Ripubblichiamo un articolo uscito su Trasform!Italia nel novembre 2019 a commento della risoluzione approvata dal Parlamento Europeo nel settembre dello stesso anno dal titolo “Memoria europea per il futuro dell’Europa”. Quel provvedimento dimostrava che l’uso politico della storia non fosse prerogativa esclusiva degli autocrati a giustificazione del proprio operato, ma che anche le democrazie ne facessero ricorso pretendendo di riscrivere la storia a colpi di maggioranze parlamentari. In questo caso, si può oggi osservare come il Parlamento europeo, abbia contribuito al clima culturale e politico che ha portato alla guerra.

Quanto al futuro dell’Europa, secondo il contenuto di questa risoluzione, esso non può che passare dalla “guerra per procura” a una guerra diretta con la Russia.

Nello stesso anno (2019), nel Parlamento italiano iniziava l’iter una proposta di legge denominata “26 Gennaio, giornata della memoria del sacrificio alpino”.

Delle tante imprese compiute dai nostri alpini, l’impresa che si è scelta di celebrare è stata quella della battaglia di Nikolaevka del 26 gennaio 1943, vittoria ottenuta nel ritiro disastroso dalla Russia a seguito del crollo del fronte sul fiume Don.

Nelle motivazioni si descrivono le circostanze di quel tragico evento come “il ripiegamento del fronte dell’asse”. Non una parola sul fatto che di quel massacro furono responsabili il fascismo e il nazismo impegnati in una guerra di invasione e che la popolazione civile russa fu protagonista di episodi di solidarietà nei confronti dei nostri alpini inimmaginabili dentro lo schema amico-nemico.

Mentre nel caso della risoluzione del Parlamento europeo, alcuni deputati PD nel Gruppo socialisti e democratici si distinsero votando contro la risoluzione, in quest’ultimo caso la legge passò all’unanimità con l’unica astensione di un parlamentare del M5S.

Se la responsabilità dell’invasione dell’Ucraina ricade pienamente sulla Russia di Putin che ha scelto lo strumento della guerra, è esistito tuttavia un clima che la prepara e continua ad alimentarla come unico strumento di soluzione dei conflitti e queste risoluzioni vanno in quella direzione.

La memoria europea, per il futuro dell’Europa.

Questo era il titolo della risoluzione approvata lo scorso settembre dal Parlamento europeo.

Il testo ha suscitato molti commenti critici per il suo contenuto, io stessa, sono rimasta sconcertata per la ricostruzione degli eventi e delle circostanze che portarono alla seconda guerra mondiale.

A questo proposito, mi stavo preparando per un incontro da svolgere in un circolo dell’ANPI a Roma ed ho ripreso in mano la risoluzione per poterla commentare.

Da vecchia Parlamentare Europea, che aveva negoziato la risoluzione approvata dal Parlamento sugli stessi temi nel 2005, la mia curiosità si è concentrata innanzitutto su chi fossero i deputati firmatari a nome dei gruppi politici, della proposta, poi approvata.

Per chiarezza di chi legge, nelle risoluzioni su temi concordati e all’ODG della seduta plenaria del Parlamento europeo, ciascun gruppo presenta un suo testo, in seguito si misura il grado di compatibilità politica tra le varie risoluzioni e la volontà di raggiungere un compromesso tra gruppi politici diversi.

I gruppi, i quali, non intendono partecipare al compromesso, o ritirano la propria risoluzione, o chiedono di votarla comunque con scarsa possibilità di vederla approvata; per contro, i gruppi che intendono far parte del compromesso indicano i propri rappresentanti in un comitato di redazione, saranno loro a negoziare e la loro firma comparirà sul testo insieme a quella, se vogliono, dei proponenti la risoluzione originaria.

Per questi motivi era interessante vedere chi fossero i promotori e i firmatari.

Il risultato di questa mia piccola indagine è stata a dir poco sorprendente.

I gruppi promotori del compromesso sono stati: il PPE (Partito Popolare Europeo), l’ECR (Conservatori e Riformisti), S&D (Socialisti e Democratici), RENEW (vecchi liberali più il Partito di Macron).

A quel punto mi sono concentrata sui firmatari pensando di trovare un certo equilibrio tra la vecchia e nuova Europa e, invece scopro che gli esponenti dei Paesi dell’Est Europa erano: 20 su 22 nel PPE, 21 su 22 nei conservatori, 3 su 4 nei socialisti di cui 2 Lettoni, 10 su 11 in Renew.

