica complessa, la politica è un arte complessa>>.

Su un muro in Plaza Dignidad, epicentro delle manifestazioni del 2019, una scritta di vernice recita “El pueblo unido avanza sin partidos”. Secondo le inchieste di opinione, i partiti sono le istituzioni che raccolgono meno fiducia da parte della popolazione, appena il 5% nel 2018. <<I partiti sono ancor più debilitati dopo la protesta del 2019, ma è una tendenza storica del mio paese. Il presidente Ibáñez, eletto nel 1952, aveva come simbolo una scopa, per spazzare via la corruzione dei partiti. Non c’è mai stato un sentimento di amore verso i partiti. Oggi è tutto più difficile, non si può immaginare la politica con gli strumenti di una volta. C’è un mercato elettorale fluido, i partiti puntano a prendere i voti indipendentemente dalla loro provenienza. Stavo leggendo della vittoria di De Luca in Campania, ha preso molti voti dal centro destra, è un fenomeno presente anche da voi. Bisogna pensare a nuovi modelli, mia figlia ha partecipato alla campagna di Obama e le hanno solo chiesto di volantinare al supermercato, non un atto di fede per i Democratici>>.

Nel pieno delle proteste del 2019, Viera-Gallo si è dedicato a una traduzione in spagnolo de ‘Il Principe’ di Machiavelli, un’occasione per tracciare un bilancio dell’esperienza politica della sua generazione. <<Machiavelli ci insegna due cose. La prima è che i cicli finiscono, i sistemi politici decadono, bisogna sempre preoccuparsi di rinnovarli.  Quel che stiamo vivendo è un naturale processo di rinnovamento della democrazia cilena. È come in “C’eravamo tanti amati” di Scola, si sognava una cosa e poi ci si rende conto che non era come si immaginava>>.

E l’altro? <<La politica non si giudica per le intenzioni, ma per i risultati. È un appello al realismo, una diffida alla politica dei desideri. In America Latina è pieno di profeti disarmati che pensano che sia tutto com’è scritto nei libri>>.

Con in mente questi due insegnamenti, Viera-Gallo guarda al lungo ciclo dei governi della Concertación di cui è stato protagonista. <<Il ciclo politico è finito, ma i suoi effetti sono tuttora vigenti. Penso al potere che abbiamo dato alla società: tutta questa gente che va in piazza, anche se manifestano contro di noi, non sarebbe stato possibile senza di noi. Quando andammo al potere c’era il 40% di povertà, il PIL pro capite era di 4000 USD, c’era molta paura. La Concertación ha chiuso con la notte della dittatura. Abbiamo saldato un debito che avevamo col popolo cileno dai tempi della sconfitta della Unidad Popular di Allende. Le critiche fanno parte dei processi politici, ma è ingiusto dire che siamo stati la proiezione civica della dittatura>>.

La conversazione si chiude con un ricordo del paese che lo accolse nel 1974. Viera-Gallo meno che trentenne abbandonò il Cile di Pinochet per rifugiarsi in Italia.

<<I cileni in Italia sono stati i primi immigrati in un paese di emigranti. Partiti e gente comune ci accolsero a braccia aperte. A Roma vivevo in un appartamento in affitto al Gianicolo, pagavo in equo canone un affitto di 100 dollari, con la mia borsa di studio di 500 dollari. Eravamo entusiasti e bastava poco per vivere, lavoravo in un istituto di ricerca con Lelio Basso. A largo di Torre Argentina il PSI ci aveva dato un ufficio per ospitare ‘Cile democratico’, coordinamento politico degli esiliati, mentre ‘Cile Italia’ organizzava le iniziative di solidarietà gestite da tre compagni del PCI, grandi persone. L’esilio è duro, ma l’Italia lo rese più lieve: imparai molto della vostra storia, della politica. Ci ho vissuto dieci anni, è la mia seconda patria>>.

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