All’incontro sarà possibile partecipare anche online collegandosi al link:
https://us02web.zoom.us/j/89433310336

Qui la scheda del libro

Quando, nella seconda metà del secolo scorso i ‘cervelli elettronici’ (così venivano chiamati per impressionare una società che, pur industrializzata, era ancora agli albori dell’automazione) avevano cominciato a dimostrare le loro incredibili possibilità di automatizzare molti comportamenti tipici degli esseri umani, le speranze di liberarsi per sempre dalla schiavitù del lavoro si erano diffuse velocemente. La storia ha poi evidenziato (e continua a farlo) che eravamo stati (e siamo ancora) un po’ superficiali.

Con l’arrivo dell’informatica personale, pian piano inserita in tutti i dispositivi, dagli elettrodomestici ai cellulari, e in tutti i servizi, dalle banche agli sportelli della Pubblica Amministrazione, si celebra il grande tradimento.

Le persone sono lasciate in balia di meccanismi mostruosamente complicati, che non mostrano alcun segno del loro stato interno e non offrono alcuna possibilità di capire cosa stia succedendo. Sono costrette a seguire come burattini liste di azioni incomprensibili, che attuano religiosamente sperando di non sbagliare, mentre i più superstiziosi le accompagnano con gesti apotropaici (non si sa mai!). Come risultato ci troviamo trasformati, noi che dovremmo essere i signori e padroni delle macchine, in schiavi senza via di fuga.

In parallelo a questo, aziende grandi e piccole (e tanto di più quanto maggiore è la loro dimensione) fanno spesso scempio della nostra privacy, ficcando il naso in tutto ciò che facciamo e ascoltando perfino tutto quello che diciamo.

Per sommo sfregio, i mercenari cantori del futuro ci raccontano meravigliose fiabe su come l’intelligenza artificiale renderà facile la nostra vita, capendo ogni nostro desiderio e governando la società in modo da rendere tutti felici.

Non abbiamo bisogno di servizi digitali intelligenti che con algoritmi sofisticati cercano di capire cosa io potrei volere. Abbiamo necessità di servizi che fanno poche cose, ma le fanno sempre bene, senza farci sprecare soldi né perdere tempo e proteggono noi e le nostre famiglie da intromissioni indebite.

Insomma servirebbe un’automazione digitale semplice, ma rispettosa e fidata. Ripartiamo da questo, dal basso, dalle semplici azioni della vita di tutti i giorni, e facciamo sì che queste siano semplificate e non ostacolate dalla presenza del digitale.

Un motto di spirito che si è diffuso agli albori della tecnologia informatica diceva: «Errare è umano. Per complicare davvero la situazione serve un computer». A più di mezzo secolo di distanza, non abbiamo fatto molti progressi.

In questo testo si analizza il perché e cosa invece si dovrebbe fare.

*Enrico Nardelli è professore ordinario di Informatica presso l’Università di Roma ‘Tor Vergata’ e presidente di Informatics Europe, l’associazione che rappresenta i dipartimenti universitari e i centri di ricerca europei attivi nel campo dell’informatica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *