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Lo scorso 22 luglio tutti i sondaggi indicavano che nelle elezioni del giorno seguente la Spagna aveva perso il Governo di coalizione progressista che la aveva guidata negli ultimi anni. Come il resto del mondo, il paese non era alieno all’ascesa delle destre, estreme o meno. Tuttavia, la popolazione si era mobilitata contro il rischio di una regressione politica. La cittadinanza progressista aveva lanciato un messaggio chiaro: di fronte alla minaccia reazionaria e alla tentazione immobilista di rassegnazione, il nostro paese ha voluto consolidare e ampliare i diritti dei lavoratori, sociali e civili.

Il 29 settembre non ha avuto buon esito l’incarico di formare un Governo assegnato a Núñez Feijóo, leader del PP, il partito più votato alle urne. Il Congreso de los Diputados ha chiuso la porta all’ipotesi di un esecutivo a guida del Partido Popular, capace di trovare alleati solo nell’ultraderecha. Ora, mentre le destre, sconfitte, in una plateale esibizione di impotenza, tentano di infangare il dibattito con drammatizzazioni polemiche e mobilitazioni settarie, il blocco progressista mette sul tavolo misure che si interessano alle reali preoccupazioni della popolazione. A questo fine è indirizzato l’accordo di governo raggiunto da PSOE e Sumar. Un accordo positivo, che necessita di un rinnovato sostegno della società civile, in generale, e di quello delle basi sociali vicine alla coalizione progressista, in particolare, per essere propriamente realizzato.

Il nuovo Governo di coalizione, con a capo Pedro Sánchez, ha preso vita, con 179 voti a favori e 171 contrari, grazie all’appoggio di sette forze politiche (Sumar, PNV-Partido Nacionalista Vasco, Bildu, ERC-Esquerra Republicana de Cataluña, JxCat-Junts per Catalunya, BNG-Bloque Nacionalista Gallego e Coalición Canaria), dopo vari mesi di intense trattative, culminate con un patto per concedere l’amnistia agli indipendentisti catalani.

Certo, PNV e JxCat non sono partiti di sinistra, ma la possibilità che l’estrema destra arrivasse al governo e la natura degli accordi raggiunti li hanno spinti a concedere il loro sostegno a un Governo progressista. Di fronte alla politica dell’insulto, dell’odio e della paura, che insiste con negazionismo climatico, classismo, maschilismo e xenofobia, i partiti che hanno appoggiato l’investitura di Sánchez rappresentano un pilastro della democrazia, della pacifica convivenza e della tolleranza.

La riduzione della giornata lavorativa senza riduzione salariale, l’aumento del salario minimo, l’istruzione gratuita dai 0 ai 3 anni di età, la riforma del mercato dell’energia per porre fine agli osceni guadagni ottenuti dalle grandi imprese, un nuovo modello di financiación autonómica (la fiscalità relativa alle amministrazioni regionali) che garantisca le risorse necessarie affinché la popolazione possa godere di servizi pubblici di qualità e una riforma fiscale istruita a una maggiore equità; questi sono solo alcune delle misure previste nell’accordo di governo tra PSOE e Sumar. Di quest’ultima formazione fa parte anche Izquierda Unida, che esprimerà, con l’attuale europarlamentare Sira Rego, la nuova ministra della Infanzia e della gioventù.

Circa la questione catalana, infine, con la legge di amnistia si cerca di dare una soluzione politica a un conflitto eminentemente politico, che non avrebbe mai dovuto divenire elemento di frattura sociale. La riconciliazione è l’unico percorso che permetta la serena convivenza tra le nazioni che sono parte dello Stato spagnolo. Questa legge aspira a porre solide basi affinché si possano, in maniera decisiva, mitigare le conseguenze di un conflitto che non avrebbe dovuto prodursi e che, nonostante i passi in avanti degli ultimi anni, è ancora latente.

Manuel Copé è membro del Coordinamento Federale di “Izquierda Unida”, coordinatore di “Izquierda Unida” ad Alicante, consigliere di “Esquerra Unida Podem” nell’Ayuntamiento di Alicante.

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