Reddito di cittadinanza
Non basta la parola

Roma, 25 maggio 2018
Casa Internazionale delle Donne, Via della Lungara 19, Roma
A partire dalle ore 11

Introducono

Maria Luisa Boccia
Alessandro Montebugnoli
Simone Furzi

Intervengono fra gli altri

Giuseppe Allegri, Giuseppe Bronzini, Carmelo Caravella, Domenico Carrieri, Roberto
Ciccarelli, Lorenzo Coccoli, Giulio De Petra, Luigi Ferrajoli, Eleonora Forenza, Alfonso
Gianni, Mariacecilia Guerra, Maurizio Landini, Salvo Leonardi, Elena Monticelli, Cristina
Morini, Mario Morini, Laura Pennacchi, Elisa Sermarini, Roberta Turi


In occasione della recente tornata elettorale, la parola d’ordine ‘reddito di cittadinanza’ è entrata con forza nel dibattito politico. Non che prima non fosse in circolazione, ma è stato grazie alla sua presenza nel programma del Movimento Cinquestelle che finalmente ha raggiunto il grande pubblico. Nondimeno, nella versione divenuta di dominio pubblico, l’idea di connettere cittadinanza e reddito ha perso molto della carica di innovazione sociale –della ‘radicalità’ – che nella sua storia, pure, è leggibile. Con la scelta di farla oggetto di un nuovo momento di riflessione, il CRS intende appunto recuperarla a un senso più alto e impegnativo, del quale – con spregiudicatezza, rigore e ampiezza di riferimenti – saggiare le potenzialità.

E’ noto che il diavolo, spesso, si annida nei particolari; ma negli stessi, qualche volta, sta anche il ‘bello’ di un discorso. E poi, nel nostro caso, non si tratta proprio soltanto di particolari. Lungi dall’essere questioni minori, di natura ‘tecnica’, l’indipendenza da procedure di ‘prova dei mezzi’ e il carattere incondizionato del trasferimento, l’una e l’altro sconfessati dall’ipotesi entrata nel dibattito, costituiscono in effetti l’essenziale di una visione del reddito di cittadinanza potenzialmente in grado di spostare qualcosa di veramente significativo – di incidere sui ‘fondamentali’ dei processi di inte(g)razione economica e sociale. Ai tratti distintivi appena richiamati sarà dunque ancorata la discussione promossa dal CRS – non senza la consapevolezza che si tratta di mettere in discussione quadri mentali dotati di radici profondissime e che l’operazione richiede quindi, in più sensi, un massimo di agio discorsivo. Manco a dirlo, la questione verte soprattutto sul ‘disaccoppiamento’ di reddito e lavoro, certamente destinato a realizzarsi in misura limitata, ma al tempo stesso, nei suoi limiti, in modo limpido, non equivocabile. Appunto radicale. E la possibilità, della quale siamo convinti, di argomentare che il reddito di cittadinanza costituisce in realtà un istituto ‘amico’ del lavoro, da guardare con favore anche perché utile a contrastare la ‘catastrofe del lavoro’ che abbiamo sotto gli occhi, riduce solo in partel’entità del passo che si tratta prendere in considerazione.

D’altra parte, è veramente difficile sottrarsi alla sensazione che le ultime elezioni abbiano segnato un punto estremo di consumazione della cultura e delle capacità di presa espresse dalla ‘sinistra storica’. Sicché chi voglia evitare che il danno si estenda alla scomparsa di ogni prospettiva in grado di tenere alto il senso del possibile e della sua ricchezza – come il movimento dei lavoratori, in tanta parte della sua storia, è riuscito a fare – ha oggi il problema di delineare i tratti di un’identità politico-culturale, e di un corrispondente ‘programma fondamentale’, che offra nuove ragioni di consenso, passione, mobilitazione. Tra le quali, forse, un reddito di cittadinanza ‘degno di questo nome’ – pensato come ‘dividendo del capitale sociale’, per suggerire qualcosa della sua giustificazione – può occupare un posto di rilievo. Non tanto come una ricetta, e ancor meno come soluzione di tutti i problemi; piuttosto come uno dei fili da tirare per tessere la tela di una soggettività politica all’altezza delle attuali contingenze storiche.

Così, anche, si capisce che i problemi di ‘fattibilità’ non devono spiazzare ogni altro ordine di considerazioni. Di essi, ovviamente, bisogna occuparsi con tutto il realismo che pretendono; ma se davvero l’argomento presenta i larghi motivi di interesse che sembra di vedere, il suo valore ‘euristico’ trascende di molto le attuali possibilità realizzative, legate ai vincoli di finanza pubblica. In ogni caso, per quanto queste possano apparire limitate, la qualità delle scelte potrà pur sempre restituire il senso della prospettiva; e quest’ultimo, a sua volta, motivare e orientare gli sforzi di allentare i vincoli che oggi si devono scontare.

Qui il PDF
Qui una rielaborazione della relazione di Alessandro Montabugnoli
Qui uno schema riassuntivo della relazione di Simone Furzi

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