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La poesia dell’emancipazione

Mario Tronti era attento ai linguaggi come forma del pensiero che lo rende efficace. Amava la poesia, pensava che fosse una delle strade per l’emancipazione dell’essere umano, per cambiare il mondo mentre il mondo cambia.
Pubblicato il 20 Settembre 2023
Cultura, Materiali, Officine Tronti, Scritti, Temi, Materiali

Mario è scomparso silenziosamente, con discrezione, come era solito fare quando ci si salutava perché dovevamo andare a casa o in albergo dopo una lezione, una cena, un panino preso tra una lezione e l’altra a Siena.

Pochi giorni prima di morire aveva ricevuto il mio libro Pace per l’Europa, e me lo aveva scritto: “l’ho ricevuto”. Ma quando gli ho scritto per chiedergli cosa ne pensasse, se lo aveva guardato, non mi ha risposto. Anomalo per lui. Parlava poco, ma rispondeva sempre. Mi sono un po’ preoccupato, ma poi l’ho pensato nella sua casa di Ferentillo, nel verde, nel paesaggio che amava, e mi sono rasserenato.

Mario amava la poesia, anche la mia poesia. Egli pensava che fosse una delle strade per l’emancipazione dell’essere umano. Era attento ai linguaggi, perché sono manifestazione del pensiero, la forma che lo rende efficace.

Negli anni, salvo quando ha presentato o doveva presentare un mio libro, non abbiamo mai avuto modo di discutere sulla diversità del nostro pensiero. Della nostra ricerca. Ma il suo atteggiamento è sempre stato quello dell’assoluto rispetto, della libertà. Quando, per un anno accademico, mi sono trovato a essere suo assistente, abbiamo preso ciascuno una parte della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, e ciascuno ha fatto le sue lezioni sul brano scelto, del tutto indipendentemente dall’altro.

Su mia richiesta, quando sono entrato all’università, mi regalò una copia di Operai e capitale. Leggendola, mi resi immediatamente conto della profondità di pensiero con la quale aveva affrontato la lettura di Marx.

Leggere un filosofo – e Karl Marx è un filosofo – è necessariamente interpretarlo.

Marx scrive nella temperie di una società e di una economia che sta cambiando il mondo, quella del capitalismo, e si pone il problema di un pensiero che cambi il mondo in una direzione critica e alternativa. Ma questa non è una alternativa alla filosofia, come appare dalle marxiane tesi su Feuerbach. Sin dalle sue origini in Grecia, la filosofia ha sempre dimostrato la propria verità con una incidenza pratica nella storia del costituirsi del mondo degli esseri umani. È per questa influenza sulla realtà della sua Polis che Socrate è stato condannato a morte. E Socrate, come Marx, non essendo un militante in un suo movimento politico, non era un socratico, come Marx non era un marxista.

Con il marxismo, che è anche una corrente filosofica, ma pure una militanza politica, nasce la differenza tra militanza politica e ricerca filosofica. A questo allude la dichiarazione di Marx: io non sono marxista.

Il non marxismo di Karl Marx rappresenta la fedeltà del filosofo alla propria libertà di pensiero e di parola. Karl Marx può vivere e lavorare soltanto dove questa libertà esiste e, non a caso, finisce per trasferirsi in Inghilterra, dove trascorre gli ultimi anni della sua esistenza. La libertà di pensiero non nasce con la modernità, bensì con l’essere umano, ed è il filo rosso della storia del pensiero filosofico occidentale fin dalle sue origini. Né la ricerca della giustizia può nascere e vivere in assenza della libertà di pensiero. Poiché è la ricerca della giustizia, che è anche ricerca della verità, a rendere possibile la vita umana nella crescita della civiltà dei popoli e della umanità nel suo insieme.

Dove si produce una crisi della libertà di pensiero, ci si trova di fronte a un grave impedimento per la vita degli esseri umani e per la crescita della loro civiltà.

Ho cominciato a studiare Marx alla metà degli anni ‘60, con la guida di un docente cattolico, in un gruppo di giovani cattolici selezionati in un convegno. Non ero ancora laureato. Il docente di cui parlo, allievo di Carlo Mazzantini, è stato Pietro M. Toesca.

Quel gruppo di studio presto si sciolse, perché la passione e l’onestà intellettuale di Toesca apparvero a un certo punto non gradite all’associazione che aveva promosso e finanziato quella ricerca. Ma non dimenticherò mai quell’esperienza.

Proprio quell’esperienza avevo in mente quando, entrato per caso nei ruoli di assistente di storia della filosofia nell’università di Siena, seppi che il docente della mia cattedra, Mario Rossi, faceva un corso sul primo libro de Il capitale di Karl Marx.

Avevo preso servizio il primo febbraio del 1974 e Mario Rossi, con grande saggezza e liberalità, mi aveva detto: “stai a casa e studia”.

Ma mi sentivo escluso da qualcosa che per me era di estremo interesse. Conobbi, sempre per caso, Mario Tronti e, semplicemente dicendo che volevo fare un seminario nel corso del mio docente, ottenni, per il suo intervento, di leggere per gli studenti l’ottavo capitolo, sulla Giornata lavorativa, di quel testo fondamentale nella storia dell’umanità.

Questo per me fu l’inizio di una collaborazione con Mario Rosi, e di uno studio del testo di Marx, che mi portò, nell’anno accademico 1976/1977, a leggere per gli studenti Il primo capitolo: die Wahre, la Merce, il più difficile.

Così ho incontrato Mario Tronti, così ho conosciuto nella sua umanità e profondità la personalità filosofica e scientifica di Mario Rossi.

Mario Rossi è scomparso nel primi giorni di agosto del 1978, Mario Tronti nei primi giorni di agosto 2023. La stessa stagione, lo stesso sole, in anni così incredibilmente lontani e diversi.

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