La prima cosa che ho pensato è stata: “alla faccia della memoria condivisa!”.

La seconda: che il cinismo dei rappresentanti della vecchia Europa è ormai tale da ritenere una “sine cura” argomenti come questo.

La terza: che questo spiega molte cose, a cominciare dal “black out” sul trattato di Monaco di un anno precedente a quello Ribbentrop – Molotov, dall’ ignorare la guerra civile in Spagna, il fascismo in Italia, il ruolo di Francia e Inghilterra. Gli stessi crimini del nazismo sono assorbiti nella condanna dei totalitarismi continuamente evocati e appaiati; comunismo e stalinismo appaiono sinonimi e usati indifferentemente e nulla, dico nulla sul prezzo pagato dalla Russia per sconfiggere il nazismo, un dato oggettivo ed inconfutabile.

E ancora: l’olocausto si cita tre volte “an passant” e mai compaiono le parole ebrei e antisemitismo, anche qui compresi nel generico concetto di minoranze.

Quando si parla di Europa poi, seppure la si ritiene uno spazio democratico importante, mai ci si riferisce criticamente a quello che Altiero Spinelli aveva messo alla base del suo Manifesto e cioè la lotta contro i nazionalismi, oltre a sovrapporre Unione europea e NATO con grande disinvoltura.

Si capisce che questa memoria è monca e distorta dal fatto che si è voluto fare di questa risoluzione un atto di propaganda politica e, a questo proposito, la mia critica va alla pigrizia, all’insipienza, alla superficialità con cui la politica attuale maneggia temi importanti e delicati come memoria.

Perché i colleghi di tutti gli altri Paesi europei, a parte quelli di Visegrad e i baltici, non hanno ritenuto che valesse la pena prestare la minima attenzione a questa risoluzione?

Ricordo quando nel 2005 dovemmo negoziare una risoluzione analoga in occasione dell’anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Per conto del gruppo socialista mi occupavo del testo di compromesso e, poiché era un tema ricorrente, non pensavo vi fossero grandi problemi rispetto a testi già approvati in precedenza dal Parlamento. Mi sbagliavo perché, nel frattempo erano entrati in Parlamento i rappresentanti dei Paesi dell’allargamento con una sensibilità molto diversa dalla nostra e dalla mia.

Quando ci sedemmo per discutere e scrivere il testo finale mi dovetti confrontare con un altro punto di
vista e cioè di quelli che, caduto il fascismo e il nazismo, si trovarono, loro malgrado, in una realtà, quella dell’est europeo che dovettero subire, data la divisione dell’Europa e del mondo dopo Yalta. All’epoca dell’Ungheria ero troppo piccola ma la Cecoslovacchia e la Polonia l’avevo vissuta come una sconfitta di quei regimi e in grande solidarietà con i dimostranti e la loro causa.

Quell’esperienza, per me, fu molto formativa, una lezione vera e propria, ma non rinunciai a confrontare il loro punto di vista con il mio e il testo che ne uscì non ha nulla a che vedere con il testo di cui discutiamo.

L’unico rammarico è che nelle premesse di questa risoluzione viene pure citato, a questo proposito, abbiamo chiesto al Presidente Sassoli di togliere almeno quel riferimento perché non dovrebbe essere ammissibile riferirsi a un testo per contraddirlo.

Questa vicenda mi ha fatto tornare alla mente i racconti di Luciana Castellina all’epoca dell’espulsione dei compagni del manifesto da parte del PCI.

Luciana, lungi dal nutrire rancore, ricorda che la drammatizzazione del dissenso da parte del PCI dimostrava un’attenzione, una sofferenza che, di per se’, davano importanza all’evento.

Insomma, dice lei “a noi ci tenevano, gliene importava molto tanto da investire tempo ed energie politiche e sentimentali in quel drammatico confronto”.

“Se accadesse oggi – sostiene sempre Luciana – non importerebbe niente a nessuno”.


È questo il punto. Il gorgo che rischia di risucchiare idee, politica e sentimenti nel mondo di oggi.

“Non vale la pena perdere tempo” questo è quello che devono aver pensato quanti, in quel Parlamento questa risoluzione l’hanno subita anche se l’hanno votata.

3 commenti a “La storia di un’Europa senza memoria”

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